Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 26 Maggio 2023

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L’ultimo capitolo dell’ultimo vangelo racconta dell’ultimo gesto d’amore di Gesù nei confronti del primo degli apostoli che, ancora segnato dalla sua fragilità, non riesce ad accodarsi alla gioia degli altri discepoli. Così, dopo la pesca miracolosa, Gesù risorto, che è venuto appositamente per salvare Pietro, lo prende da parte. Mi ami? Gli chiede. Ti voglio bene, gli risponde Pietro, ormai consapevole della sua incoerenza. Mi ami? Insiste il Signore. Ti voglio bene ribatte, con un filo di voce, Pietro. Mi vuoi bene? , chiede, infine, il risorto.

È sempre Dio che si adatta, lui che abbassa l’asticella. Pietro gli apre il cuore: cosa potrebbe mai dirgli ‘dopo quello che è successo? Cosa promettere? Come osare? Sorride, ora, il Signore. Risposta giusta, questa volta. Pietro, che ora sa cosa significa il fallimento, è pronto per accogliere i fratelli e le sorelle senza giudicarli.

Così fa il risorto anche con me: mi raggiunge alla fine di ogni notte, alla fine di ogni pesca infruttuosa. Mi raggiunge proprio quando penso di non essere capace, di non essere in grado, proprio quando ormai mi è chiaro il mio limite e i miei fallimenti. E non mi raggiunge per farmi il predicozzo, non gira il coltello nella piaga. Chiede a Pietro, e a me, con disarmante semplicità: mi ami? Lo amo? Amo il Signore? Lo amo come un fuoco che divampa, come la bussola della mia vita, come l’agognata pienezza che ha sfiorato la mia vita? Sì, certo. Abbastanza. Perché tante sono le mie incoerenze, troppi sono i miei tentennamenti. Non importa, mai. A Dio non importa di essere amato, perfettamente amato, ma di esserlo in verità.

E ancora mi chiede di occuparmi dei fratelli, proprio perché limitato, esattamente perché fragile. Così che si veda meglio la sua grandezza, così che sia evidente che ciò che facciamo è dono suo per gli altri, non merito o sforzo. E questa è la Chiesa: l’insieme dei perdonati, di coloro che si scoprono amati e che scelgono di amare. 

✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 21,15-19

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