Viviamo questa quaresima in un modo del tutto diverso da ogni altra, a motivo delle precauzioni da assumere per contenere l’espansione del virus covid-19. In alcune parti del Paese non è possibile celebrare l’Eucaristia comunitaria e ascoltare insieme la Parola di Dio. Ciò può diventare uno stimolo per prenderci del tempo personalmente per leggere e meditare il Vangelo di questa domenica. La scena sembra addirittura adatta a questo esercizio spirituale, perché ci racconta un dialogo personale tra Gesù e una donna di Samaria. I due sono soli e il dialogo si muove dall’esteriorità all’interiorità, dove la persona si incontra con se stessa: è lì che Dio si fa trovare, non come colui che giudica, ma come colui che rinnova il dono della vita.
Gesù sta attraversando con i discepoli la Samaria. Giunto a Sicar e si siede presso il pozzo, verso mezzogiorno, mentre i discepoli vanno in cerca di cibo. Ad un certo punto arriva una donna samaritana ad attingere acqua. Nella ferialità di quella occasione nasce un dialogo straordinario che trasforma la vita di quella donna: Gesù guida l’incontro con estrema calma e determinazione.
Inizia chiedendo dell’acqua alla donna (E Gesù le dice: dammi da bere). A noi sembra una cosa del tutto normale, ma non è così: per le circostanze culturali del tempo e per il significato profondo che Gesù dà alle parole (e che l’evangelista Giovanni ci aiuta a comprendere). Gesù avrebbe dovuto evitare di dialogare con lei: perché era una donna (che va ad attingere acqua da sola, in un orario insolito) davanti ad un “maestro” e perché era di samaritana e Gesù giudeo (cioè appartengono a due gruppi separati dal modo di interpretare la religiose ebraica). Gesù chiedendo un piacere a quella donna le mostra apertura e accoglienza: da questo suo atteggiamento non politically correct (infatti i discepoli ritornando con la spesa si meravigliano di questo, v. 27) prende il via un dialogo con cui Gesù porta quella donna sulla soglia della fede.
La donna non capisce come è possibile che quell’uomo giudeo parli con lei e addirittura le chieda da bere (chiede: come è possibile?). Più profondamente si meraviglia di essere riconosciuta degna di parola, cioè di essere accolta, si meraviglia che quell’uomo le chieda aiuto. Dalla risposta di Gesù capiamo che egli desidera che questa donna si apra ad un’altra meraviglia più grande, quella per il dono di Dio, di un Dio che si fa piccolo e bisognoso solo perché vuole donare. Gesù offre alla donna (che rimane senza nome per tutto il racconto!) un’altra acqua, che soddisfa un altro tipo di sete.
“Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è colui che ti parla…”: il dono e la sua persona sono in realtà la stessa cosa; è lui che può dare l’acqua viva che sazia la sete. La donna fa fatica a capire quello strano discorso, ma ha il desiderio di comprendere (da dove prendi questa acqua?). Finché arriva a chiedere a Gesù quell’acqua, forse in forma di sfida: “vediamo se è vero! Mi risolverebbe un bel problema!” Le parti ora si sono invertite, come voleva Gesù, che comincia a chiedere per essere riconosciuto come colui che dona.
Ora Gesù, in modo del tutto inatteso e apparentemente illogico, cambia argomento: “Va a chiamare tuo marito”. La donna non rimane sorpresa da questo brusco cambiamento e risponde subito, come per chiudere il discorso: “Non ho marito”. Gesù invece apre, squaderna davanti alla donna una dimensione così profonda della sua vita che solo lei poteva sapere, lei e Dio. Deve essersi chiesta: “come può questo sconosciuto giudeo fermo al pozzo conoscere la mia vita?” Allora intuisce che sta parlando con un uomo di Dio, un profeta, e tenta di cambiare argomento: “già che sei un profeta, spiegami chi ha ragione tra giudei, che dicono di adorare Dio in Gerusalemme, e samaritani che adorano Dio sul monte qui vicino”. Gesù la segue, accoglie la sua domanda circa il rapporto con Dio, e annuncia la novità del suo Vangelo, che oltrepassa la discussione tra giudei e samaritani. Occorre andare oltre, perché Dio chiede di essere adorato in modo diverso: “Viene l’ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità. Sono questi gli adoratori che il Padre cerca”. Adorare indica complessivamente un modo di stare davanti a Dio e davanti alla vita, il modo che Gesù-Verità è venuto a rivelare e che lo Spirito permette ai credenti di assimilare. La donna non pare ancora aver capito granché, e accenna alla venuta del Messia, grazie al quale si potrà finalmente capire il rapporto con Dio. Quando Gesù capisce che il terreno è stato preparato, si manifesta pienamente alla donna: “Sono io, che ti parlo”.
