Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: ยซInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreยป (Salmo 90,12). Dopo il video, il testo della predica (fonte).
โIn mezzo a voi cโรจ uno che voi non conoscete!โ Eโ il grido triste di Giovanni Battista ascoltato nel Vangelo della Terza Domenica di Avvento che vorremmo far risuonare in questo ultimo incontro prima del Natale.
Nel memorabile messaggio Urbi et orbi del 27 Marzo scorso in Piazza San Pietro, dopo aver letto il vangelo della tempesta sedata, il Santo Padre si chiedeva in che cosa era consistita la โpoca fedeโ che Gesรบ rimprovera ai discepoli, e spiegava:
Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: โMaestro, non tโimporta che siamo perduti?โ (Mc 4,38). Non tโimporta: pensano che Gesรน si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa piรน male รจ quando ci sentiamo dire: โNon tโimporta di me?โ. ร una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrร scosso anche Gesรน. Perchรฉ a nessuno piรน che a Lui importa di noi.
Possiamo scorgere anche unโaltra sfumatura nel rimprovero di Gesรบ. Non avevano capito chi era colui che stava con loro sulla barca; non avevano capito che, con lui dentro, la barca non poteva affondare perchรฉ Dio non puรฒ perire. Noi discepoli di oggi commetteremmo lo stesso errore degli apostoli e meriteremmo lo stesso rimprovero di Gesรบ se nella violenta tempesta che si รจ abbattuta sul mondo con la pandemia ci dimenticassimo che non siamo soli nella barca e in balia delle onde.
La festa del Natale ci permette di allargare lโorizzonte: dal mare di Galilea al mondo intero, dagli apostoli a noi: โIl Verbo si รจ fatto carne ed รจ venuto ad abitare in mezzo a noiโ (Gv 1,14). Il verbo greco allโaoristo, eskenosen (alla lettera, โha piantato la tendaโ) esprime lโidea di unโazione compiuta e irreversibile. Il Figlio di Dio รจ sceso su questa terra e Dio non puรฒ perire. Il cristiano puรฒ proclamare con piรน forte ragione del salmista:
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Dio รจ per noi rifugio e fortezza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
Perciรฒ non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare [โฆ]
Dio รจ in mezzo ad essa: non potrร vacillare. (Sal 46 2-4).
โDio รจ con noiโ, cioรจ dalla parte dellโuomo, suo amico e alleato contro le forze del male. Dobbiamo ritrovare il significato primordiale e semplice della incarnazione del Verbo, al di lร di tutte le spiegazioni teologiche e i dogmi costruiti su di essa. Dio รจ venuto ad abitare in mezzo a noi! Ha voluto fare di questo evento il suo nome proprio: Emmanuele, Dio-con-noi. Quello che Isaia aveva profetizzato โEcco: la vergine concepirร e partorirร un figlio, che chiamerร Emmanuele (Is 7, 14) รจ divenuto un fatto compiuto.
Dobbiamo, dicevo, riportarci a prima di tutte le controversie cristologiche del V secolo โ a prima di Efeso e di Calcedonia โ per ritrovare il paradosso e lo scandalo racchiuso nellโaffermazione: โIl Verbo si รจ fatto carneโ. Giova riascoltare la reazione di un pagano colto del II secolo, venuto a conoscenza di quella affermazione dei cristiani. โ Figlio di Dio โ esclamava il filosofo Celso inorridito โ un uomo vissuto pochi anni fa? โ Logos eterno uno โdi ieri o avantieri? โ, un uomo โnato in un borgo della Giudea, da una povera filatrice?โ Non cโรจ da meravigliarsi. Lโunione perfetta della divinitร e dellโumanitร nella persona di Cristo era la piรน grande di tutte le novitร possibili, โlโunica cosa nuova sotto il soleโ, la definisce san Giovanni Damasceno.
La prima grande battaglia che la fede in Cristo ha dovuto affrontare non รจ stata quella della sua divinitร , ma quella della sua umanitร e della veritร dellโincarnazione. Allโorigine di questo rifiuto cโera il dogma di Platone secondo cui โnessun Dio si mescola con lโuomoโ . SantโAgostino ha scoperto, per propria esperienza, la radice ultima della difficoltร di credere nellโincarnazione, e cioรจ la mancanza di umiltร . โNon essendo umile โ scrive nelle Confessioni โ non comprendevo lโumiltร di Dioโ .
