Chiede il miracolo per sua figlia la donna pagana. Non sa chi sia Gesù, qualcuno le ha detto che opera guarigioni. Non ha una storia, o un nome: è solo una madre angosciata per la figlia, che si rivolgerebbe a qualunque santone o guaritore pur di riaverla sana e libera.
E Gesù, con stupore, la tratta male, la provoca, la mette alla prova. Perché si rivolge a lui? Non ha fede, non è discepola, perché mai uno dovrebbe dare il pane dei figli ai cani? La provocazione è forte, eppure efficace. Non sempre chi ti da uno schiaffo ti vuole del male. Sta alla donna, ora, reagire. Farà l’offesa?
Si chiuderà a riccio? No: si guarda dentro, riconosce il male dentro di lei. È vero, la sua è una fede interessata, superstiziosa, non ha scusanti. Ma a volte i cani mangiano le briciole che cadono dal tavolo dei figli. Sorride, Gesù, e restituisce la salute a sua figlia e a lei la fede. Può succedere anche a noi di rivolgerci al Signore solo in caso di necessità, quando la malattia bussa alla porta della nostra vita.
E il Signore, spesso, tace, ci interroga, ci provoca. Sappiamo riconoscere i nostri limiti e lasciamo che il Signore ci aiuti a dare il meglio di noi stessi, anche nella fede.