Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 7 Giugno 2020

Matteo inizia oggi il lungo discorso della montagna: come un nuovo Mosè, Gesù sale sulla montagna, non il Sinai ma le colline del lago di Tiberiade sono lo scenario dell’evento, per consegnare la nuova legge, non più scolpita sulle tavole di pietra, ma incisa nel cuore dei discepoli.

Gesù ci sconcerta, dice che la beatitudine, la felicità, la gioia, consistono esattamente nel contrario di ciò che noi consideriamo fonte di benessere: ricchezza, forza, calcolo, scaltrezza, arroganza. Gesù parla del Padre, ne descrive il vero volto, racconta l’inaudito di Dio così come egli lo ha vissuto e lo vive.

Il Padre, il vero Dio, è un Dio povero, un Dio misericordioso, un Dio mite, un Dio che ama la pace, un Dio che, per amore, è pronto a soffrire. Un Dio così diverso da come ce lo immaginiamo, un Dio così straordinario e armonioso solo Gesù ce lo  può veramente svelare, perché lui e il Padre sono una cosa sola.

Dio non dona a  ciascuno il suo, ma a ciascuno secondo quanto ha bisogno, privilegiando chi ha meno: un cuore povero, un cuore affranto riceve molta più attenzione e tenerezza di un cuore sazio che non ha bisogno di nulla. La beatitudine non consiste nel dolore, nella miseria, ma nel fatto che l’intervento di Dio colma il cuore di chi è affranto.

Gesù dice: se, malgrado la sofferenza, la persecuzione, il pianto tu sei sereno, beato, significa che hai riposto in Dio la tua fiducia, è lui il tuo unico sostegno; stai felice: hai trovato Dio, la felicità che non ti è tolta, la risposta grande alla vita.

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