Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la terza Predica di Avvento sul tema: โSollevate, porte, i vostri frontaliโ (Sal 24, 7-8). Fede, Speranza e Caritร : le tre porte da aprire a Cristo che viene.
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La porta della fede
Un Dio da amare o un Dio che ama?
Sollevate, porte, i vostri frontali, apritevi, porte antiche, ed entri il re della gloriaโ . Santo Padre, Venerabili Padri, fratelli e sorelle, nel nostro intento di aprire le porte a Cristo che viene, siamo giunti alla porta piรน interna del โcastello interioreโ, quella della virtรน teologale della caritร .
Ma che significa aprire a Cristo la porta dellโamore? Significa, forse, prendere, noi, lโiniziativa di amare Dio? Cosรฌ avrebbero risposto i filosofi pagani, in base alla concezione che avevano dellโamore di Dio. โDio โ diceva Aristotele โ muove il mondo in quanto รจ amatoโ . In quanto รจ amato, si badi bene, non in quanto ama! Questa visione filosofica รจ stata rovesciata completamente nel Nuovo Testamento:
In questo sta lโamore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma รจ lui che ha amato noi
e ha mandato il suo figlio โฆNoi amiamo perchรฉ egli ci ha amato per primo (1 Gv 4, 10. 19).
Henri de Lubac ha scritto: โOccorre che il mondo lo sappia: la rivelazione dellโAmore sconvolge tutto quello che esso aveva concepito della divinitร โ . A tuttโoggi non abbiamo finito (e non si finirร mai) di trarre tutte le sue conseguenze dalla rivoluzione evangelica su Dio come amore. Lo Spirito Santo โ ci insegna santโIreneo โ ringiovanisce continuamente il tesoro della rivelazione, insieme con il vaso che lo contiene che รจ la tradizione della Chiesa. Con il suo aiuto, cerchiamo di capire qual รจ, circa la virtรน teologale della caritร , la conseguenza da scoprire e soprattutto da vivere.
Esistono innumerevoli trattati sul dovere e sui gradi dellโamore di Dio, in altre parole, sul โDio da amareโ, De diligendo Deo ; non conosco trattati sul Dio che ama! La Bibbia รจ, essa stessa, un trattato sul Dio che ama; ma, nonostante ciรฒ, quasi sempre, quando si parla di โamore di Dioโ, Dio รจ lโoggetto, non il soggetto della frase.
Ora รจ ben vero che quello di amare Dio con tutte le forze รจ โil primo e piรน grande comandamentoโ. Questa รจ certamente la prima cosa nellโordine dei comandamenti; ma lโordine dei comandamenti non รจ il primo ordine, quello che sta in cima a tutto! Prima dellโordine dei comandamenti, cโรจ lโordine della grazia, cioรจ dellโamore gratuito di Dio. Il comandamento stesso si fonda sul dono; il dovere dโamare Dio si fonda sullโessere amati da Dio: โNoi amiamo perchรฉ egli ci ha amato per primoโ, ci ha appena ricordato lโevangelista Giovanni. Questa รจ la novitร della fede cristiana rispetto a ogni etica basata sul โdovereโ, o sullโโimperativo categoricoโ. Non bisognerebbe mai perderlo di vista.
Noi abbiamo creduto allโamore di Dio
Aprire a Cristo la porta dellโamore significa dunque una cosa ben precisa: accogliere lโamore di Dio, credere nellโamore. โNoi abbiamo riconosciuto e creduto allโamore che Dio ha per noiโ, scrive Giovanni nello stesso contesto (1 Gv 4, 16). Natale รจ la manifestazione โ alla lettera, lโepifania โ della bontร e dellโamore di Dio per il mondo: โร apparsa (epephane) la grazia di Dio apportatrice di salvezzaโ, scrive san Paolo. E ancora: โ Si sono manifestate la bontร di Dio e il suo amore per gli uominiโ (Tt 2, 11; 3, 4).
La cosa piรน importante da fare a Natale รจ ricevere con stupore il dono infinito dellโamore di Dio. Quando si riceve un dono, non รจ delicato presentare immediatamente, con lโaltra mano, il proprio dono, magari giร preparato in anticipo. Si dร , inevitabilmente, lโimpressione di volersi subito sdebitare. Bisogna, prima, fare onore al dono che si riceve e al suo donatore, con lo stupore e la gratitudine. Dopo โ quasi vergognandosi e con pudore โ si puรฒ aprire il proprio dono, come fosse nulla in confronto a ciรฒ che si รจ ricevuto. (Nei confronti di Dio, il nostro dono รจ, in realtร , meno che nulla!).
