Alle ore 9.00 di questa mattina, nellโAula Paolo VI, il Predicatore della Casa Pontificia, Em.mo Card. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: ยซInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreยป (Salmo 90,12). Questo il testo della predica (fonte).
Un nostro poeta, Giuseppe Ungaretti, descrive lo stato dโanimo dei soldati in trincea durante la Prima guerra mondiale con una poesia fatta di solo sette parole:
Si sta
come dโautunno
sugli alberi
le foglie.
Oggi รจ lโumanitร intera che sperimenta questo senso di caducitร della vita a causa della pandemia. โIl Signore โ ha scritto san Gregorio Magno โ a volte ci istruisce con le parole, a volte invece con i fattiโ. Nellโanno segnato dal grande e terribile โfattoโ del corona virus, ci sforziamo di raccogliere lโinsegnamento che da esso ognuno di noi puรฒ trarre per la propria vita personale e spirituale. Sono riflessioni che possiamo fare tra noi credenti, ma sulle quali sarebbe forse controproducente insistere troppo presso la gente, per non accrescere le difficoltร che la fede incontra a causa del prolungarsi della pandemia.
Le veritร eterne sulle quali vogliamo riflettere sono: primo, che siamo tutti mortali e โnon abbiamo quaggiรน dimora stabileโ; secondo, che la vita del credente non finisce con la morte perchรฉ ci attende la vita eterna; terzo, che non siamo soli sulla piccola barca del nostro pianeta, perchรฉ il โVerbo si รจ fatto carne ed รจ venuto ad abitare in mezzo a noiโ. La prima di queste veritร รจ oggetto di esperienza, le altre due sono oggetto di fede e di speranza.
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โMemento mori!โ
Iniziamo meditando oggi sulla prima di queste โmassime eterneโ: la morte. โMemento moriโ: ricordati che morirai. I monaci Trappisti lโhanno scelto come motto del loro Ordine e lo scrivono nei luoghi di passaggio del monastero.
Della morte si puรฒ parlare in due modi diversi: o in chiave kerigmatica o in chiave sapienziale. Il primo modo consiste nel proclamare che Cristo ha vinto la morte; che essa non รจ piรน un muro contro cui tutto si infrange, ma un ponte verso la vita eterna. Il modo sapienziale o esistenziale consiste invece nel riflettere sulla realtร della morte cosรฌ come essa si presenta allโesperienza umana, allo scopo di trarre da essa lezioni per vivere bene. ร la prospettiva in cui ci collochiamo in questa meditazione.
Questโultimo รจ il modo in cui si parla della morte nellโAntico Testamento e in particolare nei libri sapienziali: โInsegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuoreโ chiede a Dio il salmista (Sal 90, 12). Tale modo di guardare alla morte non termina con lโAntico Testamento, ma continua anche nel Vangelo di Cristo. Ricordiamo il suo ammonimento: โVegliate perchรฉ non sapete nรฉ il giorno nรฉ lโoraโ (Mt 25,13). Ricordiamo anche la conclusione della parabola del ricco che progettava di costruire granai piรน grandi per il suo raccolto: โStolto, questa notte stessa ti sarร richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarร ?โ (Lc 12,20), e ancora il suo detto: โChe giova allโuomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua vita?โ (cf. Mt 16, 26).
La tradizione della Chiesa ha fatto proprio questo insegnamento. I Padri del deserto coltivavano il pensiero della morte, fino a farne una pratica costante e a tenerlo vivo con tutti i mezzi. Uno di essi, che lavorava a filare la lana, aveva preso lโabitudine di lasciar cadere ogni tanto il fuso per terra e โdi mettere la morte davanti ai suoi occhi prima di sollevarlo di nuovoโ โLa mattina โ esorta lโImitazione di Cristo โ fa conto di non arrivare alla sera. Scesa la sera non osare di riprometterti la mattinaโ (I, 23). SantโAlfonso Maria de Liguori ha scritto un trattato intitolato Apparecchio alla morte che รจ stato per secoli un classico della spiritualitร cattolica. Molti santi, dal XVI secolo in poi, sono rappresentati in meditazione davanti a un teschio.
