Alle ore 9.00 del 3 dicembre 2021, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: โQuando venne la pienezza del tempo Dio mandรฒ Suo Figlio (Galati 4, 4)โ.
Le successive prediche di Avvento avranno luogo venerdรฌ 10 e venerdรฌ 17 dicembre.
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DIO MANDร SUO FIGLIO PERCHร RICEVESSIMO LA ADOZIONE A FIGLI
Nella Quaresima scorsa ho cercato di mettere in luce il pericolo di vivere โetsi Christus non dareturโ, โcome se Cristo non esistesseโ. Continuando in questa linea, nelle meditazioni di Avvento vorrei attirare lโattenzione su un altro pericolo analogo: quello di vivere โcome se la Chiesa non fosse che questoโ, e cioรจ scandali, controversie, scontro di personalitร , pettegolezzi o al massimo qualche benemerenza nel campo sociale. In breve, cosa di uomini come tutto il resto nel corso della storia.
Quello che mi propongo รจ di mettere in luce lo splendore interiore della Chiesa e della vita cristiana. Non per chiudere gli occhi sulla realtร dei fatti o per sottrarci alle nostre responsabilitร , ma per affrontarle nella prospettiva giusta e non lasciarci schiacciare da esse. Non possiamo chiedere ai giornalisti e ai media di tenere conto di come la Chiesa interpreta se stessa (anche se sarebbe auspicabile che lo facessero), ma la cosa piรน grave sarebbe se anche noi uomini di Chiesa e ministri del Vangelo finissimo per perdere di vista il mistero che abita la Chiesa e ci rassegnassimo a giocare sempre fuori casa, in trasferta e sulla difensiva.
โNoi abbiamo questo tesoro in vasi di cretaโ, ha scritto lโApostolo parlando dei ministri del Vangelo (2 Cor 4,7). Questo รจ verissimo, ma sarebbe da stolti passare tutto il tempo a discutere del โvaso di creataโ, dimenticando โil tesoroโ che vi รจ dentro. LโApostolo ci aiuta a cogliere addirittura il positivo che cโรจ in tale situazione. Questo, dice, avviene โaffinchรฉ appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi (2 Cor 4,7).
Succede con la Chiesa come con le vetrate di una cattedrale. (Io ne ho fatto lโesperienza visitando quella di Chartres). Se uno guarda le vetrate dallโesterno, dalla pubblica via, non vede che pezzi di vetro scuro tenuti insieme da strisce di piombo altrettanto scure. Ma se si entra dentro e si guardano quelle stesse vetrate contro luce, che splendore di colori, di storie e di significati davanti ai nostri occhi! Ecco, noi ci proponiamo di guardare la Chiesa da dentro, nel senso piรน forte della parola, alla luce del mistero di cui รจ portatrice.
In Quaresima ci ha fatto da guida il dogma calcedonese di Cristo vero uomo, vero Dio e una persona. Al presente ci farร da guida uno dei testi liturgici piรน tipici dellโAvvento, e cioรจ Galati 4, 4-7. Esso dice:
โQuando venne la pienezza del tempo, Dio mandรฒ il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perchรฉ ricevessimo lโadozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandรฒ nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: ยซAbbร ! Padre!ยป. Quindi non sei piรน schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.โ
Nella sua brevitร , questo brano รจ una sintesi di tutto il mistero cristiano. Cโรจ presente la Trinitร : Dio Padre, il Figlio suo e lo Spirito Santo; cโรจ lโincarnazione: โ Dio mandรฒ suo Figlioโ; tutto questo non in astratto e fuori del tempo, ma in una storia di salvezza: โnella pienezza del tempoโ. Non manca neppure la presenza, discreta ma essenziale, di Maria: โnato da donnaโ. Cโรจ finalmente il frutto di tutto ciรฒ: uomini e donne resi figli di Dio e tempio dello Spirito Santo.
Figli di Dio!
In questa prima meditazione riflettiamo sulla prima parte del testo: โDio mandรฒ il suo Figlio, perchรฉ ricevessimo lโadozione a figliโ. La paternitร di Dio รจ al cuore stesso della predicazione di Gesรบ. Anche nellโAntico Testamento Dio รจ visto come padre. La novitร รจ che ora Dio non รจ visto tanto come โpadre del suo popolo Israeleโ, in senso per cosรฌ dire collettivo, ma come padre di ogni essere umano, giusto o peccatore che sia: in senso dunque individuale e personale. Si preoccupa di ognuno come fosse lโunico; di ognuno conosce i bisogni, i pensieri e conta persino i capelli del capo.
