Ha una predilezione particolare, Gesù, per le donne sole, perché rappresentano l’intera categoria biblica dei senza difesa: vedove orfani forestieri, i suoi prediletti, che egli prende in carico e ne fa il laboratorio di un mondo nuovo. Gli indifesi di Dio.
Disse una parabola sulla necessità di pregare senza stancarsi mai. Il pericolo che minaccia la preghiera è quello della stanchezza: qualche volta pregare stanca, anche Dio può stancare. È la stanchezza del grido che non ha risposta e dello scommettere sempre sull’invisibile, cioè quello che avrebbe potuto fiaccare la vedova della parabola e al quale lei non cede.
Che bella figura questa donna sola, forte e dignitosa! Nessuna sconfitta la abbatte.. indomita maestra di preghiera, ogni giorno a bussare su quella porta chiusa!
Forse qualche volta tutti ci siamo stancati di pregare. Le preghiere si alzavano in volo come colombe dall’arca del diluvio, ma nessuna tornava indietro a portare una risposta. Mi sono chiesto tante volte: ma Dio esaudisce le mie preghiere, si o no?
Perché pregare? Perchè ‘sempre’? È come chiedere: perché respirare? Ma per vivere! Pregare infatti non è dire preghiere: è voler bene. E se vuoi bene a qualcuno, è ‘notte e giorno’, è uno stato del cuore che non si stanca. Racconta Tommaso da Celano che “frate Francesco alla fine non pregava più, era diventato lui stesso preghiera”.“Se tu desideri sempre, tu preghi sempre. Quand’è che la preghiera sonnecchia? Quando si raffredda il desiderio” (S.Agostino).
Non si prega per cambiare la volontà di Dio, ma il nostro cuore. Non per ottenere, ma per essere trasformati. Non perché la risposta tarda, ma perché la risposta è infinita, perché Dio è un dono mai finito. Se non lo percorri spesso, il sentiero che conduce alla casa dell’amico si coprirà di rovi. Vanno sempre riaperti i sentieri del Dio amico.
Con l’immagine della vedova mai arresa Gesù sostiene la nostra fiducia: se un giudice, che è l’opposto di Dio, alla fine ascolta, Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano a lui, prontamente? Ci perdoni il Signore, ma a volte la sensazione è proprio questa, che Dio non risponda così e che ci faccia aspettare a lungo .
Ma quel ‘prontamente’ non si riferisce alla risposta temporale, non vuol dire subito, ma ‘sicuramente’. Il nostro compito non è forzare il ritardo di Dio o essere esauditi, ma rimanere nel vivo della corrente forzando l’aurora di un mondo nuovo. Sulla breccia, tenendo la rotta.
E poi andare e riandare al Signore, perché amo anche il suo silenzio, e se parla è per amore, se tace so che è ancora e sempre per amore. E sentire che Dio stesso ha sete della mia sete. Alla fine, la preghiera non ha neppure più bisogno di ottenere ciò che chiede. Perché ciò che essa ottiene è Dio stesso.
p. Ermes Ronchi via Facebook