Possiamo attivare un profilo basso, vivendo il minimo indispensabile di quello che Dio ci chiede per sentirci a posto, praticare la giustizia, certo, ma sempre pronti a far notare lassù che comunque ci siamo attenuti alle regole. E credere perché non si sa mai, perché ci hanno insegnato così, perché, ancora per molti, essere cristiani significa apparire come bravi ragazzi.
Ed è ciò che molti fanno, convinti che, in fondo, la fede consista nel superare un esame finale e che, quindi, basti affrontarlo studiando il minimo indispensabile per arrivare alla sufficienza e se così non fosse prepararsi una sfilza di scuse per commuovere l’intransigente professore. Allora ci si confronta con quelli che si comportano peggio di noi e lo si fa notare a chi di dovere, soddisfatti di non essere dei delinquenti se non proprio dei buoni cristiani (come se a Dio interessasse davvero avere dei “buoni” cristiani!).
E poi c’è il modo di vivere la fede che ci ha insegnato Gesù che ci stana dalla nostra comfort zone per farci vedere quanta ipocrisia siamo capaci di produrre con i nostri finti atteggiamenti religiosi. E lo fa non per umiliarci o metterci in imbarazzo, lo fa sorridendo perché non vuole avere a che fare con delle belle mascherine, ma con uomini e donne che sanno riconoscere i propri limiti senza farsene schiacciare.
Allora Gesù, a chi vuole ascoltare, propone un modo diverso di credere, un modo nuovo di appartenere a Dio: non basta dire non ho ucciso nessuno, perché si uccide anche con la lingua e sui social e nelle piazze avvelenando il buon nome degli altri con qualche bel pettegolezzo. Allora non basta sentirsi immacolati quando siamo, in realtà, dei serial killer del giudizio.
E Dio non ama la nostra preghiera e il nostro culto se fuori dalla porta della Chiesa abbiamo ferito qualcuno che ci odia. Preferisce che investiamo il nostro tempo per chiarirci, per riconciliarci, se possibile, per essere figli di colui che fa piovere sui giusti e sui malvagi. Uffa, quanto ha ragione il Signore!
✝️ Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 5,20-26
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