La sua esperienza ci aiuta a capire la radice ultima dellโateismo moderno e ci indica lโunico modo possibile per superarlo. A partire da Hermann Samuel Reimarus nel secolo XVIII, รจ stato tutto un assalto alla veritร storica del Vangelo e alla divinitร di Cristo. Gesรบ ha detto: โIo sono la via, la veritร e la vita. Nessuno viene al Padre, se non per mezzo di meโ (Gv 14,6). Una volta dichiarata impercorribile questa unica via di accesso a Dio, รจ stato facile passare prima al deismo e poi allโateismo.
Lโesperienza di Agostino โ dicevo โ indica anche la via per superare lโostacolo: deporre lโorgoglio e accettare lโumiltร di Dio. โTi rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perchรฉ hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoliโ (Mt 11,25): tutta la storia dellโincredulitร umana รจ spiegata da queste parole di Cristo. Lโumiltร fornisce la chiave per capire lโincarnazione. Ci vuole poca potenza per mettersi in mostra; ce ne vuole molta, invece, per mettersi da parte e cancellarsi. Dio รจ questa illimitata potenza di nascondimento di sรฉ: โSpogliรฒ se stesso, assumendo la forma di servoโฆUmiliรฒ se stesso facendosi obbediente fino alla morteโ (Fil 2, 7-8).
Dio รจ amore, per questo รจ umiltร ! Lโamore crea dipendenza dalla persona amata, una dipendenza che non umilia, ma rende felici. Le due frasi โDio รจ amoreโ e โ Dio รจ umiltร โ sono come due facce della stessa medaglia. Ma che significa la parola umiltร applicata a Dio e in che senso Gesรบ puรฒ dire: โImparate da me che sono mite ed umile di cuoreโ (Mt 11, 29)? La spiegazione รจ che lโumiltร essenziale non consiste nellโessere piccoli (si puรฒ essere piccoli di fatto senza essere umili); non consiste nel ritenersi piccoli (ciรฒ puรฒ dipendere da una cattiva idea di sรฉ); non consiste nel proclamarsi piccoli (lo si puรฒ dire senza crederlo); consiste nel farsi piccoli e farsi piccoli per amore, per elevare gli altri. In questo senso, veramente umile รจ soltanto Dio.
Chi รจ come il Signore, nostro Dio,
che siede nellโalto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?
Solleva dalla polvere il debole,
dallโimmondizia rialza il povero (Sal 113, 5-7),
Lo aveva capito, senza tanti studi, Francesco dโAssisi che nelle sue โLodi di Dio Altissimoโ, a un certo punto, rivolto a Dio dice: โTu sei umiltร !โ e nella sua โLettera a tutto lโOrdineโ esclama: โGuardate, fratelli, lโumiltร di Dioโ. Ogni giorno -scrive in una delle sue Ammonizioni โ egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergineโ .
Natale รจ la festa dellโumiltร di Dio. Per celebrarla in spirito e veritร dobbiamo farci piccoli, come ci si deve abbassare per entrare per la porta angusta che immette nella Basilica della Nativitร a Betlemme.
โIn mezzo a voi cโรจ uno che voi non conoscete!โ
Ma ritorniamo al cuore del mistero: โIl Verbo si รจ fatto carne ed รจ venuto ad abitare in mezzo a noiโ. Dio รจ con noi per sempre, irrevocabilmente. Questo รจ, dโora in poi, lโoggetto centrale della profezia cristiana. Zaccaria saluta il Precursore chiamandolo โprofeta dellโaltissimoโ (Lc 1, 76) e Gesรบ dice di lui che รจ โpiรน che un profetaโ (Mt 11, 9). Ma in che senso Giovanni Battista รจ un profeta? Dovโรจ la profezia nel caso suo? I profeti biblici annunciavano una salvezza futura; Giovanni Battista non annuncia una salvezza futura; addita, al contrario, uno che รจ presente lรฌ davanti a lui. I profeti antichi aiutavano il popolo a oltrepassare la barriera del tempo; Giovanni Battista aiuta il popolo ad oltrepassare la barriera, ancora piรน spessa, delle apparenze contrarie. Il Messia tanto atteso โ aspettato dai patriarchi, annunciato dai profeti, cantato dai salmi โ sarebbe dunque quellโuomo dalle apparenze e dalle origini cosรฌ umili e ordinarie, di cui si sa tutto, compreso il paese di origine?