Tale modo sapienziale di parlare della morte si riscontra in tutte le culture, non solo nella Bibbia e nel cristianesimo. Esso รจ presente, secolarizzato, anche nel pensiero moderno. Vale la pena accennare brevemente alle conclusioni cui sono giunti due pensatori la cui influenza รจ tuttora forte nella nostra cultura.
Il primo รจ Jean-Paul Sartre. Egli ha rovesciato il rapporto classico tra essenza ed esistenza, affermando che lโesistenza viene prima ed รจ piรน importante dellโessenza. Tradotto in termini semplici, questo vuol dire che non esiste un ordine e una scala di valori oggettivi e anteriori a tutto โ Dio, il bene, i valori, la legge naturale โ alla quale lโuomo deve conformarsi, ma che tutto deve partire dalla propria individuale esistenza e dalla propria libertร . Ogni persona deve inventare e realizzare il suo destino come il fiume, avanzando, si scava da solo il proprio letto. La vita รจ un progetto che non รจ scritto da nessuna parte, ma si decide con le proprie libere scelte.
Questo modo di concepire lโesistenza ignora completamente il dato della morte ed รจ confutato perciรฒ dalla realtร stessa dellโesistenza che si vuole affermare. Che cosa puรฒ progettare lโuomo, se non sa neppure, nรฉ dipende da lui, se domani sarร ancora in vita? Il suo tentativo somiglia a quello di un carcerato che passa tutto il tempo a progettare lโitinerario migliore da seguire per passare da una parete allโaltra della sua cella.
Piรน credibile, su questo punto, รจ il pensiero di un altro filosofo, Martin Heidegger, che pure parte da premesse analoghe e si muove nello stesso alveo dellโesistenzialismo. Definendo lโuomo โun-essere-per-la-morteโ , egli fa della morte non un incidente che pone fine alla vita, ma la sostanza stessa della vita, ciรฒ di cui essa รจ fatta. Vivere รจ morire. Lโuomo non puรฒ vivere senza bruciare e accorciare la vita. Ogni minuto che passa รจ sottratto alla vita e consegnato alla morte, come, percorrendo in auto una strada, vediamo case ed alberi scomparire velocemente dietro di noi. Vivere per la morte significa che la morte non รจ solo la fine, ma anche il fine della vita. Si nasce per morire, non per altro.
Qual รจ allora โ si domanda il filosofo โ quel โnucleo solido, certo e invalicabileโ, al quale la coscienza richiama lโuomo e sul quale deve fondarsi la sua esistenza, se vuole essere โautenticaโ? Risposta: il suo nulla! Tutte le possibilitร umane sono, in realtร , delle impossibilitร . Ogni tentativo di progettarsi e di elevarsi รจ un salto che parte dal nulla e finisce nel nulla . Non resta che rassegnarsi, fare โ come si dice โ di necessitร virtรน e amare anzi il proprio destino. Una versione moderna del โamor Fatiโ degli Stoici.
SantโAgostino aveva anticipato anche questa intuizione del pensiero moderno sulla morte, ma per trarne una conclusione totalmente diversa: non il nichilismo, ma fede nella vita eterna.
Quando nasce un uomo โ scriveva โ si fanno tante ipotesi: forse sarร bello, forse sarร brutto; forse sarร ricco, forse sarร povero; forse vivrร a lungo, forse noโฆ Ma di nessuno si dice: forse morirร o forse non morirร . Questa รจ lโunica cosa assolutamente certa della vita. Quando sappiamo che uno รจ malato di idropisia [allora era questa la malattia incurabile, oggi sono altre] diciamo: Poveretto, deve morire; รจ condannato, non cโรจ rimedioโ. Ma non dovremmo dire lo stesso di uno che nasce? โPoveretto, deve morire, non cโรจ rimedio, รจ condannato!โ. Che differenza fa se in un tempo un poโ piรน lungo, o un poโ piรน breve? La morte รจ la malattia mortale che si contrae nascendo .
Dante Alighieri ha condensato in un solo verso questa visione agostiniana; definisce la vita umana sulla terra โ un vivere chโรจ un correre alla morteโ .
A scuola da โsorella morteโ
Sullโonda dellโavanzare della tecnologia e delle conquiste della scienza, noi rischiavamo di essere come quellโuomo della parabola che dice a se stesso: โAnima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!โ (Lc 12, 19). La presente calamitร รจ venuta a ricordarci quanto poco dipende dallโuomo โprogettareโ e decidere il proprio futuro, fuori della fede.