Lโerrore della Teologia liberale, a cavallo tra il secolo XIX e il XX (soprattutto nel suo piรน illustre rappresentate, Adolf von Harnack), รจ stato quello di fare di questa paternitร lโessenza del Vangelo, prescindendo dalla divinitร di Cristo e dal mistero pasquale. Un altro errore (iniziato con lโeresia di Marcione nel II secolo e mai del tutto superato) รจ di vedere nel Dio dellโAntico Testamento un Dio giusto, santo, potente e tonante, e nel Dio di Gesรบ Cristo, un Dio papร tenero, affabile e misericordioso.
No, la novitร di Cristo non consiste in questo. Consiste piuttosto nel fatto che Dio, rimanendo quello che era nellโAntico Testamento e cioรจ tre volte santo, giusto e onnipotente, viene ora dato a noi come papร ! ร questa lโimmagine fissata da Gesรบ allโinizio del Padre nostro e che contiene in nuce tutto il resto: โPadre nostro che sei nei cieliโ: โche sei nei cieliโ, cioรจ che sei altissimo, trascendente, che disti da noi quanto il cielo dalla terra; ma โpadre nostroโ, anzi nellโoriginale โAbba!โ, qualcosa di simile al nostro papร , padre mio.
ร anche lโimmagine di Dio che la Chiesa ha posto allโinizio del suo credo. โCredo in Dio, Padre onnipotenteโ: padre, ma onnipotente; onnipotente, ma padre. ร questo, del resto, ciรฒ di cui ogni figlio ha bisogno: di avere un padre che si china su di lui, che sia tenero, con cui puรฒ giocare, ma che sia, al tempo stesso, forte e sicuro per proteggerlo, infondergli coraggio e libertร .
Nella predicazione di Gesรน si comincia a intravedere la vera novitร che cambierร tutto. Dio non รจ solo padre in senso metaforico e morale, in quanto ha creato e ha cura del suo popolo. ร anche โ e prima di tutto โ padre vero e naturale, di un figlio vero e naturale che ha generato โprima dellโauroraโ, cioรจ prima dellโinizio del tempo, e sarร grazie a questo Figlio unico che gli uomini potranno diventare anchโessi figli di Dio in senso reale e non solo metaforico. Questa novitร traspare dal titolo Abbร con cui Gesรน si rivolge abitualmente al Padre, come pure dalle parole: โNessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelareโ (Mt 11, 27).
Si deve prendere atto tuttavia che nella predicazione del Gesรบ terreno non appare ancora tutta la novitร recata da lui circa la paternitร di Dio nei confronti degli uomini. Lโambito di applicazione del titolo โPadreโ resta quello morale; serve cioรจ a definire il modo di agire di Dio nei confronti dellโumanitร e il sentimento che gli uomini devono nutrire nei confronti di Dio. Il rapporto รจ di tipo esistenziale, non ancora ontologico ed essenziale. Per questo occorreva il mistero pasquale della sua morte e risurrezione.
Paolo riflette questo stadio post-pasquale della fede. Grazie alla redenzione operata da Cristo e applicata a noi nel battesimo, noi non siamo piรน figli di Dio in senso solo morale, ma anche reale, ontologico. Noi siamo divenuti โfigli nel Figlioโ; Cristo รจ divenuto โil primogenito tra molti fratelliโ (Rom 8,29).
Per esprimere tutto ciรฒ lโApostolo si serve dellโidea della adozione: โโฆperchรฉ ricevessimo lโadozione a figliโ, โCi ha predestinati a essere suoi figli adottiviโ (Ef 1, 5). Questa รจ solo una analogia e, come ogni analogia, insufficiente ad esprimere la pienezza del mistero. Lโadozione umana in se stessa รจ un fatto giuridico. Il figlio adottivo assume il cognome, la cittadinanza, la residenza di colui che lo adotta, ma non condivide il loro sangue o il DNA del padre; non ci sono stati concepimento, doglie e parto. Per noi non รจ cosรฌ. Dio non ci trasmette solo il nome di figli, ma anche la sua vita intima, il suo Spirito che รจ, per cosรฌ dire, il suo DNA. Per il battesimo, in noi scorre la vita stessa di Dio.
