p. Raniero Cantalamessa โ€“ Prima Predica di Avvento 2020

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Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโ€™Aula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: ยซInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreยป (Salmo 90,12). Questo il testo della predica (fonte).

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Un nostro poeta, Giuseppe Ungaretti, descrive lo stato dโ€™animo dei soldati in trincea durante la Prima guerra mondiale con una poesia fatta di solo sette parole:

Si sta
come dโ€™autunno
sugli alberi
le foglie.

Oggi รจ lโ€™umanitร  intera che sperimenta questo senso di caducitร  della vita a causa della pandemia. โ€œIl Signore โ€“ ha scritto san Gregorio Magno โ€“ a volte ci istruisce con le parole, a volte invece con i fattiโ€. Nellโ€™anno segnato dal grande e terribile โ€œfattoโ€ del corona virus, ci sforziamo di raccogliere lโ€™insegnamento che da esso ognuno di noi puรฒ trarre per la propria vita personale e spirituale. Sono riflessioni che possiamo fare tra noi credenti, ma sulle quali sarebbe forse controproducente insistere troppo presso la gente, per non accrescere le difficoltร  che la fede incontra a causa del prolungarsi della pandemia.
Le veritร  eterne sulle quali vogliamo riflettere sono: primo, che siamo tutti mortali e โ€œnon abbiamo quaggiรน dimora stabileโ€; secondo, che la vita del credente non finisce con la morte perchรฉ ci attende la vita eterna; terzo, che non siamo soli sulla piccola barca del nostro pianeta, perchรฉ il โ€œVerbo si รจ fatto carne ed รจ venuto ad abitare in mezzo a noiโ€. La prima di queste veritร  รจ oggetto di esperienza, le altre due sono oggetto di fede e di speranza.

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โ€œMemento mori!โ€
Iniziamo meditando oggi sulla prima di queste โ€œmassime eterneโ€: la morte. โ€œMemento moriโ€: ricordati che morirai. I monaci Trappisti lโ€™hanno scelto come motto del loro Ordine e lo scrivono nei luoghi di passaggio del monastero.
Della morte si puรฒ parlare in due modi diversi: o in chiave kerigmatica o in chiave sapienziale. Il primo modo consiste nel proclamare che Cristo ha vinto la morte; che essa non รจ piรน un muro contro cui tutto si infrange, ma un ponte verso la vita eterna. Il modo sapienziale o esistenziale consiste invece nel riflettere sulla realtร  della morte cosรฌ come essa si presenta allโ€™esperienza umana, allo scopo di trarre da essa lezioni per vivere bene. รˆ la prospettiva in cui ci collochiamo in questa meditazione.
Questโ€™ultimo รจ il modo in cui si parla della morte nellโ€™Antico Testamento e in particolare nei libri sapienziali: โ€œInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreโ€ chiede a Dio il salmista (Sal 90, 12). Tale modo di guardare alla morte non termina con lโ€™Antico Testamento, ma continua anche nel Vangelo di Cristo. Ricordiamo il suo ammonimento: โ€œVegliate perchรฉ non sapete nรฉ il giorno nรฉ lโ€™oraโ€ (Mt 25,13). Ricordiamo anche la conclusione della parabola del ricco che progettava di costruire granai piรน grandi per il suo raccolto: โ€œStolto, questa notte stessa ti sarร  richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarร ?โ€ (Lc 12,20), e ancora il suo detto: โ€œChe giova allโ€™uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua vita?โ€ (cf. Mt 16, 26).

La tradizione della Chiesa ha fatto proprio questo insegnamento. I Padri del deserto coltivavano il pensiero della morte, fino a farne una pratica costante e a tenerlo vivo con tutti i mezzi. Uno di essi, che lavorava a filare la lana, aveva preso lโ€™abitudine di lasciar cadere ogni tanto il fuso per terra e โ€œdi mettere la morte davanti ai suoi occhi prima di sollevarlo di nuovoโ€ โ€œLa mattina โ€“ esorta lโ€™Imitazione di Cristo โ€“ fa conto di non arrivare alla sera. Scesa la sera non osare di riprometterti la mattinaโ€ (I, 23). Santโ€™Alfonso Maria de Liguori ha scritto un trattato intitolato Apparecchio alla morte che รจ stato per secoli un classico della spiritualitร  cattolica. Molti santi, dal XVI secolo in poi, sono rappresentati in meditazione davanti a un teschio.
Tale modo sapienziale di parlare della morte si riscontra in tutte le culture, non solo nella Bibbia e nel cristianesimo. Esso รจ presente, secolarizzato, anche nel pensiero moderno. Vale la pena accennare brevemente alle conclusioni cui sono giunti due pensatori la cui influenza รจ tuttora forte nella nostra cultura.

