Io non credo in Dio, credo nel Dio di Gesù, il Dio che Gesù è venuto a rivelare. E conosco molte persone nelle nostre parrocchie, non voi, gli altri, che credono di credere nel Dio di Gesù ma, quando si gratta sotto la crosta, viene fuori un’immagine di Dio ancora incompleta, claudicante, quando addirittura non demoniaca.
Tutti portiamo nel cuore un’immagine di Dio, in parte inconscia, nata dal desiderio di avere risposte alle grandi domande della vita, in parte che ci hanno raccontato nella nostra infanzia. Ma in quale Dio crediamo, veramente? Meditare la Parola ogni giorno, dimorare nella Parola ci porta alla verità tutta intera che ci rende liberi. Liberi dalla visione di un Dio giudicante, accigliato, esigente, incomprensibile nelle sue azioni. O indifferente, finanche crudele.
Quando nella vita sperimentiamo il dolore, la sofferenza, il lutto, la solitudine, finiamo col pensare che Dio ce l’abbia con noi. Non è così, ovviamente. Gesù ci conduce a conoscere un Dio felice che ci vuole felici, ma non ci rende felici magicamente, affidando a ciascuno di noi il timone della nostra barca. Sostenendoci, sì, facendoci scoprire amati, certo, ma senza sostituirsi a noi. Gesù, nel lungo discorso dopo l’ultima cena, ricorda a Filippo e a noi di essere lui, il Maestro, la manifestazione del Padre, il volto del Padre.
E ribadisce: egli non è un profeta o un uomo spirituale particolarmente capace, non un guru carismatico, ma la presenza stessa del Padre, perché lui e il Padre sono una cosa sola. Sarà poi la comunità cristiana, grazie al sostegno dello Spirito, a capire che Dio è comunione, è Trinità e che Gesù è totalmente uomo e totalmente Dio. Ancora: Gesù afferma che credere il lui ci porta a compiere le sue stesse opere d’amore e che chiedergli aiuto e sostegno, ora che è presso il Padre, significa ottenerlo.
Chiediamogli, oggi, di fare anche noi, come lui, l’inebriante esperienza dell’amore in Dio!
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 14,7-14
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