Su questo punto, Giovanni รจ piรน ardito di Paolo. Egli non parla di adozione, ma di vera e propria generazione, di nascita da Dio. Quelli che hanno creduto in Cristo โsono stati generati da Dioโ (Gv 1, 13); nel battesimo si realizza una nascita โdallo Spiritoโ, si โrinasce dallโaltoโ (cf. Gv 3, 5-6).
Dalla fede allo stupore
Fin qui le veritร della nostra fede. Non รจ su di esse perรฒ che vorrei insistere. Sono cose che conosciamo e che possiamo leggere in qualsiasi manuale di teologia biblica, nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nei libri di spiritualitร โฆ Qual รจ allora la cosa diversa che ci prefiggiamo con questa riflessione?
Parto, per scoprirla, da una frase del nostro Santo Padre nella catechesi sulla Lettera ai Galati dellโudienza generale dellโ8 Settembre scorso. Dopo aver citato il nostro testo sullโadozione a figli, egli aggiungeva: โNoi cristiani diamo spesso per scontato questa realtร di essere figli di Dio. ร bene invece fare sempre memoria grata del momento in cui lo siamo diventati, quello del nostro battesimo, per vivere con piรน consapevolezza il grande dono ricevutoโ.
Ecco, questo รจ il nostro pericolo mortale: dare per scontate le cose piรน sublimi della nostra fede, compresa quella di essere nientemeno che figli di Dio, del creatore dellโuniverso, dellโonnipotente, dellโeterno, del datore della vita. San Giovanni Paolo II, nella sua lettera sullโEucaristia, scritta poco prima della sua morte, parlava dello โstupore eucaristicoโ che i cristiani dovrebbero riscoprire . Lo stesso dobbiamo dire della figliolanza divina: passare dalla fede allo stupore. Oserei dire: dalla fede allโincredulitร ! Una incredulitร tutta speciale: quella di chi crede, senza potersi capacitare di quello che crede, tanto gli sembra cosa enorme, โincredibileโ.
Essere figli di Dio comporta infatti una conseguenza che si osa appena formulare, tanto essa รจ da capogiro. Grazie ad essa, il divario ontologico che separa Dio dallโuomo รจ minore del divario ontologico che separa lโuomo dal resto del creato! Sรฌ, perchรฉ per grazia noi diventiamo โpartecipi della natura divinaโ (2 Pt 1,4).
Un esempio servirร meglio di tanti ragionamenti a capire cosa significa non dare per scontato lโessere figli di Dio. Dopo la sua conversione, santa Margherita da Cortona trascorse un periodo di terribile desolazione. Dio sembrava adirato con lei e a tratti le faceva tornare alla memoria, uno ad uno, tutti i peccati commessi fin nei minimi dettagli, facendole desiderare di scomparire dalla faccia della terra. Un giorno, dopo la comunione, una voce si levรฒ improvvisa dentro di lei: โFiglia mia!โ. Lei che aveva resistito alla visione di tutte le sue colpe, non resistette alla dolcezza di questa voce, cadde in estasi e durante lโestasi i testimoni presenti la sentivano ripetere fuori di sรฉ dallo stupore:
Sono sua figlia, egli lโha detto. O infinita dolcezza del mio Dio! O parola cosรฌ a lungo desiderata! Cosรฌ insistentemente chiesta! Parola la cui dolcezza supera ogni dolcezza! Oceano di gioia! Figlia mia! Lโha detto il mio Dio! Figlia mia! .
Ben prima di santa Margherita aveva sperimentato questa stessa folgorazione lโapostolo Giovanni: โVedete โscriveva โ quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio. E lo siamo realmente!โ (1 Gv 3, 1). Una frase, questa, chiaramente da leggere con punto esclamativo.
Slegare il proprio battesimo
Perchรฉ รจ cosรฌ importante passare dalla fede allo stupore, dalla fede creduta (la fides quae) alla fede credente (fides qua)? Non basta credere e basta? No, e per un motivo molto semplice: perchรฉ questo โe questo soltanto โ cambia veramente la vita!