La considerazione sapienziale della morte conserva, dopo Cristo, la stessa funzione che ha la legge dopo la venuta della grazia. Anchโessa serve a custodire lโamore e la grazia. La legge โ รจ scritto โ รจ stata data per i peccatori (cf. 1 Tm 1, 9) e noi siamo ancora peccatori, cioรจ soggetti alla seduzione del mondo e delle cose visibili, tentati sempre di โconformarci a questo mondoโ (cf. Rom 12, 2). Non cโรจ punto migliore in cui collocarsi per vedere il mondo, se stessi e tutti gli avvenimenti, nella loro veritร che quello della morte. Allora tutto prende il giusto posto.
Il mondo appare spesso un groviglio inestricabile di ingiustizie e disordine. Tutto sembra avvenire a caso e non esserci alcuna coerenza o alcun disegno. Una specie di dipinto senza forma, in cui tutti gli elementi e i colori sembrano posti a caso, come in certe pitture moderne. Spesso si vede lโiniquitร trionfare e lโinnocenza punita. Ma perchรฉ non si creda che al mondo cโรจ qualcosa di fisso e di costante, ecco โ notava Bossuet โ che talvolta si vede il contrario e cioรจ lโinnocenza sul trono e lโiniquitร sul patibolo!
Cโรจ un punto da cui osservare questo immenso quadro e decifrarne il significato. ร la โfineโ, cioรจ la morte, a cui segue immediatamente il giudizio di Dio (cf. Eb 9, 27). Visto da qui, tutto assume il suo giusto valore. La morte รจ la fine di tutte le differenze e le ingiustizie che esistono tra gli uomini. La morte, diceva il nostro attore comico Totรฒ, รจ una โlivellaโ, azzera tutti i privilegi. Quante guerre, quante crudeltร in meno si commetterebbero sulla terra se i violenti e gli oppressori dei popoli pensassero che anche loro presto dovranno morire!
Guardare la vita dal punto di osservazione della morte, dร un aiuto straordinario a vivere bene. Sei angustiato da problemi e difficoltร ? Pรฒrtati avanti, cรฒllocati al punto giusto: guarda queste cose dal letto di morte. Come vorresti allora avere agito? Quale importanza daresti a queste cose? Hai un contrasto con qualcuno? Guarda la cosa dal letto di morte. Cosa vorresti aver fatto allora: aver vinto, o esserti umiliato? Aver prevalso, o aver perdonato?
Il pensiero della morte ci impedisce di attaccarci alle cose, di fissare quaggiรน la dimora del cuore, dimenticando che โnon abbiamo quaggiรน dimora stabileโ (Eb 13, 14). Lโuomo, dice un salmo, โquando muore con sรฉ non porta nulla, nรฉ scende con lui la sua gloriaโ (Sal 49, 18). Nellโantichitร , si usava seppellire i re con i loro gioielli. Questo incoraggiava, naturalmente, la pratica di violare le tombe per asportarne i tesori. Sono state ritrovate tombe del genere, in cui, per tenere lontani i profanatori, veniva posta sopra il sarcofago una scritta: โQui ci sono solo ioโ. Come era vera quella scritta, anche se la tomba nascondeva, di fatto, gioielli! โLโuomo, quando muore, con sรฉ non porta nullaโ.
โVegliate!โ
Sorella morte รจ davvero una buona sorella maggiore e una buona pedagoga. Ci insegna tante cose, se soltanto la sappiamo ascoltare con docilitร . La Chiesa non ha paura di mandarci a scuola da lei. Nella liturgia del mercoledรฌ delle ceneri, cโรจ una antifona dai toni forti, che suona ancora piรน forte nel testo originale latino. Dice: โEmendiamo in meglio ciรฒ che abbiamo commesso di male per ignoranza. Non avvenga che raggiunti improvvisamente dallโora della morte, cerchiamo uno spazio per fare penitenza e non lo troviamo piรนโ . Un giorno, unโora sola, una buona confessione: come ci apparirebbero diverse queste cose in quel momento! Come le preferiremmo a scettri e regni, a lunga vita, a ricchezza e a salute!
