Ormai gli apostoli pensano di sapere, di essere in grado: d’altronde non hanno visto fare gli stessi gesti molte volte dal loro Maestro? E che sarà mai! Quando il padre di un ragazzo epilettico viene a chiedere aiuto, pensano di non dover disturbare il Signore Gesù ma ogni loro tentativo di liberazione e guarigione fallisce.
Accade così anche a noi quando presumiamo di avere capito, di essere in grado ormai di procedere a passi spediti nella vita spirituale, di non avere bisogno di disturbare il Signore. E che sarà mai? Ma niente, non funziona nessuna preghiera, nessun esorcismo (ogni malattia sconosciuta veniva attribuita al demonio) sembra liberare il ragazzo e il peso dal cuore del padre.
La ragione è molto semplice: ci vuole il digiuno, cioè il coinvolgimento, portare sulle proprie spalle il dolore di chi ci sta davanti. Non si gioca a fare i piccoli guaritori! I piccoli evangelizzatori! Non siamo noi a sentirci promossi e a sostituirci a Gesù! La guarigione è questione di cuore e di fede. Cuore tenero quello del padre del ragazzo epilettico che si avvicina a Gesù per avere un miracolo.
E che, messo alle strette dal maestro che non vuol essere scambiato per un guaritore, chiede, con semplicità, di avere una fede più grande per poterlo guarire. Cuore arrogante e sciocco quello degli apostoli, ormai convinti di poter imitare il Signore senza sforzo, senza combattimento e preghiera.
Cuore esigente, quello di Gesù, che chiede al padre del ragazzo e a noi di superare una visione superstiziosa della fede e che quasi si irrita davanti all’ennesima richiesta di un miracolo (perché i miracoli non convertono). Eppure, cuore che si lascia convincere davanti alla disarmante fiducia di questo papà.
Cuore paziente, quello di Cristo, che accetta ancora di insegnare a questi svagolati e incapaci discepoli come fare a seguirlo veramente. Davanti a tanta grandezza, a tanta misericordia, a tanta bellezza, anche noi chiediamo, oggi: <<Credo, ma tu aiuta la mia incredulità! >>.
Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva“
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