Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 23 Gennaio 2023

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Siamo al paradosso: il Signore, secondo i censori scesi da Gerusalemme per valutare il fenomeno Gesù la cui fama è giunta fino al tempio, è certamente un indemoniato, perché esorcizza e guarisce gli indemoniati. Gesù stesso non sa se ridere o piangere davanti a tale sentenza e argomenta (quanto gli invidio questa incrollabile fiducia nell’intelligenza degli uomini!): per quale misteriosa ragione il capo dei demoni dovrebbe cacciare dei demoni?

Che senso ha che il demonio esorcizzi i demoni? Nessuna, ovviamente. Ma gettare un’ombra così cupa, che comunque avrà presa sui semplici, significa minare la predicazione del Nazareno, insinuare un dubbio, delegittimare la sua missione che ha il torto di non essere controllata e controllabile. Così quando non si vogliono sentire ragioni e quando non si sa dare ragione all’evidente opera di Dio, la si butta in caciara invocando forze soprannaturali e tirando in ballo il demonio (ancora oggi, spesso, e in maniera inopportuna).

Una cosa sola non sarà perdonata, ammonisce il Maestro: ostinarsi a non riconoscere l’opera dello Spirito e di Dio nelle guarigioni di Gesù. Perché esiste un limite alla grazia, anche Dio fa quel che può perché non si impone, non fa il santo dittatore, limita la sua onnipotenza davanti alla durezza del cuore.

E il limite consiste nel chiudere gli occhi davanti alla luce, rifiutarsi ostinatamente di credere, leggere quanto Gesù ha fatto non come manifestazione della bellezza e della bontà di Dio ma come l’opera dell’avversario. Attenti, allora: noi non raggiungiamo certamente questo limite, ma vi ci avviciniamo quando delle persone e dei fatti vediamo sempre e solo le ombre (inevitabili), quando giudichiamo con malizia, quando facciamo pesare il negativo.

Siamo chiamati a leggere il mondo con lo sguardo di Dio, oggi, vedendo sempre il positivo, il possibile, il bello. Ostinarsi nella critica, magari tirando in ballo proprio Dio, lamentandosi di tutto, schifando la vita, emettendo giudizi impietosi, è davvero imperdonabile.

Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva

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