Padre Giulio Michelini โ€“ Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2022

710

1) Gesรน, lโ€™Emmanuele: commento al vangelo della Messa della notte (Mt 1,1-25)

La pagina del vangelo della notte โ€“ nella sua forma โ€œlungaโ€ โ€“ include la genealogia di Gesรน. La lista degli antenati del Signore โ€“ oltre ad avere lo scopo di accreditarlo al suo popolo โ€“ รจ un vero compendio di tutta la storia del popolo eletto nei suoi aspetti positivi e negativi. Cosรฌ scriveva Romano Guardini ne Il Signore: ยซNei lunghi anni silenziosi a Nazaret Gesรน probabilmente ha talvolta riflettuto su questi nomi. Quanto in profonditร  deve aver sentito che cosa vuol dire: storia degli uomini! Tutto quanto vi รจ in essa di grande, di vigoroso, di confuso, di meschino, di oscuro e di malvagio, su cui poggiava lui stesso con la sua esistenza e che lo incalzava, affinchรฉ lo accogliesse nel suo cuore, lo portasse davanti a Dio e ne assumesse le responsabilitร ยป.

Un aspetto della genealogia matteana che si potrebbe sottolineare emerge dalla conclusione del versetto 17: ยซIn tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordiciยป.

Significa che i nomi che compaiono nella genealogia non sono un elenco confuso. La storia governata da Dio รจ lineare, e nonostante il peccato di singoli (come quello di Davide, che ha fatto uccidere il marito di Betsabea) o di Israele (quello che i profeti vedono come causa dellโ€™esilio di cui si parla in 1,11-12) Dio interviene in essa. La storia nasconde tra le sue pieghe anche il nome di Gesรน Messia, discendente di Davide: secondo unโ€™ipotesi largamente accolta, Matteo starebbe usando qui un metodo midrashico tipicamente rabbinico, la gematria, secondo la quale la sequenza 3 x 14 richiama il nome di Davide, composto di tre consonanti, e il cui valore numerico รจ, appunto, 14. In questa storia di uomini e di donne, che ha momenti alti e bassi come le fasi della luna โ€“ fondamentale per il calendario giudaico โ€“ il momento della pienezza รจ inizialmente rappresentato da Davide, elencato alla fine dei primi quattordici nomi; la storia del popolo poi soffre la tragedia nazionale e religiosa dellโ€™esilio, di cui si parla alla fine del secondo gruppo di quattordici nomi; la luna torna a splendere nella sua pienezza dopo altri quattordici nomi, quando infine compare quello di Gesรน, ยซchiamato Messiaยป (1,16). Con precisione astronomica, la stessa che porterร  i maghi, scrutando le stelle, a riconoscere il re dei Giudei, il nome di Gesรน appare come lโ€™apice dei 14 giorni che fanno passare dallโ€™oscuritร  alla luce della luna piena, quando nel giudaismo โ€“ sin dalla costruzione del tempio โ€“ si celebrava Rosh Hodesh, festa mensile con una forte componente legata allโ€™attesa messianica di un re davidico.

Terminata la genealogia, ecco la presentazione di Giuseppe. Diversamente dal vangelo dellโ€™infanzia di Luca, dove predomina la figura di Maria, lโ€™attenzione di Matteo รจ fissata su Giuseppe, definito โ€œgiustoโ€. La questione che fa da sfondo allโ€™insistenza sui termini giusto e giustizia รจ molto forte per Matteo, cosรฌ attento alla Legge. Secondo questa Giuseppe deve divorziare dalla sua promessa sposa, e il ripudio deve essere un atto pubblico (cfr. Dt 24,1; qui Matteo invece parla di una forma di divorzio segreta). Il sogno interviene proprio a questo punto, per permettere a Giuseppe, da una parte, di salvare la madre e il bambino, e, dallโ€™altra, di rispettare la Torร .

