Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una… Nessuno, Signore, fidati. Nessuno corre il rischio di lasciare le novantanove pecore per sbattersi e faticare andando a cercare il ribelle o la svampita. Nessuno lo fa. Non la società, che ormai ha smarrito la quasi totalità delle pecore, fabbricando marginalità.
A volte nemmeno la Chiesa, più preoccupata di salvare il salvabile che di trovare atteggiamenti e linguaggi nuovi per dire Cristo agli smarriti. Preferiamo le nostre certezze. Il danno minore. L’assenza del rischio. Preferiamo non mettere in discussione le cose acquisite, anche nella fede. Invece tu vai. E se la trova, annota Matteo, dando per scontato che è in gioco la libertà. Con la sottile distinzione fra smarrita e perduta.
Perché ci possiamo smarrire, sì, e spesso, ma perderci è un’altra cosa. E tu ci provi. Ti stanchi per cercare quella pecore, per cercare noi, per cercare me. E quando la trovi non sfoghi su di lei la stanchezza e la rabbia per una giornata passata inutilmente a correre sulle colline. Non la bastoni, irritato, coma avrei fatto io. La prendi sulle spalle.
Le eviti ulteriore stanchezza. Una pecora, non un agnellino. Un bel peso. Un’ulteriore fatica. Così è Dio. Il Dio di Gesù, che continuamente cerca. Mi cerca, ovunque io mi sia perso.
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