A volte ci vergogniamo di Dio, davanti agli altri stiamo bene attenti a rimarcare il fatto che sì, siamo credenti e praticanti, anche cattolici, però… E passiamo il tempo a fare distinguo, a mettere i trattini alle “t” e gli occhielli alle a far vedere che, insomma, certe cose proprio non le capiamo né le condividiamo.
Intendiamoci: la Chiesa stessa, al suo interno, prevede che ci siano delle opinioni diverse, dei modi diversi di vedere le cose, ovviamente. Ma negare che Dio ci ama, che ci ha cambiato la vita, che il Vangelo ci porta verso la pienezza, che possiamo amare perché appare fuori moda alla (sciocca) logica del mondo, è imperdonabile, una bestemmia che nega l’azione dello Spirito in noi e nella storia.
Proprio da qui dobbiamo ripartire, il Cristianesimo non è una opinione, ma una scelta, una esperienza, una bruciante passione, una nostalgia. L’aspetto teorico, intellettuale, di argomentazione che pure esiste ed è necessario, non è che una minima parte di quello che siamo chiamati a dire. Nessuno si è mai convertito con un ragionamento) nessuno ha cambiato vita durante un talk show.
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Ma le persone non sono abituate a sentir parlare qualcuno non di una opinione ma di una esperienza. La gente resta spiazzata quando incontra adulti normo dotati, persone equilibrate e ragionevoli, raccontare che Dio esiste perché lo hanno incontrato.
Ed è proprio questo che siamo chiamati a fare in un tempo soffocato dalle troppe parole, polarizzato in radiosi scontri che esasperano le prospettive: parlare di noi e della nostra storia.
Da sempre, da quando le donne sono corse a raccontare agli altri di quella tomba vuota, il cristianesimo si trasmette da bocca a orecchio. Lasciamo parlare il cuore, se ci troviamo ad essere confrontati sulla nostra fede, parliamo della nostra esperienza, non delle teorie, non delle opinioni da salotto.
E sarà lo Spirito, di cui riconosciamo l’azione, a parlare sulle nostre labbra.
FONTE: Amen – La Parola che salva