Il nome ยซGesรนยป, che emerge al versetto 21, significa, alla lettera, in ebraico, ยซDio salvaยป. Qui la salvezza รจ letta da Matteo anzitutto per il popolo dellโ€™alleanza, Israele, e in relazione al perdono dei suoi peccati. Soltanto in Mt 26,28, con le parole sul calice, si capirร  cosa implichi questa salvezza, ovvero lโ€™offerta della vita di chi porta quel nome. Nel v. 23, invece, lโ€™altro nome che sarร  dato al figlio, e questa volta non da Giuseppe, ยซEmmanueleยป implica la vicinanza di Dio e unโ€™inclusione con le ultime parole di Gesรน in 28,20: ยซIo sono con voiยป.

La citazione isaiana di Mt 1,23 apre alla questione del modo in cui Matteo e i cristiani delle origini usano lโ€™AT. Per quanto riguarda il caso specifico, si deve notare che il figlio a cui si riferiva in origine la profezia di Isaia (ยซ โ€ฆdarร  alla luce un figlioยป) รจ difficile da identificare. A partire dal contesto storico isaiano si potrebbe pensare a Ezechia, il figlio di colui al quale รจ diretta la profezia, o al re Acaz, appartenente alla casa di David (e per questo citato da Matteo in 1,9), che cosรฌ avrebbe ricevuto un oracolo di consolazione e speranza. In ogni caso, anche se la profezia di Isaia รจ destinata in origine a una situazione storica particolare e in essa giร  si realizza (con la nascita di un figlio a Acaz o a Isaia), la ricchezza intrinseca della Parola di Dio e il fatto che la semiosi di un testo รจ potenzialmente illimitata ci portano a dire che Matteo non si sbagliava ad applicare a Gesรน quella profezia. Inserito pienamente nel giudaismo e autorizzato pertanto a esercitarne la specifica ermeneutica di fede, aveva compreso che โ€“ se la sua Parola รจ per sempre e Dio รจ stato fedele una volta (con Acab o Isaia) โ€“ allora quellโ€™oracolo puรฒ ancora compiersi, per illuminare cosรฌ unโ€™altra situazione molto particolare, quella di Maria e del suo figlio nascituro.

E dopo il richiamo alle profezie, ecco, molto succintamente, nella versione di Matteo, il testo della nascita di Gesรน: ยซ[Maria] diede alla luce un figlio ed egli [Giuseppe] lo chiamรฒ Gesรนยป. Pochissime parole, nelle quali รจ contenuto il cuore della nostra fede: la Parola eterna di Dio si รจ fatta carne, la Luce รจ venuta alla luce.

2) Andare di nuovo a Betlemme (Commento al vangelo della Messa dellโ€™aurora): Lc 2,15-20

Finalmente, i pastori arrivano alla grotta. รˆ quanto ascolteremo nella lettura evangelica della messa dellโ€™aurora nel Natale del Signore. Nel Vangelo della notte, come sappiamo, lโ€™annuncio rimane sospeso, e con questo anche i lettori, che dopo lโ€™invito dellโ€™angelo non sanno cosa accadrร โ€ฆ Andranno i pastori a Betlemme? Rimarranno invece lรฌ dove sono a custodire il gregge?

Chi conosce anche lโ€™altro racconto del Vangelo dellโ€™infanzia di Gesรน, quello di Matteo, sa che la risposta non รจ scontata. Il re Erode, i sapienti e gli scribi di Gerusalemme, ad esempio, anchโ€™essi hanno ricevuto un annuncio, questa volta dai magi: ยซDovโ€™รจ colui che รจ nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarloยป (Mt 2,2). Ma non si muovono: dalla vicina cittร  di Gerusalemme, per andare a Betlemme, non si sposta nessuno. Quelli che ci arrivano vengono invece da molto lontano.

