Esiste un modo abitudinario di vivere la fede, ripetitivo, a volte stantio. Fatto di buone e sante abitudini, di devozioni collaudate, di buone intenzioni. Ma anche di apparenza, di belle mascherine, di chi pensa che davanti a Dio occorra vestire l’abito del bravo ragazzo.
E poi esiste il figlio ribelle della parabola, stufo di quella piccola vigna che da’ tanto lavoro e non rende nulla, stufo del padre anziano che non riesce più a seguirla e chiede a lui, una volta tornato da una lunga e snervante giornata di lavoro in ufficio, di occuparsene. Allora freme il figlio, snervato, fa capire che non ha tempo e che non gli importa della vigna.
Ma poi riflette e va ad aiutare il vecchio padre. Un figlio schietto, finanche irrispettoso, ma che capisce, che va oltre, che asseconda. Smettiamola, allora, di indicare come modello il figlio che sorride e annuisce senza fare nulla.
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O ci vedremo superare, sulla via della luce, da quelli che guardiamo con disprezzo dall’alto in basso e che, invece di badare all’apparenza, vivono la sostanza.
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