Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 22 Marzo 2019 – Lc 15, 1-3. 11-32

Come i due figli della parabola, anche noi possiamo, in questo tempo di quaresima, riscoprire il vero volto del Padre che Gesù ci ha manifestato, un volto molto diverso da quello orribile che a volte ci facciamo. Dio non è un despota che ci obbliga a lavorare tutta la vita nella sua vigna, né uno che soffoca la nostra libertà e perciò è bene fuggire in un paese lontano.

Il Dio di Gesù è un padre che ci tratta da adulti, che accetta il terribile rischio educativo di lasciarci andare per la nostra strada, che scruta l’orizzonte aspettando il nostro ritorno, che corre incontro al figlio minore, atteggiamento sconveniente per un padre!, che non accetta le scuse piccine del figlio, tornato per fame, non per affetto, che non gli chiede spiegazioni ma gli ridona la dignità del figlio (la veste, l’anello), che fa festa per la gioia di averlo ritrovato.

Un padre che esce a convincere il figlio maggiore, devoto ma triste, fedele ma piccolo di cuore, un padre che spiega le sue ragioni invece di imporre la sua autorità. Ecco: il volto del padre è manifesto, evidente. A noi, ora di camminare verso questa rivelazione che Gesù confermerà con coerenza fino a morirne.

Fonte

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Lc 15, 1-3. 11-32
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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