Stranamente l’evangelista non presenta nessuna risposta della donna a questa rivelazione solenne di Gesù; la telecamera inquadra invece i discepoli, che ritornando con la spesa si meravigliano di vedere il maestro dialogare con una donna samaritana, anche se non si azzardano a chiedere spiegazioni. Ma ecco di nuovo la donna: “lasciò dunque la sua anfora la donna e corse in città…”. Il motivo per cui era andata al pozzo, la necessità di bere, ora ha perso la sua importanza. Quella donna ha incontrato qualcosa di più importante e vitale, che ridimensiona quello che prima la occupava. Così avviene l’incontro con Dio: permette di percepire che le altre cose vengono dopo; continui ad averne bisogno (come l’acqua), ma non sono più la ragione della tua vita. Forse questa donna non stava cercando qualcosa di più grande per la sua vita, benché la sua vita parli di insoddisfazioni. L’incontro con Gesù, che l’ha accolta senza giudizi e l’ha portata a guardarsi dentro, le ha aperto un cammino nuovo. A tal punto che corre in città e invita gli altri ad andare a vedere Gesù, descrivendolo con queste parole: “Un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto”. Il potere di quell’uomo di “vedere dentro di lei” le fa sorgere la domanda: “Che sia forse il Messia?” Non è certa che lo sia, ma sente con certezza che l’incontro con quell’uomo ha cambiato la sua vita. La strada per riconoscere la vicinanza di Dio non è diversa dalla strada che porta alla verità di se stessi, alla propria interiorità.
Mentre la donna svolge la sua missione in città, ritorniamo al pozzo. I discepoli invitano Gesù a mangiare ma lui sembra non averne voglia: sta pensando ancora all’incontro con la donna di Samaria, assapora la gioia che nasce in lui nel compiere la volontà del Padre, che desidera far sentire a tutti il suo amore, soprattutto a quelli che si sentono esclusi e discriminati. Quell’incontro permette a Gesù di alzare gli occhi e vedere il mondo come una messe pronta per la mietitura; vede l’umanità pronta ad accogliere l’annuncio del Regno. E forma lo sguardo dei discepoli, perché diventino capaci di vedere quello che lui vede.
Infine l’ultima scena. Ritorniamo in città, dove molti samaritani rispondono all’invito della donna (perché è motivato da una vera esperienza personale) e vanno ad incontrare Gesù. E lo invitano a fermarsi da loro un paio di giorni. Il tempo passato con Gesù permette loro di conoscerlo, di ascoltarlo e di credere in Lui per una esperienza personale che a loro volta fanno con Gesù.
Questo lungo e articolato racconto ci permette di comprendere la strada attraverso cui anche noi oggi possiamo rinnovare il nostro incontro con Gesù. Ciò che ci può mettere in cammino verso di lui è qualcuno che ci dice: vieni a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia? Solo chi fa esperienza forte e personale di Gesù può attirare altri a lui; e solo questa attrazione può far nascere la fede. Chi lo ha incontrato porge a noi una domanda: che sia forse il Messia? La domanda rimane aperta, perché la risposta spetta a ciascuno di noi; non è una risposta teorica, da catechismo, ma una risposta data con la vita, con l’incontro, il dialogo, la scoperta di sentirsi conosciuti dentro e accolti, e amati. Ecco il cammino per noi cristiani, che a nostra volta diventiamo un invito e una domanda per gli altri.