Quello che dobbiamo fare, come prima cosa, a Natale รจ credere allโamore di Dio per noi. Lโatto di caritร tradizionale, almeno nella recita privata e personale, non dovrebbe cominciare con le parole: โMio Dio, ti amo con tutto il cuoreโ, ma โMio Dio, credo con tutto il cuore che tu mi amiโ.
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Sembra una cosa facile. Invece รจ tra le cose piรน difficili al mondo. Lโuomo รจ piรน incline ad essere attivo che passivo, a fare, piรน che a lasciarsi fare. Inconsciamente non vogliamo essere debitori, ma creditori; vogliamo, sรฌ, lโamore di Dio, ma come premio, piuttosto che come dono. Cosรฌ, perรฒ, si opera insensibilmente uno slittamento e un capovolgimento: al primo posto, in cima a tutto, al posto del dono, viene messo il dovere, al posto della grazia, la legge, al posto della fede, le opere.
โNoi abbiamo creduto allโamore!โ: questo รจ un grido per il quale bisogna raccogliere tutte le forze e farsi violenza. Io la chiamo โfede incredulaโ: fede che non sa capacitarsi di quello che crede, anche se lo crede. Dio โ lโEterno, lโEssere, il Tutto โ ama me e ha cura di me, piccolo nulla sperduto nellโimmensitร dellโuniverso e della storia! โIl naufragar mโรจ dolce in questo mareโ, ci sarebbe da esclamare con il poeta Leopardi .
Bisogna diventare bambini per credere allโamore. I bambini credono allโamore, ma non in base a un ragionamento. Per istinto, per natura. Nascono pieni di fiducia nellโamore dei genitori. Chiedono ai genitori le cose di cui hanno bisogno, magari anche pestando i piedi, ma il presupposto tacito non รจ che se lo sono guadagnato; รจ che sono i figli e che un giorno saranno gli eredi di tutto. ร soprattutto per questo motivo che Gesรบ raccomanda cosรฌ spesso di diventare come i bambini per entrare nel suo Regno.
Ma non รจ facile tornare bambini. Lโesperienza, le amarezze, le delusioni della vita ci rendono cauti, prudenti, a volte cinici. Somigliamo un poโ tutti a Nicodemo. โCome puรฒ un uomo โ pensiamo โ rinascere quando รจ vecchio?โ (Gv 3, 4). Come possiamo rinascere, tornare ad entusiasmarci, stupirci a Natale come i bambini? Ma cosa rispose Gesรน a Nicodemo? โIn veritร , in veritร ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non puรฒ entrare nel regno di Dioโ (Gv 3, 5).
Questo non รจ risultato di sforzo e velleitร umana, o eccitazione del cuore; รจ opera dello Spirito Santo. Gesรน non parla qui solo del battesimo; perlomeno non solo del battesimo di acqua. Si tratta di una rinascita e di un battesimo โnello Spiritoโ, o โdallโaltoโ (Gv 3, 3), che puรฒ rinnovarsi piรน volte nellโarco della vita. Fu quello che gli apostoli e i discepoli sperimentarono a Pentecoste e che anche noi dovremmo desiderare per conoscere in qualche misura quella โnovella Pentecosteโ che papa san Giovanni XXIII chiese a Dio per tutta la Chiesa nellโannunciare il Concilio.
Lโessenziale della Pentecoste รจ racchiuso in queste parole del versetto 4 del capitolo secondo degli Atti: โEssi furono tutti pieni di Spirito Santoโ. Cosa vuol dire questa breve frase che abbiamo ascoltato migliaia di volte? โFurono tutti pieni di Spirito Santoโ: dโaccordo: ma cosโรจ lo Spirito Santo? ร lโamore โ dice la teologia โ con cui il Padre ama il Figlio e con cui il Figlio ama il Padre. Piรน liberamente diciamo: รจ la vita, la dolcezza, il fuoco, la beatitudine che scorre nella Trinitร , perchรฉ lโamore รจ tutte queste cose insieme e in grado infinito.
