L’ultimo capitolo del vangelo di Giovanni, ci spiegano gli esegeti, è stato aggiunto dalla comunità giovannea per sottolineare il ruolo di Pietro, per dare un senso e un orientamento a coloro che pensavano che bastasse lo Spirito Santo a condurre una comunità. Non è così: alla Chiesa servono carisma e magistero, fantasia e volontà, profezia e concretezza.
Giovanni e Pietro, appunto. Ancora oggi la Chiesa avanza in questo equilibrio fragile e fecondo: fra l’esperienza personale della fede, intima, inebriante, carismatica e la comunità che orienta le decisioni, riconosce i ruoli, si incarna nella quotidianità affidandosi ad un cammino condiviso. Quando prevale il carisma si rischiano tante piccole comunità autoreferenziali, quando prevale il magistero si rischia di diventare una delle qualsiasi organizzazioni umane.
Giovanni e Pietro sono i paradigmi di ogni comunità: lo slancio appassionato e la saldezza, l’equilibrio. E dopo avere ricevuto l’annuncio dagli apostoli, i primi cristiani, che hanno raccolto le loro testimonianze messe per iscritto dagli evangelisti, ci dicono: ora tocca a te scrivere il tuo Vangelo. Facciamolo, ritagliamoci qualche istante per scrivere le nostre buone notizie, la nostra originalissima e unica esperienza di Gesù.
Che si possa dire: dal Vangelo secondo Laura, William, Beatrice, Lorenzo… perché l’unico annuncio ha assunto, lungo la storia, mille sfumature, mille esperienze, mille entusiasmi. Siamo noi gli evangelisti e i testimoni per coloro che incontriamo. Il Vangelo continua con la nostra vita che non è particolarmente esemplare ed originale che, come sempre accade, come gli stessi apostoli hanno sperimentato, è fatta di alti e bassi, di slanci e di frenate, di volo d’ali e di catastrofiche cadute. Ma vite che rimangono vangelo, buona notizia per chi incontriamo.
La buona notizia che la nostra vita si è scoperta amata, preziosa, necessaria al progetto di Dio sull’umanità. Scrivilo, ti prego, il tuo Vangelo.
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 21,20-25
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