Ho in mente un altro ambito in cui abbiamo urgente bisogno di sorella morte per maestra, oltre il campo ascetico: lโevangelizzazione. Il pensiero della morte รจ quasi lโunica arma che ci รจ rimasta per scuotere dal torpore una societร opulenta, a cui รจ successo quello che successe al popolo eletto liberato dallโEgitto: โHa mangiato e si รจ saziatoโฆ e ha respinto il Dio che lo aveva fattoโ (Dt 32, 15).
In un momento delicato della storia del popolo eletto, Dio disse al profeta Isaia: โGrida!โ. Il profeta rispose: โChe dovrรฒ gridare?โ e Dio: Che โogni uomo รจ come lโerba e tutta la sua gloria รจ come il fieno del campo. Secca lโerba, il fiore appassisce, quando il soffio del Signore spira su di essiโ (Is 40, 6-7). Credo che Dio dร oggi questo stesso ordine ai suoi profeti e lo fa perchรฉ ama i suoi figli e non vuole che โcome pecore siano avviati agli inferi e che sia loro pastore la morteโ (cf. Sal 49, 15).
Lโinterrogativo circa il senso della vita e della morte svolse un compito notevole nella prima evangelizzazione dellโEuropa e non รจ escluso che possa svolgerne uno analogo nello sforzo attuale per una sua ri-evangelizzazione. Se cโรจ una cosa infatti che non รจ cambiata in nulla da allora ad oggi รจ proprio questa: che gli uomini devono morire. Il Venerabile Beda narra come il cristianesimo fece il suo ingresso nellโInghilterra del nord, vincendo le resistenze del paganesimo. Il re convocรฒ la grande assemblea del suo regno per decidere la questione se fare entrare o meno i missionari cristiani. Cโerano pareri contrastanti, quando si alzรฒ uno dei dignitari e fece, in sostanza, questo discorso: La vita dellโuomo sulla terra, o re, si puรฒ descrivere cosรฌ. Immagina che sia inverno. Tu siedi a cena con i tuoi duchi e i tuoi aiutanti. Al centro della stanza arde un fuoco che riscalda lโambiente, mentre fuori infuria la bufera invernale con pioggia e neve. Un passerotto giunge dโimprovviso al tuo palazzo; entra da unโapertura e velocissimo esce dalla parte opposta. Finchรฉ รจ dentro, รจ al riparo dal freddo dellโinverno, ma dopo un attimo eccolo ripiombare nel buio da cui รจ venuto e sparire dalla vista. Cosรฌ รจ la nostra vita! Ignoriamo che cosa la precede e che cosa seguirร โฆ Se questa nuova dottrina รจ in grado di dirci qualcosa di piรน certo su di essa, credo che dobbiamo ascoltarla.
Fu lโinterrogativo posto dalla morte che aprรฌ la strada al Vangelo, come una breccia sempre aperta nel cuore dellโuomo. Il rifiuto della morte, non lโistinto sessuale, sta alla base di tutto lโagire umano, ha scritto un noto psicologo contro Freud .
Laudato siโ Signore, per sorella morte corporaleโ
In questo modo non ripristiniamo la paura della morte. Gesรบ, dice la Lettera agli Ebrei, รจ venuto a โliberare quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitรน per tutta la vitaโ (Ebr 2, 15). ร venuto a liberarci dalla paura della morte, non ad accrescerla. Bisogna perรฒ avere conosciuto questa paura per esserne liberati. Gesรบ รจ venuto a insegnare la paura della morte eterna a quelli che non conoscevano che la paura della morte temporale.
La morte eterna! โMorte secondaโ, la chiama lโApocalisse (Ap 20, 6). Essa รจ lโunica che merita davvero il nome di morte, perchรฉ non รจ un passaggio, una Pasqua, ma un terribile capolinea. ร per salvare gli uomini da questa sciagura che dobbiamo tornare a predicare ai cristiani sulla morte. Nessuno piรน di Francesco dโAssisi ha conosciuto il volto nuovo, pasquale, della morte cristiana. La sua morte fu davvero un passaggio pasquale, un โtransitusโ, come viene celebrato nella liturgia francescana. Quando si sentรฌ vicino alla fine, il Poverello esclamรฒ: โBen venga, mia sorella morte!โ Eppure nel suo Cantico delle creature, accanto a parole dolcissime sulla morte, egli ne ha alcune tra le piรน terribili:
โLaudato sii, mio Signore, per sora nostra morte corporale,
dalla quale nessun uomo vivente puรฒ scappare:
guai a quelli che morranno nei peccati mortali;
beati quelli che troverร nelle tue santissime volontร ,
chรฉ la morte seconda non farร loro alcun maleโ.
