Vorremmo, oh, se vorremmo!, credere e crescere nella fede, lasciare il seme del Vangelo crescere in noi, portare frutto, cambiare la nostra e le altrui vite. Vorremmo tanto, con un desiderio profondo, forte, sincero.
E invece, spesso, sperimentiamo momenti di sconforto, di malessere interiore, di angoscia spirituale, di scoraggiamento. Perché, Signore? La stessa domanda se la poneva la prima comunità cristiana: perché nonostante l’abbondante semina della Parola si ottengono così pochi risultati? Perché le nostre comunità si svuotano, invecchiano, si scoraggiano? Perché?
Il seminatore semina con abbondanza, certo. Che sia il Signore o che siamo noi, semina senza avarizia il seminatore. Ma nel gioco delle libertà il terreno accoglie o respinge, porta frutti o soffoca. Preoccupazioni, ansie, incostanza, prove della vita, possono far appassire il germoglio. E, alla fine, solo un quarto del seme porta frutto e in maniera diversa.
È così, è un dato di fatto. Ma se, leggendo, ci riconosciamo nei terreni che non accolgono, significa che il seme sta crescendo…
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