La legge, la montagna e le beatitudini
Inizia con questa domenica la lettura del c.d. discorso della montagna. Tale lungo discorso โ che prende tre capitoli del vangelo, dal quinto al settimo โ รจ uno dei cinque discorsi che articolano lโintero testo matteano. Il primo lungo discorso di Gesรน in Matteo รจ probabilmente la parte dei vangeli che ha avuto piรน interpretazioni. Le parole di Gesรน sono state comprese durante i secoli nei modi piรน svariati: con letture allegoriche, escatologiche, fondamentaliste, sociologiche ecc. La ragione sta nel fatto che tra i cinque di Matteo, quello della montagna ยซnon รจ un qualsiasi discorso: sul piano ermeneutico, ha una rilevanza unica, perchรฉ offre al lettore una visuale programmatica dellโopera del Messiaยป (M. Grilli).
Lโattacco del discorso รจ solenne, come si deduce dai sei verbi di cui รจ soggetto Gesรน, e dallโespressione ยซaperta la sua boccaยป. Questโultima รจ ripresa da Matteo piรน avanti, in 13,35, facendo ricorso a una citazione (dal Sal 77,2), applicata a Gesรน che parla in parabole; รจ usata poi dalla Settanta nel Sal 118,131, quando il salmista dice di aver aperto la bocca per amore dei precetti del Signore. In tutti e due i salmi, secondo lโinterpretazione giudaica tardiva, il riferimento รจ alla Torร . Nellโebraismo la Torร che รจ โsulla boccaโ รจ una formula caratteristica usata per descrivere la Torร โoraleโ, ricevuta โ insieme a quella โscrittaโ โ sul monte Sinai da Mosรจ, e tramandata da questi a Giosuรจ, e poi agli anziani, dagli anziani ai profeti, e cosรฌ via (cfr. Mishnร , Avot 1,1). Il riferimento รจ alla tradizione orale, che interpreta e rende viva la Parola scritta adattandola alla situazione vitale del tempo.
Gesรน in ogni caso nel vangelo di Matteo non presenta una legge nuova, e piuttosto รจ descritto come lโinterprete che riporta la Torร al suo senso pieno, anche se con caratteristiche di originalitร rispetto allโinterpretazione giudaica e farisaica corrente. Nella teologia del primo vangelo il maestro non รจ venuto ad abolire la Torร , non ha una ยซdottrina nuovaยป (come invece scrive Mc 1,27), e non stabilisce nemmeno una ยซnuova alleanzaยป (espressione che invece ricorre in Lc 22,20 e in 1Cor 11,25).
La beatitudine o macarismo รจ una dichiarazione di felicitร . Per le beatitudini della povertร in spirito e quella della persecuzione a causa della giustizia รจ proclamata da Gesรน come giร presente. Questa felicitร perciรฒ deve essere cercata nello stato a cui รจ misteriosamente connessa (povertร e persecuzione), ed รจ un invito a guardare โdentroโ o โoltreโ quella situazione per scorgervi la presenza del Regno. Lโessere poveri o perseguitati โ nel senso in cui lo intende Gesรน, e che cercheremo di spiegare โ che agli occhi del mondo รจ una realtร solo negativa, รจ la modalitร in cui si puรฒ sperimentare nellโoggi la salvezza inaugurata da Gesรน, che per primo ha vissuto questa e le altre beatitudini che proclama. Tra questi macarismi e quelli del Primo Testamento vi รจ dunque qualche significativa differenza. Gesรน non sembra porre condizioni e non esige alcun comportamento previo (non dice โsiate poveriโ), ma dichiara beati coloro che sono in quella situazione. Annuncia una felicitร , ma una felicitร paradossale. Le beatitudini, cosรฌ, come i ยซguaiยป di Lc 6,24-26, rivelano una novitร , un modo nuovo di vivere la vita e di pensarla, perchรฉ tutto รจ visto in rapporto a Dio, cioรจ al suo Regno. In questo senso, fondano la speranza in una loro futura e completa realizzazione: รจ infatti Dio, fedele piรน dei re umani โ incapaci di vincere le povertร , o di consolare gli afflitti, operare la pace, ecc. โ che farร tutto questo nellโultimo giorno.
Nel Nuovo Testamento si contano almeno una cinquantina di beatitudini: solo in Luca ne sono elencate quindici, due in piรน rispetto a Matteo. Nel discorso della montagna, sin dalla tradizione patristica, sono state contate otto beatitudini (lโultima, al v. 5,11, รจ vista come uno sviluppo di quella sulla persecuzione) e, di queste, quattro sono comuni a Luca (anche se due hanno differenze sostanziali). Per Matteo sono ยซbeatiยป, oltre a coloro che sono specificati in questo capitolo โ quelli che non si scandalizzano di lui (cfr. 11,6), i discepoli che vedono Gesรน e ascoltano le sue parole (cfr. 13,16), Simone per la sua professione di fede cristologica (cfr. 16,17), e infine il servo della parabola che attende il ritorno del suo signore (cfr. 24,46).
La prima beatitudine dellโelenco matteano รจ lโannuncio della felicitร ai poveri (v. 3). Rispetto a quella di Lc 6,20, perรฒ, in Matteo sono beati i poveri ยซnello spiritoยป (โquantoโ allo spirito โ nel senso non dello Spirito di Dio, ma di quello umano, ovvero della persona e del suo intimo; cfr. Mc 2,8). Mentre in Lc 6,20 la povertร in sรฉ รจ vista come motivo sufficiente di beatitudine, Matteo o si rivolge a una comunitร dove potrebbero esservi molti ricchi, e quindi minimizza, magari per non colpevolizzare i piรน abbienti, oppure intende dire che ciรฒ che conta di piรน รจ la povertร profonda, non solo quella economica, ma quella del cuore (la Traduzione Ecumenica ha ยซbeati i poveri di cuoreยป, assimilando la beatitudine della povertร a quella della purezza del v. 5,8).
Senza dunque escludere una possibile lettura sociale di questa beatitudine, avremmo a che fare piuttosto con una disposizione dellโanimo, la descrizione dello stato di coloro che sopportano con fiducia ogni cosa e, sottomettendosi a Dio, si rimettono alla sua volontร . Il tema della povertร in Matteo ritornerร al v. 11,5 (nella risposta al Battista), nel dialogo col ricco di 19,21, e allโinizio della passione, dove Gesรน verrร unto con il profumo che, secondo i discepoli, poteva essere dato ai poveri (26,9.11). La povertร sembra comunque interessare piรน Luca, che usa il lessema dieci volte contro le cinque di Matteo. Il primo evangelista, piuttosto, generalizza, trasformando le beatitudini โ come anche quella sulla povertร โ in disposizioni esistenziali, interne, atteggiamenti spirituali adatti a tutti i credenti e praticabili da tutte le categorie.