Il Padre Nostro spiegato da: Origene

1945

Sia santificato il Tuo nome

Con questa espressione si possono intendere due cose: o che ciò che si domanda non è stato ancora ottenuto ovvero, se è stato già ottenuto, si chiede di rimanerne in possesso. Se Matteo e Luca ci invitano a dire “sia santificato il Tuo nome”, ciò significa che il nome di Dio non è stato ancora santificato. Ma allora è lecito obiettare: come può un uomo chiedere che il nome di Dio sia santificato, quasi che esso non lo sia? Cerchiamo quindi di chiarire il significato di questa preghiera e comprendere che cosa significa” santificare” il nome di Dio. Il nome designa la natura propria dell’essere che identifica. Così, per esempio, la natura propria dell’Apostolo Paolo fa che la sua anima, il suo spirito ed il suo corpo siano tali e tali. Queste caratteristiche proprie di Paolo fanno sì che nessun altro essere possa identificarsi con Paolo. Presso gli uomini, però, questi requisiti stessi del carattere e della personalità così come i nomi-possono cambiare: Abramo fu chiamato

Abraham, Simone “Pietro e Saulo” Paolo. Solo per Dio che è immutabile non c’è che un solo nome:’ quello di “Colui che è”, “che esiste”, datogli dalla Scrittura. E noi tutti tentiamo di riflettere su Dio per comprenderne la natura, ma difficilmente riusciamo a comprendere la Sua santità. La preghiera di Gesù ci insegna che Dio è Santo e ci aiuta a scoprire la Sua Santità di Creatore, di Provvidenza, di Giudice giusto secondo il merito di ciascuno. Ecco quello che caratterizza la qualità propria di Dio che è chiamata dalle Scritture con il nome di “Dio”.

Perciò si legge nell’Esodo (20, 7): “non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio”; e nel Deuteronomio (32, 2- 3): “stilli come pioggia la mia dottrina, scenda come rugiada il mio dire; come scroscio sull’erba del prato, come spruzzo sugli steli di grano. Voglio proclamare il nome del Signore: date gloria al nostro Dio!”; e nei Salmi (44, 18): “Farò ricordare il mio nome per tutte le generazioni”. Colui dunque che non si sforza di sintonizzare la sua concezione di Dio con ciò che è giusto, costui rende vano il nome del Signore.

Grazie al nome di Dio, le parole hanno l’efficacia della pioggia e portano frutto nell’animo di coloro che l’ascoltano, come la pioggia che benefica e l’acqua che feconda. L’uomo, convinto che per portare a compimento la volontà di Dio nella sua vita, ha bisogno dell’aiuto del Padre, invoca su di sè l’aiuto di Colui che può dispensargli questo aiuto. Comprendere o scoprire i misteri di Dio è in realtà un ricordarsi delle cose divine assai più che un impararle.

Colui che prega deve dunque chiedere che sia santificato il nome di Dio, secondo quanto si legge nei Salmi (29, 2): “Ti esalto, Signore, perché mi hai liberato e su di me non hai lasciato esultare. i nemici”. Il salmista. cioè, ci invita ad armonizzarci con Dio, ad approfondire la Sua conoscenza e, di conseguenza, dominare i nemici che in tal modo non potranno più rallegrarsi delle nostre cadute. Il Salmo 29 esalta Dio che ha permesso che vincessimo i nostri nemici e, quindi, edificassimo in noi stessi una dimora per Lui secondo quanto afferma il titolo dello stesso Salmo 29: “canto per la festa della dedicazione del tempio”.

A proposito dell’espressione “sia santificato il Tuo nome” e di quelle che seguono, bisogna tener presente che gli scrittori sacri spesso sostituiscono l’imperativo, il comando, al semplice desiderio. Così, per esempio, nel Salmo 30, versetto 19, è detto: “fa tacere le labbra di menzogna che dicono insolenze contro il giusto … “, invece di “che tacessero … “; e ancora, a proposito di Giuda, nel Salmo 108, versetti 11 e 12: “l’usuraio divori tutti suoi averi…nessuno gli usi misericordia, nessuno abbia pietà dei suoi orfani”. Anche in questo salmo imprecatorio, appare chiaro come il tempo usato sia l’imperativo e non già l’ottativo, che lascia spazio al desiderio. La mancata conoscenza di questa regola grammaticale ha fatto sì che Taziano (3) abbia interpretato la frase “Sia fatta la luce!” come una preghiera e non come un ordine. Dio infatti, afferma sfiorando l’eresia, viveva nelle tenebre! Bisognerebbe domandargli come interpreta queste altre frasi tratte dal libro della Genesi (Gen. 1, 11, 9, 20, 24): “La terra produca germogli”, “le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo ed appaia l’asciutto”, “le acque brulichino di esseri viventi”, “la terra produca esseri viventi secondo la loro specie”. Forse che Dio prega affinché l’acqua che sta sotto il cielo si riunisca in un sol luogo in modo da potersene stare all’asciutto sulla terraferma? Oppure quando prega che la terra sia feconda, lo fa per poter godere dei frutti di essa? Dio ha forse bisogno della luce, dei pesci, degli uccelli e degli animali in genere per pregare per la loro creazione?” Sia la luce!”; questo è un imperativo e non un augurio, un desiderìo.

Se ho ritenuto necessario ricordare la cattiva interpretazione di Taziano a proposito dì questa preghiera formulata in termini imperativi, è perché costui ha tratto in inganno molte persone che hanno ascoltato il suo empio insegnamento. Non solo: ma anche noi abbiamo conosciuto recentemente altri individui simili a Taziano che interpretavano in modo erroneo le Scritture.