L’amore fraterno: forza esplosiva, contagiosa, missionaria
Atti 14,21-27; Salmo 144; Apocalisse 21,1-5; Giovanni 13,31-33a.34-35
Riflessioni
Tradimento e glorificazione: il Vangelo presenta due momenti contrastanti, umanamente inconciliabili. Durante l’ultima Cena, Giuda esce dal Cenacolo portando in cuore il suo mistero: in quella tragica notte (v. 30) consuma il tradimento. Eppure, Gesù parla con insistenza della sua ‘glorificazione’: ne parla ben cinque volte (v. 31-32). Il contrasto è paradossale: mancano appena poche ore alla cattura e alla morte in croce, eppure Gesù si ostina a parlare di glorificazione. La sua gloria è il momento stesso della morte-risurrezione, come il chicco di grano che cade in terra e muore per dare molto frutto (cfr. Gv 12,24.20-21). Essere chicco di grano è la sua carta d’identità. Strana gloria che si esprime nella folle umiliazione della croce! Con la sua morte-risurrezione Gesù rivela quanto è grande l’amore di Dio che salva tutti.
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Alla luce di questo amore divino che oltrepassa ogni misura, si percepisce la grandezza del comandamento nuovo (v. 34), che Gesù lascia ai suoi ‘figlioli-discepoli’ come distintivo di riconoscimento: “come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (v. 34-35). Gesù insiste sull’amore vicendevole -lo ripete tre volte in due versetti- ne fa il suo testamento spirituale, è un comando che Egli, a ragione, definisce “nuovo”. È il progetto di vita, che Gesù lascia ai discepoli; l’unico loro distintivo!
L’Antico Testamento prescriveva: “amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18). Gesù va oltre.
1. Anzitutto, la Sua misura non è più solo il “come te stesso”, con le incertezze e gli errori propri dell’egoismo, ma il “come io ho amato voi”; con la certezza e la misura senza misura dell’amore divino. Amare “come”, al modo di Gesù: questa è la novità, l’originalità del cristiano. Gesù non dice quanto dobbiamo amare, ma ci propone il suo stile, il modo come Lui ha amato: il suo amore è servizio, misericordia, tenerezza, perdono… Di questi esempi sono pieni i Vangeli.
2. L’amore che Gesù propone è nuovo, perché è completamente gratuito: non va in cerca di motivi per amare, ama anche chi non lo merita o non può ricambiare, ama anche chi ti fa del male…
3. È nuovo, perché Gesù non dice solo “amatevi”, ma “amatevi gli uni gli altri”. Per Gesù l’amore è relazione, reciprocità; l’amore non è solo dare, ma anche saper ricevere, ascoltare, lasciarsi amare.
4. Si tratta di un comandamento nuovo, perché “nessuno prima di Gesù ha mai tentato di costruire una società basata su un amore come il suo. La comunità cristiana è posta così come alternativa, come proposta nuova a tutte le società vecchie del mondo, a quelle basate sulla competizione, sulla meritocrazia, sul denaro, sul potere. È questo amore che deve ‘glorificare’ i discepoli di Cristo” (F. Armellini). È un nuovo principio associativo, una forza speciale di aggregazione. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli…” (v. 35). Gesù non ha detto di portare una divisa particolare o un distintivo; ha detto semplicemente: vi riconosceranno da come vi amate. L’amore vicendevole e gratuito ha una irresistibile, contagiosa ed esplosiva forza di irradiazione missionaria. L’amore vicendevole si alimenta nel perdono, riconciliazione, sopportazione, donazione di sé, opzione per gli ultimi, rifiuto della violenza, opera di pace… Dei primi cristiani la gente diceva: “Guarda come si amano”!
Solo l’amore è capace di ispirare e tessere rapporti nuovi e vitalizzanti fra le persone; solo la rivoluzione dell’amore è capace di trasformare le persone e, quindi, le istituzioni. Lo insegnava così anche Raoul Follereau, ‘apostolo dei lebbrosi e vagabondo della carità’: «Il mondo ha solo due possibili destini: amarsi o scomparire. Noi abbiamo scelto l’amore. Non un amore che si accontenti di piagnucolare sui mali degli altri, ma un amore da combattimento, un amore-rivolta. Per il suo avvento, per il suo regno, noi lotteremo senza posa e senza sosta. Bisogna aiutare il giorno a spuntare». È questo il senso profondo di una vita donata nel sacerdozio, la consacrazione religiosa, la vita missionaria. (*)
Chi fa sua questa sfida accetta l’utopia di “un cielo nuovo e una terra nuova” (II lettura), entra nella nuova “tenda di Dio con gli uomini” (v. 3), dove saranno bandite le lacrime, la morte, gli affanni (v. 4), per la fede in Colui che ha la forza di far “nuove tutte le cose” (v. 5). Inclusa una società nuova che si basa e ha come obiettivo la civiltà dell’amore. Anche il viaggio missionario di Paolo e Barnaba (I lettura) aveva questo obiettivo: aprire “ai pagani la porta della fede” (v. 27), esortare i discepoli a “restare saldi nella fede, perché dobbiamo entrare nel Regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (v. 22). Questo viaggio (Atti 13-14) è una pagina intensa e stimolante di metodologia missionaria: per il modo come la comunità cristiana di Antiochia sceglie i missionari da inviare, per il coraggio (parresía) di Paolo e Barnaba nel dare il primo annuncio del Vangelo di Gesù a giudei e a pagani, per la costituzione di nuove comunità ecclesiali e la designazione di alcuni presbiteri come loro guide, per le nuove frontiere geografiche di evangelizzazione oltre i territori usuali dell’Antico Testamento e dei Vangeli, per il confronto con la comunità di Antiochia al loro rientro… In sintesi, un modello di prassi missionaria!
Parola del Papa
(*) «La parola “vocazione” non va intesa in senso restrittivo, riferendola solo a coloro che seguono il Signore sulla via di una particolare consacrazione. Tutti siamo chiamati a partecipare della missione di Cristo di riunire l’umanità dispersa e di riconciliarla con Dio. Più in generale, ogni persona umana, prima ancora di vivere l’incontro con Cristo e abbracciare la fede cristiana, riceve con il dono della vita una chiamata fondamentale: ciascuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio, per la quale Egli ha avuto un pensiero unico e speciale, e questa scintilla divina, che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, siamo chiamati a svilupparla nel corso della nostra vita, contribuendo a far crescere un’umanità animata dall’amore e dall’accoglienza reciproca. Siamo chiamati a essere custodi gli uni degli altri, a costruire legami di concordia e di condivisione, a curare le ferite del creato perché non venga distrutta la sua bellezza. Insomma, a diventare un’unica famiglia nella meravigliosa casa comune del creato».
Papa Francesco
Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 2022
P. Romeo Ballan, MCCJ