Il primo giorno dell’anno è consacrato alla preghiera per la pace, facendo memoria della maternità divina di Maria. Una buona occasione per affidare l’anno che inizia alla tenerezza di Dio.
Non è san Capodanno martire, fidatevi, ma la festa della maternità divina di Maria. Siamo ancora nel pieno del mistero natalizio, anche se la nostra società che usa e consuma tutto impietosamente già vorrebbe girare pagina.
Un anno che inizia è sempre portatore di speranza, foriero di attese che la fede non può ignorare ma che vuole indirizzare e illuminare nella preghiera e nella celebrazione. E la liturgia ci offre tre splendide piste di riflessione per iniziare l’anno civile.
Siamo invitati, come fa Maria, a meditare, a mettere insieme i pezzi, portando nel cuore gli eventi che accadranno per lasciarli illuminare da Dio.
E l’augurio benedicente di Aronne ci augura, durante quest’anno, di vedere il volto sorridente di Dio (questo il significato del “far splendere il volto”) al di là e dentro gli eventi negativi che inevitabilmente vivremo.
Infine, in questa giornata che Paolo VI volle consacrata alla preghiera per la pace, in questo nostro mondo inquieto che non conosce pace, i discepoli del risorto, incontrando il Dio che pacifica il cuore, hanno il dovere di contagiare le persone che sono loro accanto con la pace che proviene da Cristo: non pacifisti acritici, ma pacificati.
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In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Lc 10,21-24
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