Si vede che siamo discepoli? Non perché portiamo grandi croce al collo o perché giriamo con il santino in macchina, ma dalle nostre scelte, dai nostri atteggiamenti, si vede? In ufficio, in coda allo sportello della banca, in famiglia, c’è qualcosa che contraddistingue il nostro modo di agire?
Spesso, troppo spesso, noi cristiani viviamo un’insana schizofrenia della fede: devoti di domenica e dimentichi durante il resto della settimana. Gesù è lapidario: o la nostra fede cambia la nostra vita o è una fede insipida, inutile, e va gettata via. E forse è proprio questo uno dei problemi del nostro tempo: ci sono molti cristiani, anche nelle nostre città, ma sono come intimoriti, sbiaditi, rifugiati nel loro piccolo mondo privato.
No, amici, o la fede divampa come un incendio o non serve a molto! Senza fanatismi, senza imporre agli altri le nostre idee, ma dobbiamo esserci, farci vedere in qualche modo, testimoniare che è possibile vivere in un altro modo, con altri valori, con un altro stile.
E, dice ancora Gesù, è la qualità dell’ascolto che contraddistingue la nostra testimonianza: solo se siamo accesi dalla Parola possiamo in qualche modo comunicarla agli altri…
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La lampada si pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 8, 16-18
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».
Parola del Signore