Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 23 Marzo 2020 – Gv 4, 43-54

È dura superare la nostra voglia di miracoli. È difficile avvicinarsi a Dio per rendergli gloria, e non solo per battere cassa e chiedere un miracolo. Così è per il funzionario del re che si fa un bel pezzo di strada, da Cafarnao a Cana, per chiedere un miracolo al Signore.

Tentenna, Gesù, qui e altrove: non vuole che le persone lo cerchino come se fosse un piccolo maghetto, non vuole una fede legata a prodigi e al soprannaturale. Così come ha rifiutato, nel deserto, di compiere prodigi per attirare l’attenzione, anche qui Gesù manifesta fastidio per la richiesta del padre.

Il quale, imperterrito, tira diritto per la sua strada. Ha ragione, il rabbì, e ci mancherebbe, poi magari ne possono discutere per ore. Ma adesso, per favore, guarisca suo figlio. Cede il Signore, come sempre, e lo invita a tornare a casa. Nessuna garanzia, nessun segno, come per i dieci lebbrosi.

La guarigione, ogni guarigione, la nostra guarigione, avviene solo mentre camminiamo, sempre. Nessun miracolo avviene se non ne siamo coinvolti, se non iniziamo un percorso.

Dio non vuole e non può cambiare una situazione se noi per primi non mettiamo ogni nostro sforzo per cambiarla.

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