Cerchiamo di vedere qual รจ il cammino che porta a questo nuovo livello di fede. Il Santo Padre, abbiamo sentito, invitava a tornare al proprio battesimo. Per capire come un sacramento ricevuto tanti anni fa, spesso agli inizi della vita, possa improvvisamente tornare a rivivere e a sprigionare energia spirituale, bisogna tener presenti alcuni elementi di teologia sacramentaria.
La teologia cattolica conosce lโidea di sacramento valido e lecito, ma โlegatoโ. Il battesimo รจ spesso proprio un sacramento legato. Un sacramento si dice โlegatoโ se il suo frutto rimane vincolato, non usufruito, per mancanza di certe condizioni che ne impediscono lโefficacia. Un esempio estremo รจ il sacramento del matrimonio o dellโordine sacro ricevuti in stato di peccato mortale. In queste condizioni, tali sacramenti non possono conferire nessuna grazia alle persone. Rimosso perรฒ lโostacolo del peccato con una buona confessione, si dice che il sacramento rivive (reviviscit) grazie alla fedeltร e alla irrevocabilitร del dono di Dio, senza bisogno di ripetere il rito sacramentale .
Quello del matrimonio o dellโordine sacro รจ, dicevo, un caso estremo, ma sono possibili altri casi in cui il sacramento, pur non essendo del tutto legato, non รจ perรฒ neppure del tutto sciolto, cioรจ libero di operare i suoi effetti. Nel caso del battesimo, che cosa fa sรฌ che il frutto del sacramento resti legato? I sacramenti non sono riti magici che agiscono meccanicamente, allโinsaputa dellโuomo, o prescindendo da ogni sua collaborazione. La loro efficacia รจ frutto di una sinergia, o collaborazione, tra lโonnipotenza divina (in concreto: la grazia di Cristo o lo Spirito Santo) e la libertร umana.
Tutto ciรฒ che nel sacramento dipende dalla grazia e dalla volontร di Cristo si chiama โlโopera operataโ (opus operatum)โ, cioรจ opera giร realizzata, frutto oggettivo e immancabile del sacramento, quando รจ amministrato validamente; tutto ciรฒ, invece, che dipende dalla libertร e dalle disposizioni del soggetto si chiama โlโopera da operareโ (opus operantis), cioรจ lโopera da realizzare, lโapporto dellโuomo.
La parte di Dio o la grazia del battesimo รจ molteplice e ricchissima: figliolanza divina, remissione dei peccati, inabitazione dello Spirito Santo, virtรน teologali di fede, speranza e caritร infuse in germe nellโanima. Lโapporto dellโuomo consiste essenzialmente nella fede! โChi crederร e sarร battezzato sarร salvoโ (Mc 16,16). Cโรจ un sincronismo perfetto tra grazia e libertร ; avviene come quando i due poli, positivo e negativo, si toccano e fanno cosรฌ sprigionare la luce.
Nel battesimo ricevuto da bambini (ma anche in quello ricevuto da adulti, se non รจ stato accompagnato da intima convinzione e partecipazione), questo sincronismo viene a mancare. Non si tratta di abbandonare la pratica del battesimo dei bambini. La Chiesa lโha sempre giustamente praticata e difesa, vedendo nel battesimo un dono di Dio, prima ancora che il frutto di una decisione umana. Si tratta piuttosto di prendere atto di ciรฒ che questa pratica comporta nella nuova situazione storica in cui viviamo.
Una volta, quando tutto lโambiente era cristiano e impregnato di fede, questa fede poteva sbocciare, anche se gradualmente. Lโatto di fede libero e personale veniva โsupplito dalla Chiesaโ ed espresso, come per interposta persona, dai genitori e dai padrini. Ora non รจ piรน cosรฌ. Lโambiente in cui il bambino cresce non รจ tale da aiutarlo a far sbocciare in lui la fede; non lo รจ spesso la famiglia, non lo รจ ancora piรน spesso la scuola, e meno che meno la societร e la cultura.
