Il tempo del deserto quaresimale è un tempo che rimette tutto in discussione, che ci invita a rivedere il nostro stile di vita e la nostra fede. Uno dei pilastri centrali della conversione resta la preghiera, quotidiana, autentica, che parte dalla vita e incontra la Parola per tornare alla vita, che si rivolge ad un Padre che conosce e ama i suoi figli.
No, non abbiamo bisogno di tante parole, di interminabili pontificali per essere conosciuti e accolti da Dio. Gesù non insegna le preghiere ma come e chi pregare. Troppo spesso abbiamo ridotto la preghiera ad una pia recita di una qualche formula.
Quello che Gesù insegna, e Matteo lo rimarca inserendolo nel grande discorso della montagna, è a considerare la preghiera come un’intima relazione con Dio, un dialogo cuore a cuore che mentre si svolge rivela noi a noi stessi e illumina il vero volto del Padre.
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Una sola è la preghiera che Gesù consegna ai suoi discepoli, frutto di una intensa esperienza di Dio, di lunghe notti passate a meditare e a spalancare il cuore, e che Gesù, tenero, vuole condividere con ogni uomo che si lascia interrogare dalla sua anima.
E nel Padre nostro Gesù sintetizza tutta la sua catechesi, il suo annuncio, la sua esperienza di figlio amato. Preghiamo un Dio celato, Padre di tutti, il cui nome è santificato negli uomini, quando viene il suo Regno di pace e giustizia, la cui volontà di bene invochiamo su di noi.
Non un dio corrucciato e piccino, proiezione delle nostre ombre, ma un Dio santo, luminoso, compassionevole, misericordioso. Chi lo prega è un uomo che, mendicante, necessita di pane, di affetto, di perdono da ricevere per poter dare; che chiede di superare la tentazione del maligno.
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Una preghiera straordinaria, l’unica che il Signore ha donato ai suoi discepoli per poter dire le parole giuste, senza sprecarne troppe, senza farci un’idea piccina e approssimativa di Dio. Da questa preghiera ripartiamo per scoprire il gusto della preghiera quotidiana.
FONTE: Amen – La Parola che salva – Il blog di Paolo
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