padre Giovanni Vannucci – Commento al Vangelo per domenica 27 Novembre 2022

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Anno A – Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14a; Mt 24,37-44 

IL RISVEGLIO

Giovanni Vannucci O.S.M., in Risveglio della coscienza, ed. Servitium, Milano 1984-2019; 1.a di Avvento, Anno A 

L’avvento, tempo qualitativo di preparazione  alla nascita in noi della Parola eterna, si apre con  le parole gravi e ammonitrici di Cristo: il diluvio  era imminente, mille segni lo preannunciavano,  gli uomini continuavano a vivere la loro distratta  esistenza, solo Noè e i suoi figli furono attenti e  si salvarono. 

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Siate svegli, il Figlio dell’uomo verrà  inaspettatamente, salverà chi ha gli occhi aperti  ai segni che lo annunceranno (Matteo 24, 44). 

Siate svegli! È la ricorrente parola della  predicazione di Cristo. Da quale sonno dobbiamo  svegliarci? 

Vari sono i generi di sonno, e vari i modi del  risveglio. Vi è il sonno corporeo che conclude  una giornata laboriosa e, nel riposo, ristora le  forze necessarie alla continuazione della vita. Vi  è il sonno dell’abulia, dell’inerzia di chi si lascia  vivere trascinato dalla corrente della vita come  una pagliuzza. Vi è l’assopimento che  accompagna la crisi che deciderà l’esito di una  malattia grave. 

Ognuno di essi è seguito da un correlativo  risveglio, ma non ad essi allude il comando di  Cristo: siate svegli! Egli addita un sonno sottile  in cui può essere immerso l’uomo più attivo e  operoso, il sonno della mente e del cuore, il  sonno in cui viene a trovarsi la maggioranza delle  coscienze umane, che impedisce la chiara presa  di coscienza del destino eterno e divino di  ognuno, e che assopisce ogni nobile anelito  all’ascesa e all’elevazione. 

Siate svegli! nell’esperienza cristiana vuol dire:  aprite gli occhi alla qualità divino-umana apparsa  nell’archetipo dell’uomo, nel Figlio dell’uomo:  Gesù Cristo; aprendo gli occhi, incamminatevi  decisamente a raggiungere la sua statura. Gesù  Cristo, unione sostanziale della natura eterna del  

divino e della peribile natura del mortale, non si  differenzia né da Dio né dall’uomo, ma è insieme  uomo e Dio, Dio e uomo. «Chi vede me vede il  Padre, chi accoglie voi accoglie me, chi accoglie  me accoglie colui che mi ha inviato» (Giovanni 14,9; Matteo 10, 41). 

Nella persona di Cristo immanenza e  trascendenza, materia e spirito, Dio e uomo sono  posti sullo stesso piano; e questa identità degli  opposti, se vissuta dall’umana coscienza, conduce  al miracolo della redenzione per cui l’innocente  espia per il peccatore e lo spirito purissimo  agonizza nella materia. 

Questa realtà ci sgomenta, lo sgomento ci fa  ripiegare nel sonno. 

Nel sonno, come i contemporanei di Noè, non  ci è dato di vedere quello che i risvegliati  scorgono: «Due saranno nel campo: uno verrà  assorbito dalla veniente luce, l’altro rimarrà preso  dalle divagazioni dell’esistenza intorpidita. Due  donne staranno macinando il grano alla mola, una  sarà assorbita dalla nuova manifestazione di Dio,  l’altra continuerà a ripetere lo stesso sfibrante  movimento» (Matteo 24, 40-41). 

I non svegli rimarranno chiusi nell’indifferenza  della tiepidezza, immersi in un sonno rassicurante,  la loro anima non reagisce più al bene e al male e  spegne in sé la scintilla divina della sua essenza  personale. Il non risvegliato da questo sonno non  si interessa che di se stesso; moderatamente  canaglia e moderatamente buon uomo, è pronto a  fare il bene o il male purché non costi fatica,  purché non sia rischioso. Con i paraocchi di una  morale retriva e arida va per la sua strada nulla  vedendo, nulla volendo vedere che non sia  d’immediata utilità. 

I non svegli appartengono a tutte le classi, ai  ricchi e ai poveri, ai borghesi e ai proletari, ai  religiosi e agli atei. Nel loro quieto sonno hanno paura della vita e della morte, non vivono e non muoiono. 

Il risveglio alla realtà divina e umana di Cristo  fa incamminare la coscienza verso il  raggiungimento della pienezza della personalità  dei singoli, in maniera tale che il risvegliato non  può sottrarsi a ciò che costituisce la ragione della  sua presenza nella creazione, cioè il compito  ascensionale, evolutivo. 

Il risvegliato comprende di essere sulla terra  solo di passaggio, e di esservi chiamato a misurare  le sue forze e a esservi giudicato, ma da questa  misurazione, da questo passaggio dipende tutto per  lui, per il suo autentico io, per il suo spirito. Per  questo deve tendersi come arco nell’ascesa, per  scagliare la freccia del suo vero essere più in alto  che può, perché dove la freccia giunge ivi rimane. 

Il risveglio provocato dalla realtà di Cristo  costituisce il passaggio difficile, la porta stretta, la  cui traversata richiede la presa di coscienza del  proprio torpore, della tiepidezza in cui sono  immerse le energie ascensionali dell’uomo,  dell’innocenza anteriore, e del destino di pienezza  vitale, di fruttificazione delle proprie nobili qualità, dell’innocenza ulteriore. 

La coscienza risvegliata comprende che è  chiamata a vincere tutti i possibili stati di sonno, a  raggiungere il compimento di tutte le più alte  speranze dell’uomo, a slanciarsi con eroico  impegno alla conquista della realtà dei figli di Dio.  Gesù dice: «Io sono la luce» (Giovanni 8, 12), e  «Io ho vinto il mondo» (Giovanni 16, 33): la  coscienza risvegliata vince il mondo per diventare  la luce. Allora entra nell’arca di Noè, risponde alla  chiamata divina, abbandona le volontà sbagliate  per muoversi in conformità alla volontà divina, che  è volontà di luce. 

Il passaggio dal sonno al risveglio, dalla nascita  terrena a quella celeste, da figlio della terra a figlio  di Dio, richiede una dura e austera lotta. Essa  cristianamente consiste non nel rifiuto orgoglioso  del mondo e delle passioni, ma nella risposta a  colui che invita a una totale intensità di vita:  risposta che esige l’affrontamento dei rischi, delle  prove, per trasmutarle in principio di ascensione.  Il risvegliato deve combattere le sue battaglie, le  grandi e le piccole, fino al giorno in cui la pace  della pienezza di vita raggiunta regnerà nel suo  cuore di vincitore. «Al vincitore farò prendere il  posto vicino a me sul mio trono, come io sono  vicino al Padre, sul trono» (Apocalisse 3, 21).

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