ร relativamente facile credere a qualcosa di grandioso e di divino, quando si prospetta in un futuro indefinito: โin quei giorniโ, โnegli ultimi tempiโ, in una cornice cosmica, con i cieli che stillano dolcezza e la terra che si apre per fare germogliare il Salvatore (cf. Is 45,8). ร piรน difficile quando si deve dire: โEccolo! ร lui!โ Si รจ subito tentati di dire: Tutto qui? โDa Nazareth puรฒ venire qualcosa di buono?โ (Gv 1,46); โCostui sappiamo di dovโรจโ (Gv 7, 27).
Questo era un compito profetico sovrumano e si capisce perchรฉ il Precursore รจ definito โpiรน che un profetaโ. Egli รจ lโuomo che punta il dito verso una persona e pronuncia un perentorio โEcce, Eccolo! โEcco lโAgnello di Dio!โ (Gv 1, 29). Che brivido dovette correre per il corpo di coloro che ricevettero per primi tale rivelazione. Una potente azione dello Spirito Santo accompagnava le parole del Precursore e ne rivelava la veritร ai cuori ben disposti. Passato e futuro, attesa e compimento si toccavano. Lโarco voltaico della storia della salvezza si chiudeva.
Io credo che Giovanni Battista ci ha lasciato il suo stesso compito profetico: continuare a gridare: โIn mezzo a voi cโรจ uno che voi non conoscete!โ (Gv 1,26). Egli ha inaugurato la nuova profezia che non consiste โ dicevo โ nellโannunciare una salvezza futura, ma nel rivelare la presenza di Cristo nella storia: โIo sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondoโ (Mt 28,20). Cristo non รจ presente nella storia soltanto perchรฉ si scrive e si parla continuamente di lui, ma perchรฉ รจ risorto e vive secondo lo Spirito. Non solo intenzionalmente, ma realmente. Lโevangelizzazione comincia da qui.
Al tempo del Battista, ciรฒ che faceva difficoltร era il corpo fisico di Gesรบ, la sua carne cosรฌ simile alla nostra, eccetto il peccato. Oggi รจ soprattutto il suo corpo mistico, la Chiesa, a fare difficoltร e a scandalizzare. Cosรฌ simile al resto dellโumanitร , non escluso neppure il peccato! Come il Precursore fece riconoscere Cristo sotto lโumiltร della carne ai suoi contemporanei, cosรฌ รจ necessario oggi farlo riconoscere nella povertร e nella miseria della sua Chiesa, come pure nella povertร e miseria di ciascuno di noi.
Quello che Paolo aggiunge a Giovanni
Ma dobbiamo aggiungere qualcosa a quanto detto fin qui. Non importa, infatti, sapere soltanto che Dio si รจ fatto uomo; importa sapere anche che tipo di uomo Dio si รจ fatto. ร significativo il modo diverso e complementare in cui Giovanni e Paolo descrivono ognuno lโevento dellโincarnazione. Per Giovanni essa consiste nel fatto che il Verbo che era Dio si รจ fatto carne (cf. Gv 1, 1-14); per Paolo, nel fatto che โCristo, essendo di natura divina, ha assunto la forma di servoโ (cf. Fil 2, 5 ss.). Per Giovanni, il Verbo, essendo Dio, si รจ fatto uomo; per Paolo โCristo, da ricco che era, si รจ fatto poveroโ (cf. 2 Cor 8,9).
La distinzione tra il fatto dellโincarnazione e il modo di essa, tra la sua dimensione ontologica e quella esistenziale, ci interessa perchรฉ getta una luce singolare sul problema attuale della povertร e dellโatteggiamento dei cristiani verso di essa. Aiuta a dare un fondamento biblico e teologico alla scelta preferenziale dei poveri, proclamata nel Concilio Vaticano II. โI Padri conciliari โ scrisse Jean Guitton, osservatore laico al Vaticano II โ hanno ritrovato il sacramento della povertร , cioรจ la presenza di Cristo sotto le specie di coloro che soffronoโ .