Dire dunque che โtutti furono pieni di Spirito Santoโ รจ come dire che tutti furono pieni dellโamore di Dio. Fecero una esperienza travolgente di essere amati da Dio. Morendo, Cristo aveva distrutto il muro divisorio del peccato e ora lโamore di Dio poteva finalmente riversarsi sugli apostoli e i discepoli, sommergendoli in un oceano di pace e di felicitร . Dicendo che โlโamore di Dio รจ stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci รจ stato datoโ (Rm 5, 5), san Paolo non fa che descrivere โ in forma sintetica, anzichรฉ narrativa โ lโevento di Pentecoste, attualizzato, per ognuno, nel battesimo.
Lโamore di Dio ha un aspetto oggettivo che chiamiamo grazia santificante, o caritร infusa, ma comporta anche un elemento soggettivo, una ripercussione esistenziale, come รจ nella natura stessa dellโamore. Non si trattรฒ, come siamo portati a pensare, di qualcosa di puramente oggettivo, o ontologico, di cui lโinteressato non ha alcuna coscienza. Il dono del โcuore nuovoโ non avvenne in anestesia totale, come i normali trapianti di cuore! Lo vediamo dal cambiamento improvviso che si opera in loro. Niente piรน timori, rivalitร , timidezza; uomini nuovi, pronti a lanciarsi per le vie del mondo e dare la vita per Cristo.
โLa caritร edificaโ
Il discorso sulla virtรน teologale dellโamore non si conclude, certamente, a questo punto. Esso sarebbe un discorso incompiuto, come una protasi non seguita dallโapodosi. La protasi รจ: โSe Dio ci ha tanto amato โฆโ; lโapodosi, o la conseguenza, รจ: โanche noi dobbiamo amarlo e amarci tra di noiโ. Ma abbiamo tante occasioni di parlare dellโesercizio della caritร che per una volta possiamo lasciare da parte il โdovereโ per occuparci solo del โdonoโ. Mi limito solo a qualche breve considerazione sul risvolto sociale ed ecclesiale della virtรน teologale della caritร .
Di essa si dice che โedificaโ: โla scienza gonfia, la caritร edificaโ (1 Cor 8, 2). Edifica anzitutto lโedificio di Dio che รจ la Chiesa. โVivendo secondo la veritร nella caritร , cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui che รจ il capo, Cristo, dal quale tutto il corpoโฆriceve forza per crescere, in modo da edificare se stesso nella caritร โ (Ef 4, 15-16).
La caritร รจ ciรฒ che costituisce la realtร invisibile della Chiesa, la societas sanctorum, o comunione dei santi, come la chiama Agostino. ร la realtร del sacramento (la res sacramenti), il significato del segno che รจ la Chiesa visibile. โLa caritร rimaneโ, dice san Paolo (1 Cor 13,13). ร lโunica che rimane. Cessate le Scritture, la fede, la speranza, i carismi, i ministeri e tutto il resto, rimane la caritร . Tutto scomparirร , come quando si smonta lโimpalcatura che รจ servita a costruire un edificio e questo appare in tutto il suo splendore.
Per un certo tempo, nellโantichitร , si usรฒ designare con il semplice termine di caritร , agape, lโintera realtร della Chiesa. Questo richiama subito alla mente il detto famoso di santโIgnazio di Antiochia: โLa Chiesa di Roma รจ quella che presiede alla caritร (agape)โ . Questa frase viene utilizzata di solito in funzione del primato di Roma e del papa. Ma essa non afferma solo il fatto del primato (โpresiedeโ), ma anche la sua natura, o il modo di esercitarlo (โnella caritร โ). ร quello che la Chiesa di Roma ha fatto nei suoi momenti migliori e che oggi certamente intende fare, avendo scelto โ anche nella nuova costituzione Praedicate Evangelium โ il dialogo fraterno, la sinodalitร e il servizio come metodo di governo..
La caritร non edifica perรฒ soltanto la societร spirituale che รจ la Chiesa, ma anche la societร civile. Nellโopera La cittร di Dio, santโAgostino spiega che nella storia coesistono due cittร : la cittร di Satana, simboleggiata da Babilonia, e la cittร di Dio, simboleggiata da Gerusalemme. Ciรฒ che distingue le due societร รจ il diverso amore da cui sono mosse. La prima ha per movente lโamore di sรฉ spinto fino al disprezzo di Dio (amor sui usque ad contemptum Dei), la seconda ha per movente lโamore di Dio spinto fino al disprezzo di sรฉ (amor Dei usque ad contemptum sui).