Ecco perchรฉ parlavo del battesimo come di un sacramento โlegatoโ. Esso รจ come un ricchissimo pacco-dono, rimasto perรฒ sigillato, come certi regali natalizi dimenticati da qualche parte, prima ancora di essere stati aperti. Chi lo possiede ha i โtitoliโ per compiere tutti gli atti necessari alla vita cristiana e trarne anche un certo frutto, sebbene parziale, ma non possiede la pienezza della realtร . Nel linguaggio di santโAgostino, possiede il sacramento (sacramentum), ma non โ almeno pienamente โ la realtร di esso (la res sacramenti).
Se noi siamo qui a meditare su questo, vuol dire che abbiamo creduto, che in noi la fede si รจ aggiunta al sacramento. Che cosa dunque ci manca ancora? Ci manca la fede-stupore, quello sgranare gli occhi e quellโ Oh! di meraviglia nellโaprire il regalo che รจ la ricompensa piรน gradita per chi ha fatto il dono. Il battesimo โ dicevano i Padri greci โ รจ โilluminazioneโ (photismos). Si รจ prodotta qualche volta in noi questa illuminazione?
Ci domandiamo: รจ possibile โanzi, รจ lecito โ aspirare a questo diverso livello di fede in cui non solo si crede, ma si sperimenta e si โassaporaโ la veritร creduta? La spiritualitร cristiana รจ stata spesso accompagnata da una riserva, o addirittura (come nel caso dei Riformatori) da un rifiuto della dimensione esperienziale e mistica della vita cristiana, vista come cosa inferiore e contraria alla pura fede. Ma, nonostante gli abusi che pure ci sono stati, nella tradizione cristiana non รจ mai venuta meno la corrente sapienziale che pone lโapice della fede nellโโassaporareโ la veritร delle cose credute, nel โgustoโ della veritร , compreso il gusto amaro della veritร della croce.
Nel linguaggio biblico, conoscere non significa avere lโidea di una cosa che perรฒ resta fuori e separata da me; significa entrare in relazione con essa, farne lโesperienza. (Si parla perfino di un conoscere la propria moglie, o conoscere la perdita dei figli!). Lโevangelista Giovanni esclama: โNoi abbiamo conosciuto e creduto lโamore che Dio ha per noiโ (1 Gv 4, 16) e ancora: โNoi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dioโ (Gv 6, 69). Perchรฉ โconosciuto e credutoโ? Cosa aggiunge โconosciutoโ a โcredutoโ? Aggiunge quella certezza interiore per cui la veritร si impone allo spirito e si รจ costretti ad esclamare dentro di sรฉ: โSรฌ, รจ vero, non cโรจ dubbio, รจ proprio cosรฌ!โ La veritร creduta si fa realtร vissuta. โFides non terminatur ad enuntiabile sed ad remโ, ha scritto san Tomaso dโAquino: โLa fede non termina allโenunciato, ma alla realtร โ . Non si finisce mai di scoprire le conseguenze pratiche che derivano da questo principio.
Il ruolo della parola di Dio
Come rendere possibile questo salto di qualitร dalla fede allo stupore di saperci figli di Dio? La prima risposta รจ: la parola di Dio! (Cโรจ un secondo mezzo ugualmente essenziale โ lo Spirito Santo โ ma lo lasciamo per la prossima meditazione). San Gregorio Magno paragona la Parola di Dio alla pietra focaia, cioรจ alla pietra che serviva un tempo per produrre scintille e accendere il fuoco. Bisogna, diceva, fare con la Parola di Dio quello che si fa con la pietra focaia: percuoterla ripetutamente finchรฉ non si produce la scintilla. Ruminarla, ripetersela, anche a voce alta.
In un tempo di preghiera o di adorazione proviamo a ripetere dentro di noi, senza stancarci e con vivo desiderio: โFiglio di Dio! Sono figlio, sono figlia di Dio. Dio รจ mio padre!โ O dire semplicemente: โPadre nostro che sei nei cieliโ, ripetendolo a lungo, senza andare oltre. Qui รจ piรน che mai necessario ricordare le parole di Gesรบ: โBussate e vi sarร apertoโ (Mt 7,7). Presto o tardi, quando forse meno te lโaspetti, succederร : la realtร delle parole, fosse solo per un istante, ti esploderร dentro e ti basterร per il resto della vita. Ma anche se non dovesse succedere nulla di eclatante, sappi che hai ottenuto lโessenziale; il resto ti sarร dato in cielo. Infatti, โnoi, fin dโora siamo figli di Dio, ma ciรฒ che saremo non รจ stato ancora rivelato. Sappiamo perรฒ che quando egli si sarร manifestato, noi saremo simili a lui, perchรฉ lo vedremo cosรฌ come egli รจโ ( 1 Gv 3, 2).