Il โsacramentoโ della povertร ! Sono parole forti, ma fondate. Se per il fatto dellโincarnazione, il Verbo ha, in certo senso, assunto ogni uomo (cosรฌ pensavano alcuni Padri greci), per il modo in cui essa si รจ realizzata, egli ha assunto, a un titolo tutto particolare, il povero, lโumile, il sofferente. Ha โistituitoโ questo segno, come ha istituito lโEucaristia. Colui infatti che pronunciรฒ sul pane le parole: โQuesto รจ il mio corpoโ, ha pronunciato le stesse parole anche dei poveri. Lo ha fatto quando, parlando di quello che si รจ fatto โ o si รจ omesso di fare โ per lโaffamato, lโassetato, il prigioniero, lโignudo e lโesule, ha dichiarato solennemente: โLโavete fatto a meโ e โNon lโavete fatto a meโ (Mt 25, 31 ss.).
Traiamo la conseguenza che deriva da tutto ciรฒ sul piano dellโecclesiologia. San Giovanni XXIII, in occasione del Concilio, ha coniato lโespressione โChiesa dei poveriโ . Essa riveste un significato che va al di lร di quello che si intende di solito. La Chiesa dei poveri non รจ costituita solo dai poveri della Chiesa! In un certo senso, tutti i poveri del mondo โ siano essi battezzati o meno โ le appartengono. โMa โ si obbietta โ non hanno avuto la fede, nรฉ ricevuto il battesimo!โ ร vero, ma neppure i Santi Innocenti che festeggiamo dopo Natale li avevano avuti. La loro povertร e sofferenza, se รจ incolpevole, รจ agli occhi di Dio il loro battesimo di sangue. Dio ha molti piรน modi di salvare di quanti ne immaginiamo noi, anche se tutti questi modi โnessuno escluso โ โin un modo noto solo a Dioโ , passano attraverso Cristo.
I poveri sono โdi Cristoโ, non perchรฉ si dichiarano appartenenti a lui, ma perchรฉ lui li ha dichiarati appartenenti a sรฉ, li ha dichiarati suo corpo. Questo non vuol dire che basti essere poveri e affamati in questo mondo per entrare automaticamente nel regno finale di Dio. Le parole: โVenite benedetti del Padre mioโ sono rivolte a quelli che si sono presi cura dei poveri, non necessariamente ai poveri stessi, per il semplice fatto di essere stati materialmente poveri nella vita.
La Chiesa di Cristo รจ dunque immensamente piรน vasta di quello che dicono i numeri e le statistiche. Non per semplice modo di dire, o per un trionfalismo fuori luogo. Nessuno, al di fuori di Gesรบ, ha proclamato: โTutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piรน piccoli, lโavete fatto a meโ (Mt 25, 40), dove il โfratello piรน piccoloโ non indica solo il credente in Cristo, ma ogni uomo.
Ne deriva che il papa โ e con lui gli altri pastori della Chiesa โ รจ davvero il โpadre dei poveriโ. ร una gioia e uno stimolo per tutti noi vedere quanto questo ruolo รจ stato preso a cuore dagli ultimi Sommi Pontefici e in modo tutto particolare dal pastore che siede oggi sulla cattedra di Pietro. Egli รจ la voce piรน autorevole che si leva in loro difesa, in un mondo che conosce solo la selezione e lo scarto. Lui, non si รจ โdimenticato dei poveriโ, no davvero! La Scrittura contiene una benedizione speciale per coloro che hanno a cuore la sorte del povero:
Beato lโuomo che ha cura del deboleโฆ
Il Signore veglierร su di lui,
lo farร vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerร in preda ai nemici. (Sal 41, 2-3).
Di Maria e Giuseppe si legge nel vangelo che โnon cโera posto per essi nellโalbergoโ (Lc 2,7). Anche oggi non cโรจ posto per i poveri nellโalbergo del mondo, ma la storia ha mostrato da che parte stava Dio e da che parte deve stare la Chiesa. Andare verso i poveri รจ imitare lโumiltร di Dio. Eโ un farsi piccoli per amore, per innalzare chi รจ in basso.
Ma non ci illudiamo: questa รจ una cosa piรน facile a dirsi che a farsi. Un antico Padre del deserto, Isacco di Ninive, dava questo consiglio a chi รจ costretto a parlare di cose spirituali alle quali non รจ ancora giunto con la vita: โParlane come uno che appartiene alla classe dei discepoli e non con autoritร , dopo aver umiliato la tua anima ed esserti fatto piรน piccolo di ogni tuo ascoltatoreโ . Eโ cosรฌ che io ho parlato dellโandare verso i poveri.
