Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 28 Ottobre 2020 – Lc 6, 12-19

La festa degli apostoli Simone e Giuda Taddeo ci riporta alla primigenia esperienza di chi, come loro, ha incontrato e seguito Gesù e ha speso la propria vita annunciando il Regno perché anche noi possiamo diventare discepoli.

Simone è conosciuto come “zelota” (Lc 6,15) o “cananeo” (Mt 10,4). Gli studiosi discutono sul fatto che zelota significhi zelante o appartenente al gruppo antiromano degli zeloti. Preferisco questa seconda ipotesi, stupendomi ancora una volta del fatto che Gesù chiami fra i suoi discepoli oltre che pubblici peccatori come Matteo, anche un ex-terrorista come Simone. La vita di una persona non è mai definitiva e da ogni tenebra si può uscire grazie all’intervento del misericordioso.

Il fatto che uno zelota faccia parte del gruppo dei Dodici ci apre ad una visione diversa della Chiesa che non è composta da belle statuine ma da uomini concreti provenienti da ogni esperienza e resi nuovi dal Vangelo. Sulla stessa linea la riflessione sulla seconda annotazione: i cananei erano gli antichi abitanti di Israele, acerrimi nemici da sconfiggere.

E così Gesù prende con sé anche un probabile meticcio come Filippo, dal nome greco, anche la presenza di un apostolo proveniente dagli antichi nemici ci fa sorridere. Come Gesù dice a Giuda Taddeo dopo l’ultima Cena: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

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