Investire bene, farsi i conti in tasca, capire per cosa vivere e darsi da fare. Anche se guadagniamo il mondo intero non siamo nulla, se perdiamo l’anima, e l’anima la ritroviamo quando ci spendiamo per gli altri, quando la nostra vita diventa dono adulto e consapevole di sé, dono equilibrato, che conosce i propri limiti e i propri carismi da mettere a disposizione degli altri.
Così ha saputo fare Gesù, spendendo la propria vita, una vita crocefissa, donata, ostesa. La croce che sarà al centro della nostra riflessione quaresimale non è un orrendo supplizio da cui fuggire, ma la suprema testimonianza di un amore donato con pienezza. Il Signore ci chiede di prendere la croce, cioè di assumere uno stile di vita che si fa dono anche quando fa male donarsi, provoca dolore.
La croce non è mai un prova che Dio ci invia, spesso le croci che portiamo ce le siamo create, e le levighiamo ogni mattina. Il dolore è da fuggire, specie quello inutile. Da abbracciare, invece, è la logica con cui Gesù ha trasformato la croce da strumento di morte a testimonianza di dono e di vita.
La nostra vita ha anzitutto bisogno della conversione principale: da una visione solitaria ed egoistica della vita ad una di dono di sé.
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Lc 9, 22-25
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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