โPrenderemo dimora presso di luiโ
โIl Verbo si รจ fatto carne ed รจ venuto ad abitare in mezzo a noiโ. Dobbiamo, prima di concludere, passare dal plurale al singolare. Non รจ venuto genericamente nel mondo, ma personalmente in ciascuna anima credente. Gesรบ ha detto: โSe uno mi ama, osserverร la mia parola e il Padre mio lo amerร e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di luiโ (Gv 14, 23). Cristo non รจ presente dunque soltanto sulla barca del mondo o della Chiesa; รจ presente nella piccola barca della mia vita. Che pensiero, se riuscissimo a crederci veramente! Santa Elisabetta della Trinitร vi ha trovato il segreto della propria santitร . โMi sembra โscriveva a unโamica โ di aver trovato il mio cielo sulla terra, poichรฉ il cielo รจ Dio e Dio รจ nella mia anima. Il giorno che ho capito questo tutto si รจ illuminatoโ .
Con le restrizioni che pone al culto pubblico e alla frequenza delle chiese, la pandemia potrebbe essere lโoccasione per molti di scoprire che Dio non lo incontriamo solo andando in Chiesa; che possiamo adorare Dio โin spirito e veritร โ e intrattenerci con Gesรบ anche stando chiusi in casa, o nella nostra camera. Il cristiano non potrร mai fare a meno dellโEucaristia e della comunitร , ma quando questo รจ impedito da forza maggiore non deve pensare che la sua vita cristiana si interrompe. Se non si รจ mai incontrato Cristo nel proprio cuore, non lo si incontrerร mai altrove, nel senso forte del termine.
Cโรจ una affermazione ardita circa il Natale che รจ rimbalzata di epoca in epoca, sulla bocca di grandi dottori e maestri di spirito della Chiesa: Origene, santโAgostino, san Bernardo. Angelo Silesio, e altri ancora. Esso, in sostanza, dice cosรฌ: โChe giova a me che Cristo sia nato una volta a Betlemme da Maria, se egli non nasce per fede anche nel mio cuore?โ . โDovโรจ che Cristo nasce, nel senso piรน profondo, se non nel tuo cuore e nella tua anima?โ, scrive santโAmbrogio . โIl Verbo di Dio, fa eco san Massimo Confessore, vuole ripetere in tutti gli uomini il mistero della sua incarnazioneโ . Una veritร , come si vede, veramente ecumenica.
Facendo eco a questa stessa tradizione, san Giovanni XXIII, nel messaggio natalizio del 1962, elevava questa ardente preghiera: โO Verbo eterno del Padre, Figlio di Dio e di Maria, rinnova anche oggi, nel segreto delle anime, il mirabile prodigio della tua nascitaโ.
Facciamo nostra questa preghiera, ma, nella situazione drammatica in cui ci troviamo, aggiungiamo anche lโardente supplica della liturgia natalizia: โRe delle genti, atteso da tutte le nazioni, pietra angolare che riunisci i popoli in uno: Vieni e salva lโuomo che hai formato dalla terraโ. Vieni e risolleva lโumanitร stremata dalla lunga prova di questa pandemia.
1.In Origene, Contro Celso, I,26.28; VI,10.
2.S. Giovanni Damasceno, Fede ortodossa, 45.
3.Platone, Simposio, 203ยฐ; cf. Apuleio, De deo Socratis, 4: โNullus deus miscetur ho minibusโ.
4.Confessioni, VII, 18.24).
5.Fonti Francescane, 221.
6.Fonti Francescane, 144.
7.J. Guitton, cit. da R. Gil, Presencia de los pobres en el concilio, in โProyecciรณnโ 48, 1966, p.30.
8.In AAS 54, 1962, p. 682.
9.Gaudium et spes, 22.
10.Isacco di Ninive, Discorsi ascetici 4 , Cittร Nuova, Roma 1984, p.89.
11.Lettera 107 del 1902 alla contessa De Sourdon.
12.Cf. Origene, Commento al vangelo di Luca 22,3 (SCh 87,p. 302); Angelo Silesio, Il Pellegrino cherubico, I, 61: โWird Christus tausendmal zu Bethlehem geborn / und nicht in dir: du bleibst noch ewiglich verlornโ.
13.S. Ambrogio, In Lucam, 11,38.
14.S. Massimo Confessore, Ambigua (PG 91,1084.
15.Antifona ai Vespri del 22 Dicembre.