«Buongiorno brava gente»: con queste parole Francesco d’Assisi si rivolse agli abitanti di Poggio Bustone quando, lasciata la sua città, iniziò a predicare la Parola di Dio per le strade del mondo. Un saluto che racchiude insieme l’entusiasmo per l’avvio di una nuova giornata e il piacere di poterla condividere con gli altri La recente pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo, e che andare incontro a chi ci è vicino, con una parola, un gesto, un pensiero positivo, è un atto salvifico, rigenerante.
Per accompagnare le persone in questi dificili mesi, padre Enzo Fortunato ha avviato una rubrica quotidiana sulla sua pagina Facebook, aprendola proprio con il francescano saluto «Buongiorno brava gente»: via via è divenuta un prezioso momento di confronto e conforto reciproco, nel quale scoprire la bellezza di non sentirsi soli, di farsi comunità alla luce del Vangelo e dell’esperienza del santo di Assisi.
Così, ripartendo dalle riflessioni che lì sono scaturite, padre Enzo ci propone in queste pagine un breviario per tutto l’anno, un cammino di meditazioni che scandisca il nostro tempo giorno per giorno. Perché «il Vangelo è la guida per aprire un cantiere dentro noi stessi. Nella misura in cui lavoriamo su noi stessi, lavoriamo il mondo. Nella misura in cui ci immaginiamo nel sogno, cresciamo in un mondo diverso». Anche noi siamo invitati a ricordarci che l’unico modo per affrontare le dimcoltà è avere fede, e che «il rapporto con Dio, la preghiera, ci conduce agli altri.
È un modo di vivere la Parola e la nostra esistenza basato sull’avvicinarsi, sul sostenersi a vicenda, sul prendersi per mano». Solo così, camminando insieme, diventeremo strumenti di pace e renderemo ogni giorno un buon giorno.
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Buongiomo brava gente. Un titolo che non abbiamo scelto a caso, si tratta infatti di un motto che san Francesco rivolse alla gente che lo accolse. La storia del saluto francescano è articolata ed estremamente interessante. Così, ci sembrava giusto dedicare in apertura di questo testo uno spazio per condividere l’evoluzione di quello che è il primo gesto che compiamo quando andiamo incontro all’altro.
Sono diversi i saluti che caratterizzano il cammino di san Francesco e dei suoi seguaci. Uno, appunto, è «buongiorno brava gente». È il grande studioso francescano Luca Wadding a darne testimonianza nel Seicento. Il Poverello era stato cacciato da Assisi e si trovava a Poggio Bustone. Incontrando le persone pronunciò tale frase: «Buongiorno buona gente»; o anche: «Buongiorno brava gente». La seconda versione è quella che abbiamo fatto nostra.
Un secondo saluto è invece caratterizzato dal silenzio. «Da allora in poi, affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandonò la città e, libero e sicuro, si rifugiò nel segreto della solitudine, per ascoltare, solo e nel silenzio, gli arcani colloqui del cielo» l racconta Bonaventura da Bagnoregio nella Leggenda maggiore. Ci dà il segno di quanto fosse importante per Francesco la meditazione, il custodire nel cuore la Parola e l’insegnamento di Gesù. In certi momenti della nostra vita, più delle parole conta la testimonianza.
Il terzo è il saluto che lo stesso Francesco invita i propri compagni a rivolgere agli altri: «Il Signore ti dia la pace». Si tratta del primo saluto che compare nelle Fonti francescane, in particolare nel Testamento: «Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: “Il Signore ti dia la pace!”». 2 Ci troviamo davanti alla prima e più importante testimonianza francescana legata alla parola e al concetto di pace.
C’è poi un ultimo passaggio che caratterizza la tradizione francescana e ci porta a quello che è oggi il più diffuso saluto: «Pace e bene». Ci sono diverse ipotesi su come i frati abbiano iniziato a usare il pax et bonum. Una teoria è che sia frutto dell’unione tra i due saluti, il pax del «Signore ti dia la pace» e il bonum del «buongiorno buona (brava) gente». Un’altra ipotesi lo lega alla Chartula, il docurnento conservato nel Sacro Convento di Assisi, che Tommaso da Celano attesta essere stato scritto da Francesco stesso. Su un lato, troviamo la Benedizione a frate Leone dell’Assisiate: «Il Signore ti benedica e ti custodisca; mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga il suo volto verso di te e ti dia pace». Sul retro abbiamo invece le Lodi di Dio Altissimo, la confessione che Francesco rivolge al Signore, dove echeggia a più riprese la parola «bene»: Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene… 4 Uno spunto lo troviamo nella Leggenda dei tre compagni, secondo cui, come Cristo ebbe un precursore in Giovanni il Battista, prima di Francesco d’Assisi c’era un giovane che salutava con il «pace e bene» che poi l’Ordine francescano fece proprio:
Com’egli stesso ebbe a confidare più tardi, aveva appreso da rivelazione divina questo saluto: «Il Signore ti dia la pace!». E perciò in ogni sua predicazione, nell’esordio della sua predica, salutava il popolo annunciando la pace. Fatto straordinario, che ha certo del miracoloso: prima della sua conversione, nell’annunzio del saluto di pace egli aveva avuto un precursore, il quale percorreva di frequente Assisi salutando con il motto: «Pace e bene! Pace e bene!».