Dei pastori, che ยซerano in quella regione alcuni pastori che, pernottando allโ€™aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro greggeยป (Lc 2,8), poco sappiamo, ma qualcosa ce la possiamo immaginare. Come tutti gli adulti maschi delle tribรน degli Ebrei, dovevano avere poca dimestichezza coi bambini, abituati comโ€™erano a pensare che si trattasse di cose di mogli. Cโ€™era poi una difficoltร  oggettiva nelle parole ascoltate dallโ€™angelo, che invitavano ad entrare in una casa dove una puerpera aveva appena dato alla luce un figlio (ยซQuesto per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoiaยป; Lc 2,12). Difficilmente un ebreo avrebbe osato entrare in un luogo dove una donna aveva partorito, secondo quanto รจ scritto nel Levitico (12,1-4): ยซSe una donna sarร  rimasta incinta e darร  alla luce un maschio, sarร  impura per sette giorni; sarร  impura come nel tempo delle sue mestruazioni. Lโ€™ottavo giorno si circonciderร  il prepuzio del bambino. Poi ella resterร  ancora trentatrรฉ giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherร  alcuna cosa santa e non entrerร  nel santuario, finchรฉ non siano compiuti i giorni della sua purificazioneยป. Lโ€™impuritร , in questa antica simbolica, non significa certo qualcosa di โ€œsporcoโ€, di โ€œpeccaminosoโ€, quanto piuttosto esprime la credenza che il sangue derivante dal parto (come ogni sangue, del resto) รจ legato al mistero della vita, che come tale puรฒ venire solo da Dio, mistero inavvicinabile. รˆ impuro ciรฒ che pericolosamente porta nella sfera di Dio.

Luca ci dice che tanti ostacoli si oppongono allโ€™invito dellโ€™angelo. I pastori devono avere il coraggio di lasciare il gregge o di affidarlo ad altri; devono seguire antichissime regole di puritร ; devono, piรน di ogni altra cosa, โ€œperdere la facciaโ€ decidendo di andare a vedere un bambino. Forse perchรฉ i pastori non erano in grado di osservare come richiesto le regole di puritร , forse perchรฉ hanno assistito a un meraviglioso annuncio di gioia, sta di fatto che allโ€™invito dellโ€™angelo, credono.

- Pubblicitร  -

Forse anche perchรฉ erano, nonostante tutto, avvezzi alle cose โ€œsacreโ€. Nelle antiche fonti rabbiniche infatti esistevano delle curiose disposizioni a riguardo di quelle pecore o quei montoni che fossero stati trovati dispersi a pascolare in una zona ยซtra Gerusalemme e Migdal-Ederยป (Shekalim 7:4). Il nome Migdal-Eder, che significa โ€œTorre del greggeโ€, รจ noto anche alla Bibbia, perchรฉ lรฌ Giacobbe piantรฒ la tenda dopo la morte di Rachele (cf. Gen 35,21: ยซPoi Israele partรฌ e piantรฒ la tenda al di lร  di Migdal-Ederยป), ma il fatto importante รจ che questa localitร  doveva trovarsi nemmeno a due km. da Betlemme, come san Girolamo attesta (PL 2: 898, 900). Se un animale di un gregge fosse stato trovato in quellโ€™area tra Gerusalemme e Migdal-Eder (che comprendeva anche Betlemme), si legge in quel documento, era destinato al Tempio, per un olocausto (se un montone o un ariete), oppure per lโ€™offerta detta comunemente โ€œdi paceโ€ (se una pecora). Infatti, secondo le fonti rabbiniche, e ancora al tempo in cui nasce Gesรน, non era permesso a nessun pastore tenere alcun gregge nella ยซterra di Israeleยป, per lโ€™effetto negativo che questi animali avevano sullโ€™agricoltura. Vi era perรฒ unโ€™eccezione, proprio quella riguardante il territorio ora ricordato, perchรฉ, come รจ evidente dal sistema templare antico, per i sacrifici a Gerusalemme servivano molti animali, che non potevano essere stanziati lontano dal Tempio. Per questa ragione, si presumeva che le pecore e gli altri animali del gregge che fossero stati trovati tra Gerusalemme e Migdal-Eder fossero di proprietร  del Tempio di Gerusalemme.

