Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 30 Marzo 2020 – Gv 8, 1-11

Una pagina dal forte sapore lucano apre la nostra giornata lavorativa. Si fronteggiano due modi di vedere Dio e la vita: da una parte le regole, la legge, l’odio sottile e la misoginia verso una donna (non ha nome!) colta in adulterio.

Non c’è l’adultero, solo lei, usata per mettere in difficoltà Gesù, per far vedere a tutti, infine, che il Nazareno è un folle anarchico. Dall’altra il volto di un Dio misericordioso, non mollaccione, che ha, sì, dato una legge ma perché porti l’uomo a crescere, non ad essere schiacciato dalle norme.

Un Gesù pensieroso, triste, che rifiuta di incrociare lo sguardo carico d’odio di chi gli sta accanto, che scrive sul selciato del tempio. Cosa scrive? Forse le parole della legge, che Dio aveva dato per la libertà, non per uccidere le persone.

Tace, il Signore, riflette, smorza la tensione. Certo, questa donna ha peccato. Ha tradito la fiducia di suo marito. È colpevole, forse merita la morte. Ma chi non ha mai peccato? Se il metro di giudizio è la severità e l’intransigenza, chi potrà mai sopravvivere? Dio ha dato una legge e va rispettata, ma se la trasgrediamo, Dio non ci aspetta forse per perdonarci?

Ora tutti tacciono. Già, messa così è tutta un’altra faccenda. Ora se ne vanno, la donna resta sola con Dio.

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