Non ha un nome questa donna colta in flagrante adulterio. Non ha una storia, e a nessuno dei presenti interessano davvero le ragioni del suo tradimento (peraltro, contravvenendo alla norma, il traditore non compare), Forse è stata data in sposa da bambina a un uomo anziano o il marito è violento e la disprezza…
Ma non importa ai custodi della morale che vogliono mettere in difficoltà il falegname fattosi rabbino. È posta nel mezzo, condannata ancor prima di essere giudicata. È una donna di quelle, hanno sentenziato i puritani di tutti i tempi. Che farà il Nazareno: inviterà a ignorare la legge divina? O la asseconderà, facendo lapidare la disgraziata? Ai giudei è vietato dare la morte, pena riservata all’occupante romano, Assecondando la legge mosaica si porrà fuori dal diritto romano?
Non c’è che dire: una trappola intessuta con grande perizia e grande malizia. Gesù è all’angolo, finalmente. Si china, Gesù) e scrive sul selciato di pietra del tempio. Ecco: la Legge scritta sulle tavole di pietra per condurre alla vita ora è brandita per condurre alla morte, Gesù pone una distanza, impone a tutti una pausa per placare gli animi. Scrive in terra, scarabocchia. E propone una prospettiva diversa, sfugge alla trappola, argomenta: certo, ha peccato, come tutti. Chi può diventare giudice del fratello? Chi, senza peccato, uccidere questa donna?
Nessuno, ovvio. Non giustifica la donna, non trasgredisce la Legge, la compie, la riporta alle origini. La Legge di Dio che, spesso, viene usata come corpo contundente. Nessuno è senza peccato, certo. Nessuno può tirare la pietra. E chi potrebbe farlo, il senza-peccato, non lo fa. Se ne vanno, tutti, dal più anziano al più giovane, ascoltando quel barlume di coscienza che ancora hanno. Ora sono soli, misera et misericordia, scrive sant’Agostino, la misera e la misericordia.
Anche Gesù l’ha messa nel mezzo, non per condannarla, ma per amarla. Sentendosi amata, se vuole, anche lei potrà vivere una vita che non elemosina carezze.
Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva“
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