Lโopposizione, in questo caso, รจ tra lโamore di Dio e lโamor di se stessi. In unโaltra opera, tuttavia, santโAgostino corregge in parte questa contrapposizione, o almeno la riequilibra. La vera contrapposizione che caratterizza le due cittร non รจ tra lโamore di Dio e lโamore di sรฉ. Questi due amori, intesi correttamente, possono โanzi, devono โ esistere insieme. No, la vera contrapposizione รจ quella interna allโamore di sรฉ, ed รจ la contraddizione tra lโamore esclusivo di sรฉ โ lโamor privatus, come lo chiama lui -, e lโamore del bene comune โ lโ amor socialis . ร lโamore privato โ cioรจ lโegoismo โ che crea la cittร di satana, Babilonia , ed รจ lโamore sociale che crea la cittร di Dio dove regna la concordia e la pace.
Il sentimento sociale รจ nato sul suolo irrigato dal Vangelo, ed รจ strano che in epoca moderna tale conquista sia stata usata come un argomento da gettare in faccia al cristianesimo. Nei primi secoli e per tutto il medioevo il mezzo per eccellenza, per agire nel sociale e venire incontro ai poveri, era lโelemosina. Essa รจ un valore biblico e conserva sempre la sua attualitร . Non puรฒ piรน, perรฒ, essere proposto come il modo ordinario di praticare lโamore sociale, o lโamore del bene comune, perchรฉ non salvaguarda la dignitร del povero e lo mantiene nel suo stato di dipendenza.
Spetta ai politici e agli economisti avviare processi strutturali che riducano lo scandaloso divario tra un ridotto numero di ricchissimi e lo sterminato numero dei diseredati della terra. Il mezzo ordinario per i cristiani รจ creare le premesse nel cuore dellโuomo perchรฉ questo avvenga. Per chi รจ impegnato nel sociale si tratta di promuovere la cosiddetta โdottrina sociale della Chiesaโ. Per gli imprenditori cristiani, per esempio, รจ creare posti di lavoro, come ha ribadito il Santo Padre, nellโincontro di Assisi del Settembre scorso, ai giovani economisti che si ispirano al suo insegnamento.
Solo lโamore ci puรฒ salvare
Vorrei, prima di concludere, accennare a unโaltra ricaduta benefica della virtรน teologale della caritร sulla societร in cui viviamo. La grazia, dice un famoso assioma teologico, suppone la natura, non la distrugge, ma la perfeziona . Applicato alla terza virtรน teologale, ciรฒ significa che la caritร suppone la capacitร e la predisposizione naturale dellโessere umano ad amare ed essere amato. Questa capacitร ci puรฒ salvare oggi da una tendenza in atto che porterebbe, se non corretta, a una vera e propria โdisumanizzazioneโ.
Partecipai qualche anno fa a un dibattito pubblico a Londra. La moderatrice poneva una serie di domande a un certo numero di teologi, tra i quali un professore di teologia dellโuniversitร americana di Yale, un vescovo e un teologo anglicani e il sottoscritto. La domanda cruciale era la seguente. Dopo aver rimpiazzato le capacitร operative dellโuomo con i robot, la tecnica รจ ormai sul punto di rimpiazzare anche le sue capacitร mentali con lโintelligenza artificiale. Cosa resta, dunque, di proprio ed esclusivo allโessere umano? Cโรจ ancora motivo di considerarlo a parte nellโuniverso? ร ancora indispensabile, o non piuttosto nocivo, per natura?
Quando venne il mio turno di rispondere, con il mio povero e stentato inglese, aggiunsi una semplice riflessione. Si sta lavorando, dissi, a un computer che pensa: ma riusciamo a immaginare un computer che ama, che si intenerisce per le nostre pene e si rallegra per le nostre gioie? Possiamo concepire una intelligenza artificiale: ma riusciamo a concepire un amore artificiale? Forse รจ allora proprio qui che dobbiamo collocare lo specifico dellโumano e il suo inalienabile attributo. Per un credente biblico, cโรจ una ragione che spiega questo fatto: รจ che siamo stati creati a immagine di Dio, e โ Dio รจ amoreโ! (1 Gv 4, 8).