Fratelli tutti!
Un risultato immediato di tutto ciรฒ รจ che si prende coscienza della propria dignitร . โRiconosci, o cristiano, la tua dignitร โci esorterร san Leone Magno nella notte di Natale โ e, reso partecipe della natura divina, non volere tornare allโabiezione di un tempoโ Quale dignitร ci puรฒ essere superiore a quella di essere figlio di Dio? Si narra che la figlia di un re di Francia, orgogliosa e bisbetica, redarguiva continuamente una sua ancella e un giorno le gridรฒ in faccia: โNon sai che io sono la figlia del tuo re?โ Al che lโancella rispose: โE tu non sai che io sono la figlia del tuo Dio?โ
Un altro risultato โ ancora piรน importante โ รจ che si prende coscienza della dignitร degli altri, anchโessi figli e figlie di Dio. Per noi cristiani, la fraternitร umana ha la sua ragione ultima nel fatto che Dio รจ padre di tutti, che noi siamo tutti figli e figlie di Dio e perciรฒ fratelli e sorelle tra di noi. Non ci puรฒ essere un vincolo piรน forte di questo, e, per noi cristiani, una ragione piรน urgente per promuovere la fraternitร universale. San Cipriano diceva: โNon puรฒ avere Dio per padre chi non la Chiesa per madreโ . Dobbiamo aggiungere: โNon puรฒ avere Dio per padre chi non ha il prossimo per fratelloโ.
Una cosa perciรฒ cercheremo di non fare piรน. Non diremo, neppure tacitamente, a Dio Padre: โScegli: o me, o il mio avversario; dichiara da che parte stai!โ. Non si puรฒ imporre a un padre questa alternativa crudele di scegliere tra due figli, solo perchรฉ essi sono in lite tra di loro. Non tenteremo perciรฒ Dio, chiedendogli di sposare la nostra causa contro il fratello.
Quando saremo in contrasto con qualcuno, prima ancora di far valere e discutere il nostro punto di vista (che pure รจ lecito e qualche volta doveroso), diremo a Dio: โPadre, salva quel mio fratello, salvaci tutti e due; non desidero che io abbia ragione e lui torto. Desidero che anche lui sia nella veritร , o almeno nella buona fedeโ. Questa misericordia degli uni verso gli altri รจ indispensabile per vivere la vita dello Spirito e la vita comunitaria in tutte le sue forme. ร indispensabile per la famiglia e per ogni comunitร umana e religiosa, compresa la Curia Romana. Noi, dice S. Agostino, siamo vasi di argilla: ci facciamo del male solo toccandoci .
Abbiamo ricordato sopra le esclamazioni di santa Margherita da Cortona al sentirsi interiormente chiamare da Dio โfiglia miaโ: โSono sua figlia, egli lโha dettoโฆ Oceano di gioia! Figlia mia! lโha detto il mio Dio! Figlia mia!โ Potessimo una volta sperimentare qualcosa di simile, ascoltando quella stessa voce di Dio, non risuonante, come per lei, nella nostra mente (che si puรฒ ingannare!), ma scritta, nero su bianco, nella pagina della Bibbia che stiamo meditando: โDunque, non sei piรน schiavo, ma figlio. E se figlio, anche erede!โ
Lo Spirito Santo, vedremo a Dio piacendo la prossima volta, รจ pronto ad aiutarci in questa impresa.
1.Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 6.
2.Giunta Bevegnati, Vita e miracoli della Beata Margherita da Cortona, II, 6 (Trad. ital. Vicenza 1978, p. 19 s.).
3.Cf. A. Michel, Reviviscence des sacrements, in DTC, XIII,2, Parigi 1937, coll. 2618-2628.
4.Summa theologiae, II-II, 1, 2, ad 2.
5.Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, I,2,1.
6,Leone Magno, Discorso 1 sul Natale, 3.
7.Cipriano, De unitate Ecclesiae, 6.
8.Agostino, Discorsi, 69 (PL 38, 440) (lutea vasa sibi invicem angustias facientes).
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