Padre Giulio Michelini – Commento al Vangelo del 20 Marzo 2022

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Una tregua per cambiare vita

Ponzio Pilato, secondo il filosofo Filone, fu un governatore tirannico e duro, «inflessibile per natura e crudele per la sua ostinazione», e durante il suo mandato non si contavano in Giudea «corruzioni, violenze, ruberie, assalti, abusi sfrenati, continue esecuzioni senza processo e sconfinata, selvaggia crudeltà» (Legatio ad Gaium). Di queste violenze abbiamo un ricordo anche nel Nuovo Testamento, al di fuori dei testi in cui Pilato è maggiormente ricordato (i racconti della passione), e precisamente in Lc 13,1, il versetto che apre il vangelo di oggi e che ci porta una notizia che solo il Terzo vangelo conosce: «In quel momento arrivarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici». Secondo alcuni commentatori, il fatto che Gesù fosse Galileo potrebbe essere stata l’occasione per cui qualcuno abbia dovuto pensare di riferire a Gesù quella notizia così tragica.

Questo episodio, che può essere avvenuto o mentre i fedeli ebrei stavano recandosi verso il Tempio, salendo la collina, oppure durante il sacrificio vero e proprio degli animali, può essere confrontato con quanto Giuseppe Flavio, il soldato e studioso ebreo poi diventato storiografo dell’imperatore romano, registra nelle sue opere.

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Anche se il fatto riferito da Luca non è presente nelle sue Antichità Giudaiche, nondimeno questi presenta Pilato intento in diverse occasioni a sedare sommosse, e sempre con polso molto fermo, fino ad uccidere senza pietà i rivoltosi. Subito dopo aver appreso la notizia, Gesù coglie l’occasione per invitare alla conversione: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto una tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo». La stessa conclusione a commento di un altro fatto, la morte di diciotto uomini a causa del crollo di una torre.

Leggere i segni dei tempi. Cosa sta facendo Gesù? Legge gli avvenimenti dell’attualità e della storia e ne coglie un significato profondo. Si può imparare da quanto accade, dagli eventi, dalla storia? Sì, se in essi si vede una logica diversa da quella dei vichiani corsi o ricorsi o delle lotte di classi e tra popoli o – soprattutto – la “non logica” del caso.

Gesù dice che nelle cose che accadono vi sono come dei “segni”, difficili da scorgere, però. A coloro che non si accorgono di quanto sia vicino il Regno di Dio, Gesù chiede infatti uno sguardo più acuto: «Quando viene la sera dite: Sarà bel tempo, poiché il cielo rosseggia, e la mattina: Oggi ci sarà burrasca, poiché il cielo è rosso cupo. Sapete, sì, giudicare l’aspetto del cielo, ma non sapete discernere i segni dei tempi» (Mt 16,2-3).

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Nella Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II si dice che oggi spetta alla Chiesa «scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico». Come si può “conoscere il mondo in cui viviamo”? Anche per noi cristiani è indispensabile essere informati, leggere i quotidiani, studiare, farci un’opinione su quanto accade. Il mondo non è lontano da noi, anzi è il luogo dove io vivo e sono chiamato ad annunciare il Regno.

Dalla cronaca alla storia della salvezza. Soprattutto, guardando alla storia e agli avvenimenti i credenti hanno la possibilità di inserirli nel tempo e nella logica della salvezza. Non si tratta mai di ricercare le notizie come per trovare scoop giornalistici o per guardare dentro le vite degli altri, ciò che oscenamente fanno ad esempio alcuni programmi televisivi.

È invece scoprire la mano di Dio, cioè la sua Provvidenza, dietro gli eventi e anche dietro la propria vita. Così per Gesù il sentir parlare di alcuni sediziosi uccisi da Pilato o di alcuni morti sotto un crollo non è occasione per vedere in questi fatti una punizione divina per i peccatori. È lo stesso atteggiamento che ha nei confronti del cieco nato: chi ha peccato? «Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Gv 9,3). Quelli uccisi da Pilato sono morti perché peccatori? Sì, erano peccatori, ma non per questo sono morti: altrimenti, anche voi non sareste più in vita.

Una tregua, ancora un po’ di tempo, dice Gesù: guardate al dono che Dio fa a chi ancora vive. Un anno ancora – lo stesso tempo dato a un fico per fare frutto: perché la decisione richiesta è urgente, non c’è tempo da perdere. Questa Quaresima ci viene data: potrebbe essere l’ultima occasione, da non sprecare.

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