ORIGENE
Nato intorno all’anno 185, probabilmente ad Alessandria, rimasto orfano di padre in giovane età verso il 200/201 (il padre Leonida morì martire), cercò di sostenere economicamente la sua famiglia dando lezioni. Dopo pochi anni, nel 204, il vescovo Demetrio lo pose a capo della Scuola catechetica che con Origene assurse a massima gloria. Origene fu senz’altro il più grande erudito dell’antichità cristiana e nell’insegnamento approfondì soprattutto la filosofia, la teologia speculativa e lo studio delle Sacre Scritture. Condusse una vita ascetica a tal punto che, interpretano falsamente il vangelo di Matteo (19, 12), si evirò da se stesso. Fece parecchi viaggi, a Roma, dove conobbe lppolito, a Cesarea di Palestina, dove si rifugiò fuggendo da Roma a seguito della persecuzione di Caracalla e dove tenne delle conferenze e in Grecia, dove ricevette l’ordinazione sacerdotale da parte di due vescovi suoi amici, nonostante la sua mutilazione.
Il suo vescovo Demetrio lo dichiarò decaduto dall’ordinazione sia per l’irregolarità con cui questa era avvenuta e sia, più probabilmente, per qualche opinione non perfettamente ortodossa che Origene nutriva. Espulso dalla comunità, si recò a Cesarea dove fondò una scuola sul tipo di quella alessandrina.
Noto per la sua produzione scientifica anche tra i pagani, fu invitato ad Antiochia dalla madre dell’imperatore Alessandro Severo per delle conferenze (218 e 222). Intorno al 244 si recò in Arabia riuscendo a distogliere dai suoi errori il vescovo Berillo di Bostra che mostrava simpatia per i patripassiani (2). Morì sotto la persecuzione di Decio, barbaramente torturato, a Cesarea del 253 o 254.
(2)Nome con cui da Tertulliano, seguito poi da altri controversisti cattolici, furono chiamati i modalisti (i quali consideravano le persone della Trinità semplici modi di manifestarsi e d’agire dell’unica persona divina) che, in quanto negavano la Trinità affermando che Cristo è uno con il Padre, si ritenne ammettessero implicitamente la passione e morte dello stesso Dio Padre.
Origine fu considerato fin dall’inizio come il più importante teologo della Chiesa greca tanto che nessuno poteva sottrarsi alla sua influenza. Osannato da molti per la sua ortodossia a cui egli attribuiva la massima importanza, cadde tuttavia spesso in gravi errori dogmatici a causa dell’interpretazione allegorica della Scrittura: nel 543, l’imperatore Giustiniano I condannò 9 proposizioni di Origene. Di estrema fecondità letteraria, non mostrò tuttavia una grande talento di scrittore.
Il testo del Padre nostro qui riportato è tratto dal “De oratione” che costituisce una delle testimonianze della profonda pietà del suo autore.
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Padre nostro
Noi non abbiamo trovato, nonostante le continue ricerche, una preghiera che, nel Vecchio Testamento, invochi Dio con il nome di “Padre”. Questo non vuole, tuttavia, significare che, nell’Antico Testamento, Dio non sia mai chiamato “Padre” e che i credenti non ricevano l’appellativo di “Figli di Dio”. Vuol dire solo che in nessuna preghiera Dio è chiamato Padre con quella confidenza e con quella familiarità che il Signore Gesù ci ha tramandato. Esempi nell’Antico Testamento in cui Dio è chiamato “Padre” e coloro che aderiscono alla Sua parola, “Figli”, se ne trovano diversi. Ad esempio, nel Deuteronomio (32, 18): “La Roccia che ti ha generato, tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato”. E ancora, sempre nel Deuteronomio (32, 6): “Non è lui il Padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito?”. E più oltre: “Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio” (Deut. 32, 10). Ed il Profeta Isaia (1, 2): “Ho allevato e fatto crescere figli ma essi si sono ribellati contro di me”. Ed il Profeta Malachia (1, 6): “I1 figlio onora suo padre ed il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov’è l’onore che mi spetta?”.
