Teniamo pronta una barca per il Signore, finché non lo schiaccino gli ammalati, gettandoglisi addosso. Una barca anche piccola, come era quella di Pietro e Andrea, una barca che gli permetta di distanziarsi qualche metro da riva e continuare a predicare.
Ci spaventa, la malattia, ci inquieta, ci obbliga a interrogarci sul senso della nostra vita, chiaramente esplicita il nostro limite. Ne abbiamo paura, e molta, e allora ricorriamo a Dio, anche se non crediamo, anche se non lo abbiamo mai coinvolto nelle nostre scelte, nel nostro percorso di vita. E allora ci gettiamo addosso a Dio, lo preghiamo, lo supplichiamo, lo insultiamo, ci arrabbiamo.
E Dio prende le distanze, si discosta un pochettino da noi e sarebbe bene per noi fare altrettanto, porre una distanza che ci aiuti a capire cosa è bene fare per la nostra vita. Non sempre la guarigione è la soluzione, azzarda il Vangelo, e Gesù non è il maghetto di turno che guarisce tutti.
Possiamo offrire al Signore la barca della nostra vita e la Chiesa, la grande barca che attraversa l’inquieto mare della Storia, ha il difficile compito di lasciare Cristo e il Vangelo nella dimensione della conversione e dell’oggettività, senza cedere alla tentazione della semplificazione, presentandolo come una specie di guaritore miracoloso…