Padre Giancarlo Paris – Commento al Vangelo del 21 Febbraio 2021

Un altro tipo di “quarantena”

L’inizio della quaresima dell’anno scorso segnava l’inizio della pandemia, il blocco di quasi tutte le attività lavorative e comunitarie. Dall’anno scorso ad oggi è cambiato il mondo! Abbiamo perso tanti amici, tanti hanno perso il lavoro, trovandosi in condizioni di vita molto più difficili di prima. In questo anno abbiamo sentito parlare molto di “quarantena”: molti di noi hanno dovuto osservare con rigore tempi di autoisolamento, contando i giorni per poterne uscire.

Anche nella vita della comunità cristiana in questi mesi è cambiato molto: sono diminuite le celebrazioni e gli incontri; alcuni hanno riscoperto la vicinanza di Dio nella loro vita, altri hanno abbandonato una pratica che diceva ormai molto poco alla loro vita. Condividiamo con tutti la grande crisi che sta mettendo alla prova l’umanità, pregando il Signore che ci aiuti ad attraversarla con tutta l’intelligenza e la generosità di cui siamo capaci.

Ebbene, la Chiesa ci invita in questi giorni a iniziare un’altra “quarantena”: quella appunto della “quaresima” (da “quarantesimo giorno” prima della pasqua), cioè il cammino che ci prepara a celebrare la Pasqua di Gesù, il suo attraversare la morte nella fiducia. Questo tempo ricorda i quaranta giorni che Gesù ha trascorso nel deserto.

Gli evangelisti ci raccontano che Gesù, prima di cominciare ad annunciare che “il Regno di Dio è vicino”, ha vissuto due esperienze molto forti e collegate tra loro: quella del “battesimo” e quella delle “tentazioni”. Dopo aver sentito lo Spirito del Padre che entrava in lui rinnovando la sua coscienza di essere Figlio amato, quello stesso Spirito spinge Gesù nel deserto, dove rimane quaranta giorni. Il collegamento tra deserto e il numero quaranta ci porta subito ad un’altra storia della Bibbia: quella del popolo di Israele che fugge dall’Egitto (dove era schiavo) in direzione di una terra che Dio mostrerà (dove poter vivere libero). Per capire la breve scena di Gesù nel deserto occorre guardarla tenendo sullo sfondo il libro dell’esodo (il secondo libro della Bibbia). Il deserto è per la Bibbia il tempo della prova e dell’educazione, dove Dio conduce il suo popolo per “sapere che cosa ha nel cuore”. Nel deserto, luogo dove la vita è minacciata dalla mancanza di cibo e acqua e dal pericolo degli animali, l’uomo è rimandato alla sua povertà, sperimenta di non essere poter sopravvivere con le sue sole forze. Ha assoluto bisogno di aiuto. E qui sta la prova. Nel deserto appare satana (che nella Bibbia è l’avversario di Dio), colui che fa nascere nel cuore il dubbio sulla protezione e sulla cura di Dio per i suoi. Durante il cammino del deserto molte volte il popolo di Israele ha ascoltato la voce di satana, ha rimpianto le cipolle d’Egitto (nonostante la schiavitù) e si è lamentato delle prove che doveva attraversare.

Anche Gesù va nel deserto. Assumendo la nostra carne, la nostra condizione umana fragile, ha attraversato molte prove. Ha sperimentato come noi, in tutti i giorni della sua vita, la paura di fronte alla debolezza e alla morte. Ha sperimentato la tentazione di dare ascolto a satana, cioè di non fidarsi di Dio (che promette cose che non si realizzano subito) e darsi da fare per assicurarsi a proprie spese qualche via di uscita dal pericolo della morte. Diverse volte il Vangelo di Marco ci presenta Gesù messo alla prova dai farisei, che volevano metterlo in scacco per accusarlo. Pur non riuscendo a fare questo, decidono ben presto che deve essere tolto di mezzo. L’epilogo del vangelo racconta la realizzazione di questo progetto di morte, nel quale però Dio iscrive un progetto di vita.

Così, le tre righe delle tentazioni di Gesù ci danno una chiave di lettura di tutto il Vangelo, la buona notizia: il Figlio di Dio è messo alla prova, ma il suo cuore rimane fedele al Padre. A differenza di Israele, che cede alla tentazione di farsi degli idoli cui attaccare la speranza della propria sopravvivenza, Gesù respinge gli idoli, si affida a Dio. Questo è il senso del breve commento simbolico che Marco fa alla tentazione di Gesù: “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”.

Nessuno può evitare la prova nella vita; arrivano per tutti i momenti in cui facciamo i conti con la nostra debolezza e fragilità, e dobbiamo decidere di chi fidarci: di Dio, che ci dice nel cuore che siamo figli amati e non ci abbandona mai, neppure nella morte; oppure fidarci di satana, che ci dice che è tutta una menzogna, che alla fine rimarremo soli e per questo è meglio usare tutte le risorse, anche contro gli altri, per rimanere in piedi noi.

La Chiesa ci suggerisce la “quarantena” della quaresima per combattere il virus della sfiducia, del sospetto, dell’individualismo. Come vaccini ci offre: il dialogo con il Signore (la preghiera), la relativizzazione delle cose (il digiuno), il volgere lo sguardo a chi ha bisogno (l’elemosina). Questo cammino ci può aiutare a comprendere “cosa abbiamo nel cuore”, a imitare Gesù che si è fidato di Dio fino in fondo.

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