Il primo รจ Jean-Paul Sartre. Egli ha rovesciato il rapporto classico tra essenza ed esistenza, affermando che lโ€™esistenza viene prima ed รจ piรน importante dellโ€™essenza. Tradotto in termini semplici, questo vuol dire che non esiste un ordine e una scala di valori oggettivi e anteriori a tutto โ€“ Dio, il bene, i valori, la legge naturale โ€“ alla quale lโ€™uomo deve conformarsi, ma che tutto deve partire dalla propria individuale esistenza e dalla propria libertร . Ogni persona deve inventare e realizzare il suo destino come il fiume, avanzando, si scava da solo il proprio letto. La vita รจ un progetto che non รจ scritto da nessuna parte, ma si decide con le proprie libere scelte.
Questo modo di concepire lโ€™esistenza ignora completamente il dato della morte ed รจ confutato perciรฒ dalla realtร  stessa dellโ€™esistenza che si vuole affermare. Che cosa puรฒ progettare lโ€™uomo, se non sa neppure, nรฉ dipende da lui, se domani sarร  ancora in vita? Il suo tentativo somiglia a quello di un carcerato che passa tutto il tempo a progettare lโ€™itinerario migliore da seguire per passare da una parete allโ€™altra della sua cella.

Piรน credibile, su questo punto, รจ il pensiero di un altro filosofo, Martin Heidegger, che pure parte da premesse analoghe e si muove nello stesso alveo dellโ€™esistenzialismo. Definendo lโ€™uomo โ€œun-essere-per-la-morteโ€ , egli fa della morte non un incidente che pone fine alla vita, ma la sostanza stessa della vita, ciรฒ di cui essa รจ fatta. Vivere รจ morire. Lโ€™uomo non puรฒ vivere senza bruciare e accorciare la vita. Ogni minuto che passa รจ sottratto alla vita e consegnato alla morte, come, percorrendo in auto una strada, vediamo case ed alberi scomparire velocemente dietro di noi. Vivere per la morte significa che la morte non รจ solo la fine, ma anche il fine della vita. Si nasce per morire, non per altro.

Qual รจ allora โ€“ si domanda il filosofo โ€“ quel โ€œnucleo solido, certo e invalicabileโ€, al quale la coscienza richiama lโ€™uomo e sul quale deve fondarsi la sua esistenza, se vuole essere โ€œautenticaโ€? Risposta: il suo nulla! Tutte le possibilitร  umane sono, in realtร , delle impossibilitร . Ogni tentativo di progettarsi e di elevarsi รจ un salto che parte dal nulla e finisce nel nulla . Non resta che rassegnarsi, fare โ€“ come si dice โ€“ di necessitร  virtรน e amare anzi il proprio destino. Una versione moderna del โ€œamor Fatiโ€ degli Stoici.
Santโ€™Agostino aveva anticipato anche questa intuizione del pensiero moderno sulla morte, ma per trarne una conclusione totalmente diversa: non il nichilismo, ma fede nella vita eterna.

Quando nasce un uomo โ€“ scriveva โ€“ si fanno tante ipotesi: forse sarร  bello, forse sarร  brutto; forse sarร  ricco, forse sarร  povero; forse vivrร  a lungo, forse noโ€ฆ Ma di nessuno si dice: forse morirร  o forse non morirร . Questa รจ lโ€™unica cosa assolutamente certa della vita. Quando sappiamo che uno รจ malato di idropisia [allora era questa la malattia incurabile, oggi sono altre] diciamo: Poveretto, deve morire; รจ condannato, non cโ€™รจ rimedioโ€. Ma non dovremmo dire lo stesso di uno che nasce? โ€œPoveretto, deve morire, non cโ€™รจ rimedio, รจ condannato!โ€. Che differenza fa se in un tempo un poโ€™ piรน lungo, o un poโ€™ piรน breve? La morte รจ la malattia mortale che si contrae nascendo .
Dante Alighieri ha condensato in un solo verso questa visione agostiniana; definisce la vita umana sulla terra โ€œ un vivere chโ€™รจ un correre alla morteโ€ .