Nonostante tutti i nostri errori e misfatti, noi esseri umani non siamo โ e non saremo mai โ di troppo sulla terra! Al termine delle sue riflessioni filosofiche sul pericolo della tecnica per lโuomo moderno, Martin Heidegger, quasi gettando la spugna, esclamava: โSolo un dio ci puรฒ salvare!โ Possiamo parafrasare: solo lโamore ci puรฒ salvare! Lโamore di Dio, perรฒ, non certo il nostro.
โUn Bambino รจ nato per noiโ
Volgiamo ormai i nostri pensieri al Natale che รจ alle porte. Con la venuta di Cristo, il grande fiume della storia รจ arrivato a una โchiusaโ e riparte a un livello piรน alto. โLe cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuoveโ (2 Cor 5, 17). ร colmato il grande โdislivelloโ che separava Dio dallโuomo, il Creatore dalla creatura. Non per nulla, da allora in poi, la storia umana si divide in โprima di Cristoโ e โdopo Cristoโ.
Esistono immaginette natalizie ingenue, ma dal significato profondo. In esse, si vede Gesรน Bambino che, scalzo, con la neve intorno ai piedi e una lanternina in mano, di notte, dopo aver bussato sta in attesa davanti a una porta. I pagani immaginavano lโamore come un fanciullino a cui davano il nome di Eros. Si trattava di una rappresentazione simbolica, anzi di un vero e proprio idolo. Noi sappiamo che lโamore รจ davvero diventato un bambino; che esso รจ ormai una realtร , un evento, anzi una persona. โLโamore del Padre si รจ fatto carneโ, cosรฌ parafrasava il versetto di Giovanni 1,14 un autore del II secolo . Lโamore si รจ fatto davvero bambino: il bambino Gesรน.
โEcco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno mi apre la porta, io verrรฒ da lui, cenerรฒ con lui ed egli con meโ (Ap 3, 20). Apriamo la porta del cuore a quel Bambino che bussa. La cosa piรน bella che possiamo fare a Natale non รจ, dicevo, offrire noi qualcosa a Dio, ma accogliere con stupore il dono che Dio Padre fa al mondo del suo stesso Figlio.
Dice una leggenda che tra i pastori che la notte di Natale si recarono a trovare il Bambino, vi era un pastorello cosรฌ povero che non aveva proprio nulla da offrire alla Madre, e se ne stava in disparte vergognoso. Tutti facevano a gara a consegnare a Maria il proprio dono. La Madre non riusciva a trattenerli tutti, dovendo reggere il Bambino Gesรน tra le braccia. Allora, vedendo lรฌ accanto il pastorello con le mani vuote, prende il Bambino e glielo mette tra le braccia. Non avere nulla fu la sua fortuna. Facciamo che sia anche la nostra!
Uniamoci allo stupore e alla gioia della liturgia che a Natale ripete โ come fatto compiuto e non piรน semplice profezia โ le parole di Isaia (9, 5):
Un bambino รจ nato per noi;
e un Figlio ci รจ stato dato.
Sulle sue spalle รจ il potere
e il suo nome sarร :
Consigliere mirabile,
Dio potente,
Padre per sempre,
Principe della pace.
Santo Padre, Venerabili Padri, fratelli e sorelle: BUON NATALE!
1.Aristotele, Metafisica, XII, 7, 1072b.
2.Henri de Lubac, Histoire et Esprit, Aubier, Paris 1950, cap. V.
3.Giacomo Leopardi, Lโinfinito.
4.Ignazio dโAntiochia, Lettera ai Romani, saluto iniziale.
5.Agostino, De civitate Dei, 14,28.
6.Agostino, De Genesi ad litteram, 11, 15, 20 (PL 32, 582).
7.Tommaso dโAquino, S.Th. I, q. 2. a. 2 ad 1 (gratia [praesupponit] naturamโ); I, q. 1, a. 8, ad 2 (gratia non tollit naturam, sed perficit).
8.Martin Heidegger, Antwort. Martin Heidegger im Gesprรคch, Gesamtausgabe, vol. 16, Frankfurt 1975.
9.Evangelium Veritatis, 23 (I Vangeli gnostici, a cura di L. Moraldi, Milano, Adelphi, 1984, p.33).