Giuro che non capisco: il fariseo ha invitato Gesù a pranzo. Un gesto coraggioso vista la pessima fama del Nazareno; quindi sembra desiderare un confronto, un incontro: invitare a casa propria è gesto intimo, delicato.
Invece no: appena entra lo giudica in cuor suo. Il suo non era un invito, ma una trappola, un piccolo tribunale interiore in cui l’imputato non ha scampo. Nonostante questo Gesù vede il positivo in quest’uomo piccino, e lo invita ad andare oltre il giudizio, a strappare le classifiche e i patentini di santità, a capire il senso profondo della Legge divina senza diventare avvocato di Dio.
E indica a lui e a noi un modo semplice per diventare puri, per semplificare lo sguardo, per superare il giudizio, per notare il grano che sovrasta la zizzania: dare in elemosina quanto c’è dentro, donare se stessi, semplici e liberi come lui, il Maestro, è stato più di chiunque altro.
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