A scuola da โ€œsorella morteโ€
Sullโ€™onda dellโ€™avanzare della tecnologia e delle conquiste della scienza, noi rischiavamo di essere come quellโ€™uomo della parabola che dice a se stesso: โ€œAnima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!โ€ (Lc 12, 19). La presente calamitร  รจ venuta a ricordarci quanto poco dipende dallโ€™uomo โ€œprogettareโ€ e decidere il proprio futuro, fuori della fede.
La considerazione sapienziale della morte conserva, dopo Cristo, la stessa funzione che ha la legge dopo la venuta della grazia. Anchโ€™essa serve a custodire lโ€™amore e la grazia. La legge โ€“ รจ scritto โ€“ รจ stata data per i peccatori (cf. 1 Tm 1, 9) e noi siamo ancora peccatori, cioรจ soggetti alla seduzione del mondo e delle cose visibili, tentati sempre di โ€œconformarci a questo mondoโ€ (cf. Rom 12, 2). Non cโ€™รจ punto migliore in cui collocarsi per vedere il mondo, se stessi e tutti gli avvenimenti, nella loro veritร  che quello della morte. Allora tutto prende il giusto posto.

Il mondo appare spesso un groviglio inestricabile di ingiustizie e disordine. Tutto sembra avvenire a caso e non esserci alcuna coerenza o alcun disegno. Una specie di dipinto senza forma, in cui tutti gli elementi e i colori sembrano posti a caso, come in certe pitture moderne. Spesso si vede lโ€™iniquitร  trionfare e lโ€™innocenza punita. Ma perchรฉ non si creda che al mondo cโ€™รจ qualcosa di fisso e di costante, ecco โ€“ notava Bossuet โ€“ che talvolta si vede il contrario e cioรจ lโ€™innocenza sul trono e lโ€™iniquitร  sul patibolo!

Cโ€™รจ un punto da cui osservare questo immenso quadro e decifrarne il significato. รˆ la โ€œfineโ€, cioรจ la morte, a cui segue immediatamente il giudizio di Dio (cf. Eb 9, 27). Visto da qui, tutto assume il suo giusto valore. La morte รจ la fine di tutte le differenze e le ingiustizie che esistono tra gli uomini. La morte, diceva il nostro attore comico Totรฒ, รจ una โ€œlivellaโ€, azzera tutti i privilegi. Quante guerre, quante crudeltร  in meno si commetterebbero sulla terra se i violenti e gli oppressori dei popoli pensassero che anche loro presto dovranno morire!
Guardare la vita dal punto di osservazione della morte, dร  un aiuto straordinario a vivere bene. Sei angustiato da problemi e difficoltร ? Pรฒrtati avanti, cรฒllocati al punto giusto: guarda queste cose dal letto di morte. Come vorresti allora avere agito? Quale importanza daresti a queste cose? Hai un contrasto con qualcuno? Guarda la cosa dal letto di morte. Cosa vorresti aver fatto allora: aver vinto, o esserti umiliato? Aver prevalso, o aver perdonato?

Il pensiero della morte ci impedisce di attaccarci alle cose, di fissare quaggiรน la dimora del cuore, dimenticando che โ€œnon abbiamo quaggiรน dimora stabileโ€ (Eb 13, 14). Lโ€™uomo, dice un salmo, โ€œquando muore con sรฉ non porta nulla, nรฉ scende con lui la sua gloriaโ€ (Sal 49, 18). Nellโ€™antichitร , si usava seppellire i re con i loro gioielli. Questo incoraggiava, naturalmente, la pratica di violare le tombe per asportarne i tesori. Sono state ritrovate tombe del genere, in cui, per tenere lontani i profanatori, veniva posta sopra il sarcofago una scritta: โ€œQui ci sono solo ioโ€. Come era vera quella scritta, anche se la tomba nascondeva, di fatto, gioielli! โ€œLโ€™uomo, quando muore, con sรฉ non porta nullaโ€.

โ€œVegliate!โ€
Sorella morte รจ davvero una buona sorella maggiore e una buona pedagoga. Ci insegna tante cose, se soltanto la sappiamo ascoltare con docilitร . La Chiesa non ha paura di mandarci a scuola da lei. Nella liturgia del mercoledรฌ delle ceneri, cโ€™รจ una antifona dai toni forti, che suona ancora piรน forte nel testo originale latino. Dice: โ€œEmendiamo in meglio ciรฒ che abbiamo commesso di male per ignoranza. Non avvenga che raggiunti improvvisamente dallโ€™ora della morte, cerchiamo uno spazio per fare penitenza e non lo troviamo piรนโ€ . Un giorno, unโ€™ora sola, una buona confessione: come ci apparirebbero diverse queste cose in quel momento! Come le preferiremmo a scettri e regni, a lunga vita, a ricchezza e a salute!