Non ci stupisce, insomma, nel contesto delle testimonianze storiche rabbiniche, che ci fossero alcuni pastori poco distanti da Betlemme, stanziati con il loro gregge, pronti ad ascoltare le voci degli angeli, come scrive Luca. E ยซnon รจ improbabile โ€“ scrive in un suo commento Leon Morris โ€“ che i pastori stessero pascolando greggi destinati ai sacrifici templariยป (L. Morris, The Gospel According to Luke. The Tyndale New Testament Commentaries, Eerdmans, Grand Rapids, MI โ€“ Cambridge 1988, 93). Anzi, si potrebbe arrivare a dire che, per il fatto che custodivano animali destinati al Tempio, potessero essere particolarmente โ€œrecettiviโ€. (Anche se sappiamo che nelle fonti giudaiche โ€“ ma cosรฌ anche, ad es., per Filone โ€“ i pastori sono spesso descritti come uomini disonesti, non osservanti della Legge: Luca starebbe allora sottolineando che anche i disprezzati sono destinatari dellโ€™Evangelo).

In ogni caso, ancora piรน interessante รจ il fatto che, ancora nelle fonti giudaiche antiche, la localitร  di Migdal-Eder venga ad un certo punto associata ad un re Messia: รจ da lรฌ che il Messia, proprio vicino a Betlemme, si sarebbe dovuto manifestare. Lโ€™antica spiegazione di Gen 35,21 (ยซPoi Israele partรฌ e piantรฒ la tenda al di lร  di Migdal-Ederยป) era infatti la seguente: ยซGiacobbe viaggiรฒ e piantรฒ la tenda presso la โ€œTorre del greggeโ€, il luogo dal quale il Re Messia si rivelerร  alla fine dei giorniยป (Targum Pseudo-Jonathan di Gen 35,21).

I pastori, dunque, rischiano, e vanno a Betlemme: ยซAppena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano lโ€™un lโ€™altro: โ€œAndiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscereโ€ยป (Lc 2,15). I pastori assumono qui il ruolo dei credenti, a riprova che la teologia di Luca provvede un posto speciale โ€“ nel Regno di Dio โ€“ ai poveri, agli umili, agli storpi, ai ciechi (cf. Lc 14,21). Solo questi sono capaci di accettare lโ€™invito alla festa, gli altri sottovalutano la grande gioia di un incontro: alla grande cena preparata da Dio (Lc 14,14), ci andranno solo quelli che hanno fame: i sazi hanno giร  il loro succulento cibo pronto nelle loro case.

Anche questโ€™anno bisogna decidere se andare unโ€™altra volta a Betlemme. La scelta non รจ da poco. Significa rimettersi in gioco, ancora una volta, e credere alle parole di un angelo. Comporta โ€“ come giร  per i pastori โ€“ doversi alzare, doversi muovere, lasciare qualche sicurezza e fare un tratto di strada, magari in mezzo a qualche pericolo. รˆ un atto di grande fede. Ognuno sa cosa significhi andare a Betlemme, ciascuno intuisce in cuor suo se valga la pena tornarci. Una cosa รจ certa: tra le tante proposte che il mondo ci offre (vieni di qua, vai di lร , fai questo e compra quello), lโ€™invito dellโ€™angelo ha come esito la gioia. Nulla sappiamo dei pastori dopo lโ€™incontro, Luca ci dice soltanto che ยซandarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, comโ€™era stato detto loroยป (Lc 2,16.20). Nonostante tutto, vale la pena riprovare, anche questโ€™anno. Il messaggio รจ chiaro: andando a vedere un bambino, troveremo anche noi Dio.

