Giovanni Battista ha finalmente riconosciuto in Gesù l’Agnello di Dio. Ammette con umiltà e autenticità di non averlo conosciuto, fino a quel momento. Possiamo seguire Cristo, preparargli la strada, annunciarlo e non conoscerlo fino in fondo, non farne veramente esperienza, non essere suoi discepoli.
Anche se siamo ascetici e mistici, come il Battista. Lo ha conosciuto e lo indica ai suoi discepoli, forse Andrea e Giovanni evangelista. Non li lega a sé, non fa il guru carismatico, non coltiva il proprio ego. Li spinge ad uscire, ad osare. Insegnandoci che, sempre, come cristiani siamo chiamati a legare le persone al Signore e non a noi stessi.
E Gesù, voltandosi, invece di rallegrarsi — sono pur sempre i primi discepoli! — li raggela: chi cercate? La prima parola pronunciata da Gesù in Giovanni è un invito all’introspezione, a cercare in noi stessi la ragione del nostro essere cristiani. Il Vangelo trabocca di domande: oltre duecento interrogativi attraversano le sue pagine.
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Perché incontra Dio chi lo cerca e cerca chi è ancora curioso ed innamorato della vita. A volte rappresentiamo la fede come un granitico monolite da accogliere senza mai discutere. I Vangeli, invece, ci parlano di un Dio curioso, che chiede, che interroga, che desidera.
Chi cercate? Chiede Gesù ai due discepoli del Battista. Chi cerchiamo quando seguiamo il Signore? Pace? Sicurezza? Protezione? Poco importa: qualunque sia la ragione che ci ha spinti ad essere cristiani la fede è esperienza di vita, non sapere ma andare a vedere.
Non si può descrivere la fede, la si può solo vivere. Noi, allora, che abbiamo seguito e amato il Maestro, possiamo con semplicità dire ai tanti assetati di bene e di senso, di luce e di pace: vieni e vedi. Costruiamo comunità di discepoli che hanno visto dove abita il Signore: nella luce, nell’amore condiviso, nella pace del cuore.
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Perché i curiosi, quanti si sono messi in moto spinti dai tanti giovanbattista di oggi possano incontrare comunità di innamorati.
FONTE: Amen – La Parola che salva – Il blog di Paolo
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