Il miracolo della moltiplicazione dei pani è raccontato sei volte dagli evangelisti: è il prodigio più eclatante, più clamoroso, eppure segna l‘inizio della fine di Gesù, l‘apoteosi dell’incomprensione, il delirio di un’umanità che preferisce lo stregone al Messia, il prodigio all’amore.
Gesù è ad una svolta. Il falegname di Nazareth che ha lasciato la sua bottega ed ora gira con un gruppo di discepoli parlando di Dio è diventato famoso: Rabbì Gesù acquista nel giro di pochi mesi una fama insperata; folle numerose lo seguono attratte un po’ dalle sue parole e di più dalla sua fama di guaritore potente.
A Cafarnao si consuma la tragedia, avviene la frattura, la fine di una neonata brillante carriera politica. Sarebbe più corretto ribattezzare questo miracolo il prodigio della condivisione dei pani e dei pesci. Perché in quello è consistito il miracolo, nel convincere le persone, indurite dalla fame e dall’egoismo, a mettersi in gioco, a donare, a osare la condivisione.
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Non si è trattato, cioè, del colpo da maestro del guru di passaggio, del santone carismatico che sfama i suoi devoti, ma il gesto largheggiante e profetico di chi ha donato a Dio quel poco che ha. Alla disarmante osservazione del contabile Filippo, per sfamare la folla non sarebbero bastati duecento denari, cioè lo stipendio di un anno (ma che fame hanno?) risponde il gesto ingenuo dell’adolescente che mette a disposizione della folla la propria merenda.
Ed è l’unico ad aver capito come fare, a scuotere Dio, a spingerlo al miracolo. L’unico. Finché ci aspettiamo che sia Dio a risolvere i problemi, non riusciremo mai a salvare il mondo con lui. Mettiamo in gioco quel poco che siamo, che abbiamo, perché Dio lo usi secondo la sua immensa saggezza, lo faccia fiorire, lo usi per sfamare la fame di felicità, di bene, di luce che attanaglia il cuore degli uomini.
Ecco la nostra merenda, Signore, fanne tu l’uso che ritieni, in questa giornata.
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FONTE: Amen – La Parola che salva – Il blog di Paolo
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