Ho in mente un altro ambito in cui abbiamo urgente bisogno di sorella morte per maestra, oltre il campo ascetico: lโ€™evangelizzazione. Il pensiero della morte รจ quasi lโ€™unica arma che ci รจ rimasta per scuotere dal torpore una societร  opulenta, a cui รจ successo quello che successe al popolo eletto liberato dallโ€™Egitto: โ€œHa mangiato e si รจ saziatoโ€ฆ e ha respinto il Dio che lo aveva fattoโ€ (Dt 32, 15).
In un momento delicato della storia del popolo eletto, Dio disse al profeta Isaia: โ€œGrida!โ€. Il profeta rispose: โ€œChe dovrรฒ gridare?โ€ e Dio: Che โ€œogni uomo รจ come lโ€™erba e tutta la sua gloria รจ come il fieno del campo. Secca lโ€™erba, il fiore appassisce, quando il soffio del Signore spira su di essiโ€ (Is 40, 6-7). Credo che Dio dร  oggi questo stesso ordine ai suoi profeti e lo fa perchรฉ ama i suoi figli e non vuole che โ€œcome pecore siano avviati agli inferi e che sia loro pastore la morteโ€ (cf. Sal 49, 15).

Lโ€™interrogativo circa il senso della vita e della morte svolse un compito notevole nella prima evangelizzazione dellโ€™Europa e non รจ escluso che possa svolgerne uno analogo nello sforzo attuale per una sua ri-evangelizzazione. Se cโ€™รจ una cosa infatti che non รจ cambiata in nulla da allora ad oggi รจ proprio questa: che gli uomini devono morire. Il Venerabile Beda narra come il cristianesimo fece il suo ingresso nellโ€™Inghilterra del nord, vincendo le resistenze del paganesimo. Il re convocรฒ la grande assemblea del suo regno per decidere la questione se fare entrare o meno i missionari cristiani. Cโ€™erano pareri contrastanti, quando si alzรฒ uno dei dignitari e fece, in sostanza, questo discorso: La vita dellโ€™uomo sulla terra, o re, si puรฒ descrivere cosรฌ. Immagina che sia inverno. Tu siedi a cena con i tuoi duchi e i tuoi aiutanti. Al centro della stanza arde un fuoco che riscalda lโ€™ambiente, mentre fuori infuria la bufera invernale con pioggia e neve. Un passerotto giunge dโ€™improvviso al tuo palazzo; entra da unโ€™apertura e velocissimo esce dalla parte opposta. Finchรฉ รจ dentro, รจ al riparo dal freddo dellโ€™inverno, ma dopo un attimo eccolo ripiombare nel buio da cui รจ venuto e sparire dalla vista. Cosรฌ รจ la nostra vita! Ignoriamo che cosa la precede e che cosa seguirร โ€ฆ Se questa nuova dottrina รจ in grado di dirci qualcosa di piรน certo su di essa, credo che dobbiamo ascoltarla.
Fu lโ€™interrogativo posto dalla morte che aprรฌ la strada al Vangelo, come una breccia sempre aperta nel cuore dellโ€™uomo. Il rifiuto della morte, non lโ€™istinto sessuale, sta alla base di tutto lโ€™agire umano, ha scritto un noto psicologo contro Freud .

Laudato siโ€™ Signore, per sorella morte corporaleโ€

In questo modo non ripristiniamo la paura della morte. Gesรบ, dice la Lettera agli Ebrei, รจ venuto a โ€œliberare quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitรน per tutta la vitaโ€ (Ebr 2, 15). รˆ venuto a liberarci dalla paura della morte, non ad accrescerla. Bisogna perรฒ avere conosciuto questa paura per esserne liberati. Gesรบ รจ venuto a insegnare la paura della morte eterna a quelli che non conoscevano che la paura della morte temporale.

La morte eterna! โ€œMorte secondaโ€, la chiama lโ€™Apocalisse (Ap 20, 6). Essa รจ lโ€™unica che merita davvero il nome di morte, perchรฉ non รจ un passaggio, una Pasqua, ma un terribile capolinea. รˆ per salvare gli uomini da questa sciagura che dobbiamo tornare a predicare ai cristiani sulla morte. Nessuno piรน di Francesco dโ€™Assisi ha conosciuto il volto nuovo, pasquale, della morte cristiana. La sua morte fu davvero un passaggio pasquale, un โ€œtransitusโ€, come viene celebrato nella liturgia francescana. Quando si sentรฌ vicino alla fine, il Poverello esclamรฒ: โ€œBen venga, mia sorella morte!โ€ Eppure nel suo Cantico delle creature, accanto a parole dolcissime sulla morte, egli ne ha alcune tra le piรน terribili:
โ€œLaudato sii, mio Signore, per sora nostra morte corporale,
dalla quale nessun uomo vivente puรฒ scappare:
guai a quelli che morranno nei peccati mortali;
beati quelli che troverร  nelle tue santissime volontร ,
chรฉ la morte seconda non farร  loro alcun maleโ€.

