I Giudei vogliono far fuori Gesù con tutte le loro forze. Lo vogliono morto, cancellarne il ricordo. E non solo perché ha messo in discussione le loro pretese, non solo perché, spesso, ha messo in luce l’ipocrisia delle loro vite, la fragilità delle loro assolute e intoccabili credenze religiose. Ma soprattutto perché chiama Dio (‘mio Padre’), facendosi uguale a Dio.
Nel paese più rigidamente monoteista della storia, in cui il nome di Dio nemmeno si poteva nominare, in cui pronunciare a vanvera il suo nome conduceva alla lapidazione, Gesù si fa uguale a Dio, si prende per Dio, lo chiama padre. La ragione ultima della denuncia e della condanna a morte di Gesù, è bene ricordarlo, è la sua folle pretesa di essere Dio.
Il Nazareno non è solo un grande uomo, un grande profeta, un coerente, non è un benefattore, dotato di immensa sensibilità spirituale: pretende di essere Dio. O Gesù è uno psicotico in fase delirante, o è ciò che dice di essere. È la sua folle pretesa ad averlo condotto alla morte. Ma se è la presenza stessa di Dio, come credo, come crediamo, allora capiamo che può dare la vita eterna che è la vita di Dio, l’Eterno, se ascoltiamo la sua voce, la sua Parola vivificante.
E che ci risuscita, a partire da qui, ora e in futuro, da tutte le morti in cui siamo sprofondati. Il tempo di quaresima ci conduce a vita nuova, a vita vera, a ridefinire cosa è vita nella nostra vita. In questa giornata proviamo a focalizzare cosa ci conduce a pienezza, cosa ci vivifica, cosa ci conduce ad assaporare e a creare vita in noi e intorno a noi e cosa, invece, ancora ci conduce alla morte.
Sono presenti nuclei di morte nelle nostre scelte, nelle nostre relazioni, atteggiamenti che suscitano dolore, inutilmente rabbiosi o gelosi. Affidiamoci a colui che, solo, ci resuscita da queste morti interiori e ci conduce, giorno per giorno, passo dopo passo, attraverso il deserto alla metamorfosi e a imparare ad amare donando vita.
Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva“
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