Guai a quelli che morranno nei peccati mortali! โIl pungiglione della morte รจ il peccatoโ, dice lโApostolo (1 Cor 15, 56). Ciรฒ che dร alla morte il suo piรน temibile potere di angosciare lโuomo credente e di fargli paura รจ il peccato. Se uno vive in peccato mortale, per lui la morte ha ancora il pungiglione e il veleno, come prima di Cristo. Ferisce, uccide e manda alla Geenna. Non temete โ direbbe Gesรน โ la morte che uccide il corpo e dopo non puรฒ fare piรน nulla. Temete quella morte che, dopo avere ucciso il corpo, ha il potere di gettare nella Geenna (cf Lc 12, 4-5). Togli il peccato e hai tolto anche tu alla morte il suo pungiglione!
Istituendo lโEucaristia, Gesรน anticipรฒ la propria morte. Noi possiamo fare lo stesso. Anzi Gesรน ha inventato questo mezzo per farci partecipi della sua morte, per unirci a sรฉ. Partecipare allโEucaristia รจ il modo piรน vero, piรน giusto e piรน efficace di โapparecchiarciโ alla morte. In essa celebriamo anche la nostra morte e la offriamo, giorno per giorno, al Padre. NellโEucaristia noi possiamo far salire al Padre il nostro โamen, sรฌโ, a ciรฒ che ci aspetta, al genere di morte che egli vorrร permettere per noi. In essa noi โfacciamo testamentoโ: decidiamo a chi lasciare la vita, per chi morire.
Siamo nati, รจ vero, per poter morire; la morte non รจ solo la fine ma anche il fine della vita. Questo, perรฒ, lungi dallโapparire una condanna, come diceva il filosofo ricordato sopra, appare invece un privilegio. โCristo โ dice san Gregorio di Nissa โ รจ nato per poter morireโ , cioรจ per poter dare la vita in riscatto per tutti. Anche noi abbiamo ricevuto in dono la vita per avere qualcosa di unico, di prezioso, di degno di Dio, da potere, a nostra volta, offrire a lui in dono e in sacrificio. Quale uso piรน bello si puรฒ pensare della vita, che farne dono, per amore, al Creatore che per amore ce lโha donata? Noi possiamo fare nostre le parole pronunciate dal sacerdote allโoffertorio della Messa, sul pane e sul vino e dire: โDalla tua bontร abbiamo ricevuto questa nostra vita; la presentiamo a te perchรฉ diventi un sacrificio vivente, santo, a te graditoโ (cf Rm 12, 1).
Con tutto ciรฒ non abbiamo tolto al pensiero della morte il suo pungiglione โ la sua capacitร di angosciarci che anche Gesรบ ha voluto sperimentare nel Getsemani. Siamo perรฒ almeno piรน preparati ad accogliere il consolante messaggio che ci viene dalla fede e che la liturgia proclama nel prefazio della Messa dei defunti: โAi tuoi fedeli, o Signore, la vita non รจ tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata unโabitazione eterna nel cieloโ.
Di questa abitazione eterna nei cieli parleremo, a Dio piacendo, nella prossima meditazione.
1.Omelie sul Vangelo, XVII.
2.Apoftegmi del ms. Coislin 126, n. 58.
3.Cf. M. Heidegger, Essere e Tempo, ยง 51, Longanesi, Milano 1976, p. 308 s),
4.Ib. II, c. 2, ยง 58, p. 346.
5.Cf. S. Agostino, Sermo Guelf. 12, 3 (Miscellanea Agostiniana, I, p. 482 s).
6.Purgatorio, XXXIII, 54
7.Emendemus in melius quae ignoranter peccavimus; ne subito praeoccupati die mortis, quaeramus spatium poenitentiae, et invenire non possimus.
8.Beda il Venerabile, Storia ecclesiastica, II,13.
9.Cf. E. Becker, Il rifiuto della morte, Paoline, Roma 1982.
10.Celano, Vita seconda 163, 217 (Fonti Francescane, 808-809).
11.S. Gregorio Di Nissa, Or. cat., 32 (PG 45, 80).