Guai a quelli che morranno nei peccati mortali! โ€œIl pungiglione della morte รจ il peccatoโ€, dice lโ€™Apostolo (1 Cor 15, 56). Ciรฒ che dร  alla morte il suo piรน temibile potere di angosciare lโ€™uomo credente e di fargli paura รจ il peccato. Se uno vive in peccato mortale, per lui la morte ha ancora il pungiglione e il veleno, come prima di Cristo. Ferisce, uccide e manda alla Geenna. Non temete โ€“ direbbe Gesรน โ€“ la morte che uccide il corpo e dopo non puรฒ fare piรน nulla. Temete quella morte che, dopo avere ucciso il corpo, ha il potere di gettare nella Geenna (cf Lc 12, 4-5). Togli il peccato e hai tolto anche tu alla morte il suo pungiglione!

Istituendo lโ€™Eucaristia, Gesรน anticipรฒ la propria morte. Noi possiamo fare lo stesso. Anzi Gesรน ha inventato questo mezzo per farci partecipi della sua morte, per unirci a sรฉ. Partecipare allโ€™Eucaristia รจ il modo piรน vero, piรน giusto e piรน efficace di โ€œapparecchiarciโ€ alla morte. In essa celebriamo anche la nostra morte e la offriamo, giorno per giorno, al Padre. Nellโ€™Eucaristia noi possiamo far salire al Padre il nostro โ€œamen, sรฌโ€, a ciรฒ che ci aspetta, al genere di morte che egli vorrร  permettere per noi. In essa noi โ€œfacciamo testamentoโ€: decidiamo a chi lasciare la vita, per chi morire.

Siamo nati, รจ vero, per poter morire; la morte non รจ solo la fine ma anche il fine della vita. Questo, perรฒ, lungi dallโ€™apparire una condanna, come diceva il filosofo ricordato sopra, appare invece un privilegio. โ€œCristo โ€“ dice san Gregorio di Nissa โ€“ รจ nato per poter morireโ€ , cioรจ per poter dare la vita in riscatto per tutti. Anche noi abbiamo ricevuto in dono la vita per avere qualcosa di unico, di prezioso, di degno di Dio, da potere, a nostra volta, offrire a lui in dono e in sacrificio. Quale uso piรน bello si puรฒ pensare della vita, che farne dono, per amore, al Creatore che per amore ce lโ€™ha donata? Noi possiamo fare nostre le parole pronunciate dal sacerdote allโ€™offertorio della Messa, sul pane e sul vino e dire: โ€œDalla tua bontร  abbiamo ricevuto questa nostra vita; la presentiamo a te perchรฉ diventi un sacrificio vivente, santo, a te graditoโ€ (cf Rm 12, 1).

Con tutto ciรฒ non abbiamo tolto al pensiero della morte il suo pungiglione โ€“ la sua capacitร  di angosciarci che anche Gesรบ ha voluto sperimentare nel Getsemani. Siamo perรฒ almeno piรน preparati ad accogliere il consolante messaggio che ci viene dalla fede e che la liturgia proclama nel prefazio della Messa dei defunti: โ€œAi tuoi fedeli, o Signore, la vita non รจ tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata unโ€™abitazione eterna nel cieloโ€.
Di questa abitazione eterna nei cieli parleremo, a Dio piacendo, nella prossima meditazione.

1.Omelie sul Vangelo, XVII.
2.Apoftegmi del ms. Coislin 126, n. 58.
3.Cf. M. Heidegger, Essere e Tempo, ยง 51, Longanesi, Milano 1976, p. 308 s),
4.Ib. II, c. 2, ยง 58, p. 346.
5.Cf. S. Agostino, Sermo Guelf. 12, 3 (Miscellanea Agostiniana, I, p. 482 s).
6.Purgatorio, XXXIII, 54
7.Emendemus in melius quae ignoranter peccavimus; ne subito praeoccupati die mortis, quaeramus spatium poenitentiae, et invenire non possimus.
8.Beda il Venerabile, Storia ecclesiastica, II,13.
9.Cf. E. Becker, Il rifiuto della morte, Paoline, Roma 1982.
10.Celano, Vita seconda 163, 217 (Fonti Francescane, 808-809).
11.S. Gregorio Di Nissa, Or. cat., 32 (PG 45, 80).

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