Giovanni scrive il suo Vangelo forse sessant’anni dopo gli eventi della vita del Signore. Le nascenti comunità cristiane hanno ormai avuto il tempo di elaborare la fede, di annunciarla, di scoprire l’essenziale sulla vera identità del Maestro.
E così, nel suo Vangelo, riassume tutta la dottrina del Signore e la comprensione dei discepoli in un unico, lunghissimo discorso straordinariamente denso. E afferma: noi non capivamo cosa stava per accadere, non capivamo la profondità delle parole di Gesù, eravamo perplessi alle sue parole: mi vedrete… non mi vedrete, mi vedrete di nuovo…
Alla luce della fede pasquale ora tutto è chiaro: Gesù, prossimo alla morte, si fidava talmente del Padre da sapere che quella croce non sarebbe stata la vittoria del male. Ora noi lo sappiamo ma per lui, in quel momento, è stato l’ultimo gesto di abbandono al Padre. Sì: ogni tristezza si trasforma in gioia, in lui.
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