Padre Giulio Michelini – Commento al Vangelo di domenica 10 Novembre 2019

Gesù è ormai arrivato a Gerusalemme. È entrato in città e nel tempio; ne ha preso possesso, e ora lì insegna con autorità. Dal racconto della chiamata di Zaccheo il nostro lezionario ne ha fatta di strada, tralasciando quelle pericopi che ascolteremo in altri momenti, e ci ha portati ad affrontare due temi che bene si addicono alla fine dell’anno liturgico: la risurrezione (questa domenica) e la fine dei tempi (la prossima). Saremo così in grado di prepararci alla celebrazione della solennità di Cristo Re.

I ricchi sadducei. Questa volta non sono i farisei o i sacerdoti a provocare Gesù, ma i sadducei. Di questo movimento sappiamo poco. Il nome deriva probabilmente dal sommo sacerdote Sadoq (1Re 2,35), custode dell’arca al tempo di Salomone. Erano un movimento di benestanti e proprietari terrieri. Così li ritrae lo storico dell’epoca Giuseppe Flavio: «Essi non fanno praticamente niente: quando infatti assumono qualche carica, contro voglia o per necessità, accedono a quanto dicono i farisei, perché altrimenti non potrebbero riuscire accetti alla massa del popolo» (Ant. 18.I.4). Importanti sono le differenze dottrinali con i farisei: i sadducei rifiutavano ogni tradizione normativa al di fuori della Legge e dei Profeti, e al contrario dei farisei, con spirito conservatore, si attenevano soltanto alla Legge scritta: ancora Giuseppe Flavio attesta che «quanto ai sadducei, la loro dottrina fa morire le anime insieme con i corpi» (ibid.). I due elementi – Legge scritta e risurrezione – sono strettamente connessi. È chiaro infatti che proprio il tradizionalismo dei sadducei «faceva loro rifiutare praticamente tutte le dottrine non attestate, o anche solo scarsamente attestate, nella Bibbia ebraica» (A. Soggin): così la risurrezione dei morti, che appare solo raramente e in epoca tardiva nella Bibbia, ed è presente in modo chiaro ed esplicito solo nel Nuovo Testamento; così anche per le altre dottrine (angelologia e demonologia).

Gesù con i farisei, come sappiamo, ha un rapporto conflittuale, probabilmente indizio di una prossimità e di una relazione stretta con essi. Ma mentre questi scompaiono negli ultimi momenti della sua vita, i sadducei del sinedrio ricompariranno in modo netto durante il suo processo: anzi, proprio i sadducei, insieme ai sacerdoti-capi e anziani, sono le figure dominanti del processo contro Gesù e i maggiori responsabili della sua condanna. Gesù infatti, con il gesto clamoroso della cacciata dei mercanti dal tempio, aveva portato un attentato al loro sistema rituale, alla loro religione del tempio, e anche ai loro interessi economici.

Risurrezione? La controversia narrata nel vangelo di oggi si trova anche in Mc 12,18-27 e in Mt 22,23-33. Non è nostro compito mettere a confronto le diverse prospettive: ci concentriamo solo sul racconto lucano. Anche lì comunque i sadducei dicono di conoscere la Legge, e la citano, infatti, dal libro del Deuteronomio 25,5-10, che tratta della questione del levirato (cioè dell’obbligo per un uomo di sposare la moglie del fratello morto senza discendenza). Ma una cosa è dire di conoscere la Legge, l’altra capirne il senso profondo. Per tale ragione Gesù può rimproverare i sadducei dicendo loro «Voi siete gravemente in errore» (Mc 12,27) e «non conoscete né le Scritture né la potenza di Dio» (Mc 12,24), quando questi credono di esemplificare la legge del levirato arrivando alla conclusione che la risurrezione è impossibile. L’errore della visione dei sadducei è che questa «presuppone una visione piuttosto materiale dell’aldilà: la risurrezione consisterebbe in un ritorno alla vita terrena soltanto migliorata e potenzializzata; si proietta nell’aldilà il positivo della vita terrena, in particolare le gioie, la fecondità e la fertilità. Ci sarà dunque anche un ritorno alla vita matrimoniale» (G. Rossé).

Come angeli del cielo. Gesù si sposta invece su un altro piano. Anzitutto chiarisce che l’unione sessuale è una realtà del tempo presente, è legata alla condizione mortale dell’uomo, alla trasmissione della vita e della specie, al primo comandamento di Dio, ovvero alle prime parole di Dio all’uomo: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra» (Gn 1,28). Nell’altra vita quel comando non servirà più, ci sarà un «superamento del rapporto sessuale, visto che l’uomo sarà immortale». «Ma l’essere come angeli non significa che la natura dell’uomo viene trasformata in quella angelica. L’uomo risorto non è disumanizzato, e questa novità non esclude la realtà del sesso e non annulla l’amore vissuto sulla terra» (Rossé). Ognuno, cioè, conserverà il proprio corpo sessuato, la propria personalità (Catechismo della Chiesa cattolica, 298: «Dio, poiché può creare dal nulla, può anche, per opera dello Spirito Santo, donare […] ai defunti, con la risurrezione, la vita del corpo»), e anche i rapporti interpersonali che si sono creati sulla terra non potranno essere cancellati.

Gesù afferma che Dio è un Dio della vita, è fedele, e quindi non può smentire se stesso: la vita donata agli uomini non è stata data per gioco o per inganno, e non può finire. La vita dei patriarchi ne è un esempio. Ma siamo entrati in un campo difficile e delicato, e dobbiamo sapere – come spiegava bene J. Ratzinger nel suo trattato Escatologia. Morte e vita eterna (Cittadella, Assisi 1979) – che «è del tutto impossibile immaginare anche solo approssimativamente un benché minimo dettaglio circa il mondo della risurrezione». Ci torna alla mente una poesia di D.M. Turoldo dai suoi Canti Ultimi: «Non so come, non so dove, ma tutto / perdurerà: di vita in vita / e ancora da morte a vita / come onde sulle balze / di un fiume senza fine».

Fonte

Letture della
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova ed eterna.

Dal secondo libro dei Maccabèi
2 Mac 7,1-2.9-14

 
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
 
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
 
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
 
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
 
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 16 (17)
R. Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno. R.
 
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole, R.
 
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. R.

Seconda Lettura

Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 2,16 – 3,5

 
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
 
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
 
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

Parola di Dio

Vangelo

Dio non è dei morti, ma dei viventi.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 20, 27-38

 
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
 
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Parola del Signore

Oppure forma breve Lc 20,27.34-38
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
Dal Vangelo secondo Luca
 
In quel tempo, disse Gesù ad alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione:
 
«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
 
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Parola del Signore

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