Comunque, nonostante che nell’Antico Testamento si riconosca la paternità di Dio e la fratellanza di coloro che crescono alla Sua parola, tuttavia, presso gli Antichi, non si trova affermata in modo deciso e perentorio questa filiazione. Nei passi della Scrittura che abbiamo più sopra riportato, più che di figli, sembra parlarsi di sudditi. Ascoltiamo la testimonianza dell’Apostolo Paolo (Gal. 4, 1 – 4): “Per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pur essendo padrone di tutto; ma dipende da tutori ed amministratori, fino al termine stabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo … “, cioè con l’incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo, gli uomini di buona volontà hanno ricevuto l’adozione a figli, secondo l’insegnamento dello stesso San Paolo: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre” (Rom. 8, 15). E il Vangelo di San Giovanni: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare Figli di Dio” (Gv. 1, 12). Per virtù di questo spirito di adozione, la prima lettera di San Giovanni afferma, a proposito dei Figli di Dio: “Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio” (1 A Gv. 3, 9).
Detto questo, riflettiamo sul senso di queste parole di San Luca: “Quando pregate, dite: Padre … ” (Le. 11, 2). Se non siamo figli legittimi, dobbiamo aver timore di rivolgersi a Dio con il nome di Padre: infatti, rischieremmo di aggiungere ai nostri tanti peccati, anche quello di empietà. Ecco dunque il mio pensiero: San Paolo afferma “nessuno può dire Gesù è il Signore, se non sotto l’azione dello Spirito Santo”, allo stesso modo che “nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire Gesù è anatema” (L” Cor. 12, 3). Lo Spirito Santo e lo Spirito di Dio sono sinonimi. Ciò comporta che dire Signore “sotto l’azione dello Spirito Santo” non è molto chiaro e, soprattutto, non è sinonimo di fede: infatti molti ipocriti, peccatori, eretici e perfino demoni hanno proferito questa formula. Però nessuno di questi personaggi ha riconosciuto la Signoria di Gesù Cristo nello Spirito Santo; costoro non potrebbero dire con verità: Signore Gesù!, in quanto solo coloro che servono il Verbo di Dio e sono pieni di Spirito Santo, testimoniano al mondo con le loro opere e con la loro vita che Gesù è Signore. Ma se è così dei giusti, i peccatori, al contrariò, bestemmiano Cristo e le loro opere, prive di Spirito Santo, gridano: “Anatema a Gesù!”.
Coloro che, nati da Dio, non commettono peccato e portano con se il germe della vita di Dio, proclamano con le loro opere: Padre nostro che sei nei cieli. “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rom. 8, 16 – 17). Costoro, a motivo della loro condotta, non dicono a metà “Padre nostro”. “Con il cuore, infatti, si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rom. 10, 10). Così tutte le loro opere, le loro parole e i loro pensieri che sono in sintonia con quelli del Figlio, riflettono l’immagine del Dio Creatore “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt. 5, 45). In tal modo essi portano con sé l’immagine del Verbo che è a sua volta l’immagine di Dio.
I santi sono dunque l’immagine di Cristo che è l’immagine di Dio e riflettono la loro figliolanza _con Dio non solo esteriormente attraverso le opere, ma con un’assimilazione spirituale profonda. Sono trasformati a tal punto nell’anima che si modellano pienamente a Gesù Cristo. Se questo descritto è il ritratto dei Figli di Dio che si rivolgono al Padre con la preghiera di Gesù; è evidente che colui che commette il peccato appartiene al diavolo, secondo quanto afferma San Giovanni nella sua lettera (1 ~ Gv. 3, 8): “chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio”. Il seme di Dio presente in un’anima rigenerata rende immuni dal peccato, mentre quello di Satana impedisce agli uomini di realizzare un profondo ravvedimento spirituale. Gesù Cristo è venuto in mezzo agli uomini per distruggere il seme di Satana e quindi farci Figli di Dio.
Non dobbiamo quindi credere di aver trovato nella preghiera del “Padre Nostro” una formula magica da ripetere ad ora fissa; quanto piuttosto un aiuto costante alla nostra conversione in modo che, pregando ininterrottamente, la nostra vita diventi una proclamazione della paternità di Dio. In tal modo la nostra città non sarà più terrena ma celeste ed il regno di Dio si instaurerà in noi.