3) โ€œLa Parola si รจ fatta carneโ€. Commento al vangelo della Messa del giorno (Gv 1,1-18)

Sono talmente tante le cose che si potrebbero segnalare del Prologo del Quarto vangelo, che ci si trova inevitabilmente in imbarazzo a dover scegliere. La domanda piรน opportuna che possiamo porre al testo riguarda che cosa poteva significare un tale inno per i lettori del tempo in cui lโ€™evangelista lo compone.

Una questione relativa al lettore, ad esempio, parte dalla forma letteraria del Prologo nel contesto della letteratura classica, che conosceva bene i prologhi alle tragedie o agli altri drammi: si puรฒ dire che il Prologo riassume tutto il vangelo, come nella tragedia greca, quando tale introduzione serviva a orientare lo spettatore o il lettore, dicendogli di cosa si parlava? In parte sรฌ, รจ vero che il Prologo anticipa alcuni temi e ne condensa altri, ma si deve anche riconoscere che non dice tutto del vangelo di Giovanni: orienta il lettore e aiuta a comprendere come deve essere letto questo testo, distinguendolo dagli altri. Inoltre, รจ poesia, mentre piรน avanti ci sarร  la prosa, il racconto, coi dialoghi che caratterizzano il Quarto vangelo stesso.

Unโ€™altra questione riguarda il rapporto tra questa pagina e quelle dellโ€™inizio dei vangeli di Matteo e Luca. Mentre i vangeli dellโ€™origine di Gesรน โ€“ in Matteo e Marco โ€“ partono da un annuncio di un angelo (a Maria e a Giuseppe) e transitano poi per le storie della nascita di Gesรน, fino alla sua circoncisione e offerta al Tempio, il Quarto vangelo ha un principio metatemporale, che prende lโ€™avvio addirittura da โ€œprima del tempoโ€.

Entriamo ora brevemente nel testo, seguendo la suddivisione proposta da Marida Nicolaci (La salvezza viene dai Giudei), dove si trova una bella esegesi del brano. Secondo la studiosa, questo รจ composto da cinque parti distinte, ma strettamente connesse: i versetti 1-5 che riguardano tutti il Logos; i vv. 6-8 sul Battista; i vv. 9-14, sul Logos e il rapporto col mondo; i vv. 15-17, ancora sul Battista; infine lโ€™ultimo versetto, il 18, sul Figlio che era intimo del Padre e rivela il Padre.

Il principio di cui si parla al v. 1, si รจ detto, รจ metatemporale, e fa riferimento perรฒ al primo libro della Torร , Bereshit-Genesi, dove si dice che Dio ha creato il mondo attraverso una Parola preesistente che veniva da Lui. Interessante รจ soffermarsi sul termine Logos: cosa significava e cosa si poteva capire di questo termine? Intanto, come sottolinea Damiano Marzotto nel suo recente commento a Giovanni, La tunica e la rete, il termine รจ maschile, e quindi puรฒ immediatamente essere applicato a Gesรน. Nel contesto ellenistico significava perรฒ non soltanto โ€œparolaโ€, ma anche โ€œpensieroโ€, โ€œragioneโ€, โ€œrazionalitร โ€. Anzi, ancora di piรน. Traduce Marzotto: ยซallโ€™inizio era il Dialogoยป: ยซUna Parola di Dio non statica, non puramente pensata ma forma di comunicazioneยป. Questo verbo non era, precisamente โ€œpressoโ€, ma, come si intende dalla preposizione greca pros, โ€œrivoltoโ€ a Dio, ed era Dio stesso. Si tratta del cuore dellโ€™annuncio cristiano, come si vedrร  commentando il v. 14. Il testo continua dicendo che tutta la realtร  viene dal Logos. Ecco come spiega Renzo Infante nel suo ottimo Le feste di Israele nel Vangelo secondo Giovanni: ยซlโ€™Inno giovanneo con gli espliciti riferimenti alla creazione e alla redenzione del mondo potrebbe contenere dei rimandi alla Festa di Capodanno [ebraico], Rosh-ha-shanahยป, nella quale si celebra la creazione del mondo: ยซรจ come il suono dello Shofar che rammenta lโ€™opera creatrice di Dio in favore del mondoยป.