Nell’impossibilità di scorgere una soluzione univoca, in un terreno che lascia spazio alle suggestioni e al fascino, ci troviamo a preferire la prima ipotesi, quell’unione cioè di due saluti, la «buona gente» e la pace data dal Signore, per arrivare a dirci con spirito fraterno: «Pace e bene», come fa intuire il racconto di Ubertino da Casale nell’Albero della vita crocifissa di Gesù:
Chiamatolo alla presenza di molti frati, gli chiese di prestargli quell’abito che portava. Lo indossò sopra il suo e, fatta una specie di sotto cintura, adattò le pieghe della tonaca e il cappuccio sul capo e su tutto il corpo, con quei gesti che pensava avrebbero fatto i suoi figli; poi, con il capo studiosamente sostenuto e rigonfiando il petto, incominciò a camminare con superbiosa maturità e a salutare con un boato di voce i frati, che erano pieni di stupore davanti a quel suo aspetto, con voce gonfiata e insipida: «Buona gente, il Signore vi doni la pace!». Fatto questo, in fervore di spirito, con segni di ira, ingiuriosamente estraendo quell’abito, lo gettò lontano e disse a Elia, mentre tutti gli altri erano in ascolto: «Così cammineranno i bastardi dell’ordine!». Poi nel suo abito spregevole, corto e stretto, nel quale, come gli altri primi frati, sembravano dei crocifissi al mondo, mutato il volto in pia mansuetudine e cambiati tutti i gesti del corpo in segni di carità pia e di umiltà profonda, cominciò a passeggiare tra i medesimi frati e a salutarli con sì grande affetto, donando loro la salutare pace del Signore, che l’affetto salutare sembrava risplendere nel volto di lui. E disse a Elia e agli altri frati: «Questo è il modo di camminare dei miei frati legittimi!». Poi si sedette in mezzo a loro e cominciò a esortarli con parole emcaci a conservare la sua povertà e viltà e ad aprire la loro mente sui mali che stavano per invadere e proliferare.
Con un balzo di quasi mille anni, ci troviamo ai giorni nostri. Un’epoca tanto forte quanto meravigliosa. Abbiamo appena conosciuto una pandemia, evento che l’umanità aveva dimenticato da quasi un secolo. Dopo decenni, siamo stati costretti a riscoprire concetti bellici come il coprifuoco e a fare l’abitudine a tristi bollettini quotidiani con il freddo conto di vittime e malati. Eppure, negli spazi stretti delle nostre case, siamo stati capaci di riscoprire affetti ed emozioni che avevamo accantonato. Abbiamo dato più importanza ai gesti, agli sguardi. Grazie alla mancanza, siamo stati in grado di dare nuovo valore a una stretta di mano, a un abbraccio, a una carezza. L’amore verso i nostri cari ha riempito le lunghe giornate di nuova linfa vitale, ha dato un senso alla nostra vita e ha permesso di non lasciarci andare allo sconforto. Stella cometa, faro illuminante e costante fonte d’ispirazione è stato quel pontefice che del Santo di Assisi ha preso il nome, Francesco. Papa Bergoglio, nel momento straordinario di preghiera in piazza San Pietro, il 27 marzo 2020, ci ha ricordato come «nessuno si salva da solo».
Quando la pandemia è esplosa avevamo da poco cominciato un cammino, nato un po’ per caso, di brevi chiacchierate mattutine, in diretta sulla nostra pagina Facebook. Il saluto iniziale era sempre lo stesso: «Buongiorno brava gente». Giorno dopo giorno, passo dopo passo, l’attenzione delle persone è stata sempre più grande, il confronto e il conforto che ci siarno dati reciprocamente sempre più forte e intenso. Nessuno si salva da solo! La tecnologia, i social network ci hanno permesso di non sentirci soli, di farci comunità, alla luce del Vangelo e delle parole e dell’esperienza di san Francesco.
Abbiamo riscoperto che il modo per affrontare le dificoltà della vita è camminare insieme e cogliere in ogni aspetto ciò che c’è di buono. La bontà è la chiave di tutto. Cogliere lo specchio di perfezione che c’è in tutti i granelli della vita. Come Francesco d’Assisi, che trovava in ogni frate un aspetto positivo: in Leone la purezza, in Angelo la cortesia, in Bernardo la fede, in Egidio la mente elevata, in Masseo il buon senso e l’aspetto attraente. Tutti insieme andavano a comporre quello che sarebbe stato il frate perfetto, descritto come somma dei distinti caratteri di un’unica vocazione.
Troviamo la pace in ciò che facciamo per gli altri e in ciò che gli altri fanno per noi. Diventiamo strumenti di pace. Impariamo a disinquinare l’aria e a darci fiducia l’uno con l’altro, perché ogni giorno sia un buon giorno.
Buon cammino brava gente.
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