Sì, Gesù è il Messia. E prende molto sul serio questa consapevolezza. No, non vuole impugnare un’arma per affermare la sua identità, né cavalcare l’ondata nazionalista di un popolo stanco di essere oppresso dal potente di turno.
Gesù vuole andare fino in fondo, affermare la propria visione di Dio fino a morirne. La croce che dobbiamo abbracciare non è certo una qualche sofferenza da sopportare con rassegnazione ma la logica di chi ha talmente a cuore la presenza di Dio da metterla al di sopra della vita stessa.
Morire in croce era la peggiore umiliazione che una persona potesse sperimentare, un’onta e un’ignominia per la famiglia del condannato.
Ci si vergognava di un famigliare crocefisso, si subiva un pesante giudizio sociale.
Fino a quel punto dobbiamo essere disposti a seguire il Dio di Gesù, fino a perdere totalmente la faccia.
Facciamo bene i nostri conti, allora: possiamo guadagnare il mondo intero ma se perdiamo la vita vera, la vita autentica, la vita eterna, cioè la vita dell’Eterno, abbiamo perso il nostro tempo.
Cerchiamo di coltivare questa vita piena, allora costi quel che costi.