Ha imparato la misericordia, Matteo. Diversamente da quanti lo giudicavano prima per essere un pubblicano, quindi un esattore collaborazionista dell’Impero romano, pubblico peccatore, e da quanti lo giudicano adesso per avere lasciato tutto per seguire il falegname di Nazareth.
Perché, alla fine, congeliamo le persone nei nostri santi pregiudizi, non pensiamo, sul serio, che qualcuno – alla fine, sul serio – possa cambiare. Ma non gli importa: non ha visto l’ombra del giudizio nello sguardo del Maestro che si è avvicinato al banco delle imposte e, sorridendo, gli ha chiesto di lasciare tutto.
E ha imparato la misericordia che lo ha scardinato dalle sue certezze, al punto da radunare tutti i suoi colleghi per far loro conoscere colui che lo ha amato. Solo questo dobbiamo fare, in questa giornata, noi pubblicani chiamati a seguirlo: porre quello stesso sguardo su tutti coloro che oggi incroceremo per strada.
Matteo si era abituato allo sguardo rabbioso e giudicante dei suoi concittadini, un odio feroce trattenuto a stento per paura delle ripercussioni dei Romani. Ma avere potere, acquisire grandi quantità di denaro, comporta qualche rinuncia, e pazienza se il cuore diventa di pietra, insensibile a tutto. In fondo Matteo pensa di avere ragione, che il mondo è dei furbi e dei forti, degli spregiudicati e degli insensibili.
Ma tutte le sue convinzioni si sbriciolano davanti a quel sorriso luminoso del falegname di Nazaret. Vieni? Gli aveva chiesto quel paesano scopertosi rabbino, senza porre condizioni, senza chiedere conversione, senza pretendere abiure. Lo aveva solo amato e Matteo, sentendosi amato, si era arreso all’evidenza. Possedeva tutto ma non aveva l’amore che dona il Tutto.
Quando Matteo racconta di quell’incontro sono forse passati trent’anni ma ancora sentiamo vibrare tutta la sua emozione. Sì, ne è valsa la pena. Grazie fratello Matteo per esserti alzato. Grazie per il tuo Vangelo. Grazie per essere diventato tu Vangelo.
FONTE: Amen – La Parola che salva
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 9,9-13
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