Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 27 Febbraio 2020

Una delle ragioni per cui molti hanno di Dio un’idea falsata e approssimativa deriva anche dalle scorrette interpretazioni che abbiamo dato alle parole del Signore Gesù.

Prendete il brano che abbiamo appena letto, ad esempio: quante persone incontro che attribuiscono a Dio la propria sofferenza! La croce, allora, diventa un qualche dolore che Dio invia per metterci alla prova, per saggiare la nostra fede.

Così facendo ci sono persone schiantate da situazioni che subiscono passivamente (un coniuge violento, un’umiliazione inopportuna) immaginando di rendere felice Dio! Dio non ama le croci e Gesù, potendo, ne avrebbe fatto volentieri a meno.

La croce che Gesù chiede a tutti di abbracciare e di portare è quella che egli ha accolto: la sfida di non rinnegare la propria idea del padre misericordioso. Portare la croce, allora, significa crescer così tanto nella conoscenza della compassione del Padre da lottare e combattere contro le nostre ombre e contro ogni obiezione che contraddica tale esperienza.

E a volte continuare a credere in quel volto è davvero crocefiggente…

Fonte


LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI

Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.
Dal Vangelo secondo Luca Lc 9, 22-25 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?». Parola del Signore

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