Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 26 Giugno 2019 – Mt 7, 15-20

Il criterio di discernimento che ci propone il Signore, in fondo, è molto semplice: riconoscere le persone dai frutti che portano.

Nessun rovo può dare frutti buoni e se un fico è improduttivo, meglio lasciar perdere. Cioè non fermarci alle questioni di principio, alle grandi affermazioni, alle pratiche di fede ostentate. Andare all’essenziale, guardare i frutti che una persona è in grado di produrre.

Allora le appartenenze, i “distinguo”, le elucubrazioni mentali si sciolgono come neve al sole. Hai incontrato il Signore? Dici di volerlo seguire? Hai fatto del Vangelo, nonostante tutti i tuoi evidenti limiti, il metro di giudizio della tua vita? Del tuo agire? Da cosa si vede? Nel quotidiano, sul lavoro, nelle tue scelte, da cosa si vede?

Il discorso di Gesù è tagliente, drammaticamente vero, un esame di coscienza urticante. Ma vero. Se non si vede proprio mai, in nessun contesto, che la nostra vita è cambiata, che vira verso la gioia del Vangelo, verso la speranza, allora mi permetto di dubitare di me stesso e della mia fede.

Ma non scoraggiamoci: il fatto di ammettere di essere terreno infecondo è il passo essenziale per far crescere il seme della Parola!

Fonte

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Dai loro frutti li riconoscerete.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 7, 15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

Parola del Signore.

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