Seguono il Signore, i due ciechi, e lo chiamano con un titolo messianico, “figlio di Davide”. Riconoscono in lui non un potente guaritore o un maghetto da strapazzo, ma il sigillo della presenza di Dio.
Ci vuole molta fede per credere che il Nazareno sia davvero il Messia atteso da Israele: proviene da un piccolo borgo in Galilea, terra meticcia, non ha studiato dai grandi rabbini del tempo, non discende da Davide, almeno all’apparenza e, soprattutto, non cavalca gli stereotipi che lo avrebbero identificato come Messia: il sentimento nazionalista, l’afflato guerriero, il piglio deciso.
Al contrario: Gesù propone la conversione del cuore, non la rivoluzione e giunge a chiedere ai suoi discepoli il perdono per i nemici! Eppure i ciechi credono che sia lui l’inviato, hanno fiducia. E il Signore restituisce loro vista e dignità, dona loro la luce degli occhi e del cuore. Gesù chiede loro di non sbandierare la loro guarigione perché non vuole attirare attorno a sé schiere di invasati che chiedono miracoli.
In questo tempo di avvento riconosciamo in Gesù il Messia atteso, chiediamo per noi e per l’umanità l’illuminazione interiore che ci permette di guardare Dio e noi stessi con sguardo nuovo!