Dal Logos viene la vita, ed รจ una vita che splende nelle tenebre. Giovanni infatti vede sin da queste prime battute uno scontro in corso tra la luce e le tenebre, tra i figli della luce e quelli delle tenebre, e anticipa un combattimento di cui si parlerร  nellโ€™intero Vangelo, e che ha come protagonista Gesรน, che alla Festa delle capanne dirร  di essere la Luce stessa.

La seconda parte dellโ€™Inno passa da una realtร  metatemporale al tempo di Gesรน e del Battista, ovvero dellโ€™ยซuomo mandato da Dio come testimone per dare testimonianza alla luce, perchรฉ tutti credessero per mezzo di luiยป. La missione del precursore si compie cioรจ nella storia, attraverso un testimone (anche nel senso etimologico del termine, โ€œmartireโ€) di Cristo. Si dice qui che il testimone non รจ la luce, come piรน avanti il Battista dirร  di sรฉ di non essere nรฉ il Cristo, nรฉ Elia, nรฉ la Parola, nรฉ lo Sposo, ma lโ€™โ€œamico dello sposoโ€. Nel lettore emerge dunque la domanda: chi รจ allora il Battista? Per quanto ci riguarda, tra due domeniche la liturgia tornerร  a proporre il Quarto vangelo, nel quale si parlerร  proprio della testimonianza data da Giovanni.

La terza parte รจ il movimento centrale del Prologo, dove si dice del dramma del rifiuto verso la Parola: rifiuto che riguarda non solo Israele, ma ogni uomo, che ancora oggi non accoglie il Verbo.

Questo infatti si รจ fatto carne fragile, e ha posto la tenda in mezzo agli uomini, nella loro condizione e nella loro storia. Il linguaggio della tenda trae ispirazione dal tema della tenda del convegno di Es 40, ma che ora esprime la carne del Logos, Parola-Gesรน di Nazaret che condivide la nostra stessa esperienza umana di debolezza.

Nella quarta parte il Prologo torna a Giovanni il Battista, e nella quinta, composta da un solo versetto, si dice la fede della Chiesa delle origini, e particolarmente della chiesa giovannea, per le quali non vi era alcun dubbio che Gesรน fosse Dio stesso. Per questo Gesรน poteva parlare di sรฉ come โ€œFiglioโ€ in senso โ€œforteโ€, come in Mc 13,32 // Mt 24,36. Commenta Romano Penna: ยซGesรน ha pensato se stesso in termini di figliolanza nei confronti di Dio, e di una figliolanza tale che รจ priva di paralleli dello stesso tipo e perciรฒ unica nel suo genereยป (I ritratti originali di Gesรน il Cristo).

Questo Figlio, continua lโ€™evangelista, era nel seno del Padre. Questa espressione cosรฌ importante viene commentata da D. Marzotto a partire da Gv 13,23, un versetto inserito nellโ€™ultima cena del Quarto vangelo. Scrive lโ€™esegeta: ยซOra uno dei discepoli, quello che Gesรน amava, si trovava a tavola al fianco di Gesรนยป, ovvero secondo il modo di celebrare la cena ellenistico. Alla lettera nel testo greco si legge infatti: ยซil Discepolo amato era nel seno di Gesรนยป. ยซQuesta immagine concreta รจ servita a Giovanni, nel prologo, per esprimere il rapporto del Padre con il Figlio. Gesรน รจ colui che gode la fiducia e la predilezione del Padre, al quale il Padre affida la sua intimitร ยป (Marzotto).

Il Prologo del Quarto vangelo cosรฌ ci dice che la stessa Parola di Dio, cosรฌ vicina al Padre, quel Figlio per mezzo del quale tutto รจ stato creato, รจ stata in mezzo agli uomini, e ancora vi rimane attraverso la sua misteriosa presenza.

Fonte