Chi vede me vede il Padre, dice Gesù ad uno stranito Filippo. Difficile da cogliere, questa cosa, ma ancora più difficile, per noi oggi, cogliere la ricchezza che la Chiesa ha scoperto dietro questa affermazione.
Dunque Gesù è più di un rabbino, più di un profeta, più del Messia: è la manifestazione stessa del Padre, il Figlio di Dio. E nello stesso tempo si identifica con Dio per poi, dopo la Pentecoste, parlare dello Spirito come manifestazione di Dio. Un Padre, un Figlio, lo Spirito. Nelle prime comunità si abbozza la consapevolezza del mistero di un Dio che è unico, ma non solitario, che è comunione, che è comunicazione, relazione d’amore.
Un Dio che è Trinità e alla cui immagine siamo stati creati. Non sa, Filippo, che la sua domanda ottiene un risposta che ci lascia intravvedere il mistero sconcertante di Dio Trinità. E Gesù avverte i discepoli e noi: qualunque cosa chiediamo al Padre nel suo nome la otteniamo. Perciò la Chiesa conclude ogni sua orazione ufficiale chiedendo “per Cristo nostro Signore”, in obbedienza a quanto il Signore ci ha chiesto.
Per Cristo ci rivolgiamo al Padre, diventati figli nel Figlio, concittadini dei santi e famigliari di Dio. Che meraviglia!
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