Commento al brano del Vangelo di Mt 11, 25-30
Francesco ci inebria, ci affascina, finanche ci turba. Perché incarna perfettamente quel pizzico di follia, di radicalismo evangelico, di perfetta letizia che batte in fondo al nostre cuore di innamorati di Cristo.
Perché lui, Francesco, quell’amore l’ha saputo vivere, ci ha creduto, lo ha lasciato dilagare. E come i veri innamorati lo ha spinto a fare cose gioiose e assurde, a crederci nel Dio che conta il numero dei capelli e conosce i passeri del cielo.
Così ha saputo vivere con gioia sorella povertà, ha saputo convertire i lupi, quelli a due gambe anzitutto, ha scosso dalle fondamenta una Chiesa chiusasi in palazzi dorati. La sua è stata una fede gioiosa e sofferta, fatta di radicali incomprensioni, di uomini di chiesa (e suoi fratelli) che in qualche modo dovevano incanalare tanta follia perché non debordasse.
Il somigliantissimo a Cristo, lo chiamano i fratelli delle chiese orientali, e tale è, ancora oggi, e lo onoriamo, felici di averlo come patrono della nostra piccola Italia.
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